Copertina 6

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2005
Durata:45 min.
Etichetta:Nocturnal Art
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MELTDOWN
  2. LAUGHING AS THEY DIE
  3. FEAST OF FOOLS
  4. REBIRTH
  5. SHALLOW
  6. DISGRACE
  7. I AM
  8. LITTLE MAN
  9. TRANSFORMATIONS
  10. WALING DEAD
  11. HYPOCRITE
  12. AFTERMATH

Line up

  • Brooks Rose: vocals
  • John Paul Soars: guitars, vocals
  • Jason Morgan: guitars, programming

Voto medio utenti

Secondo disco per gli statunitensi Wynjara, band nella quale milita J.P. Soars, ex membro dei Malevolent Creation e ora nei Divine Empire. A dispetto delle credenziali che vorrebbero un death metal truculento e feroce, ci troviamo di fronte ad un platter in realtà molto vario, dove la violenza e la brutalità sono solo alcune delle componenti di pezzi come “Little Man” o “Hypocrite”, e si amalgamano, molto bene a dir la verità, con partiture più heavy e thrash-oriented.
La peculiarità principale della proposta dei Wynjara non è la velocità ma il groove, le parti lente e cadenzate la fanno quasi da padrone e donano spessore al disco. Notevoli sono anche le parti più atmosferiche dove la band tira fuori insospettabili qualità, le quali trovano la loro maggior espressione in una serie di strumentali veramente molto belle (non tutte), e parlo, oltre all’intro “Meltdown”, di “Rebirth”, “I Am”, “Transformations” che fa tutt’uno con “Walking Dead” e la conclusiva “Aftermath”.
Ovviamente sei songs strumentali su dodici sono un bel problema per chi vuole intensità e omogeneità da un disco, ed invero non si spiega tutto quest’amore per l’espressione meramente esecutiva della musica, soprattutto quando alcuni di questi pezzi sanno tanto di filler.
Una delle cause potrebbe essere la mancanza di un batterista, ed infatti la band si affida una drum machine molto ben programmata e che non dà al suono dei Wynjara quel fastidioso effetto “finto” e “artificiale”, anzi il sound è molto caldo. In ciò stupisce vedere dei metallers duri e puri che si affidano a quel tipo di tecnologia, ma questo va tutto a loro favore.
“Human Plague” è un disco che vive di alti e bassi, non è spiacevole, anzi, ma sicuramente gli manca qualcosa, in primis la band deve portare la propria musica ad un livello di intensità molto più elevato, abbisognano di un batterista vero ma debbono cercare di non perdere le cose buone, quali la varietà e l’approccio groovy alle composizioni. Non è facile, ma di sicuro le qualità ci sono.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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