Copertina 6

Info

Anno di uscita:2004
Durata:61 min.
Etichetta:MTM
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. A LEGEND NEVER DIES
  2. 2+2
  3. I DON’T FEEL THE SAME
  4. RENDEVOUZ
  5. ENVY
  6. YOU
  7. FIRESTARTER
  8. DON’T MAKE IT HARD
  9. VIDEO GAMES
  10. I’M A WRECK
  11. ON AGAIN, OFF AGAIN (UNRELEASED BONUS TRACK)
  12. OH, OH PAMELA (UNRELEASED BONUS TRACK)
  13. DEEPER THAN LOVE(UNRELEASED BONUS TRACK)
  14. HANDS (UNRELEASED BONUS TRACK)
  15. EVERY HEART YOU BREAK (UNRELEASED BONUS TRACK)

Line up

  • Robert White Johnson: vocals
  • Mark Gendel: guitar
  • Jimmy Lee Sloas: bass, keyboards
  • Tommy Wells: drums

Voto medio utenti

Nati artisticamente nel 1979 gli RPM vengono corteggiati da prestigiose case discografiche e alla fine decidono di pubblicare il loro album di debutto per la EMI. Nonostante il primo singolo “A Legend Never Dies” entri nelle charts degli stati uniti il rapporto con la EMI finisce ed il secondo album “Phonogenic” esce nell’84 per la Warner Brothers Music ma cade nel dimenticatoio non reggendo il confronto con artisti come Van Halen, Rod Stewart e Prince, anch’essi sotto contratto con la stessa casa discografica.
Oggi il loro primo Lp viene ristampato dalla MTM con l’aggiunta di ben 5 bonus.
Il primo pezzo “A Legend Never Dies” riporta piacevolmente indietro di trent’anni e non stupisce che la sua bella melodia abbia conquistato le classifiche statunitensi di allora. Dopo la veloce e graffiante “2+2” è il momento della soffice ballad “I Don’t Feel The Same”; sono le chitarre e un imponente basso a spiccare in “Envy”, mentre “You” merita il titolo di brano con il chorus più accattivante dell’album, a parimerito con la seconda ballad “Don’t Make It Hard”.
Grande caduta di stile con “Video Games” in cui il tentativo di produrre una canzone in stile hard rock ma non troppo fallisce miseramente dando vita a un caotico insieme di note privo d’attrattiva.
Le cinque bonus tracks stonano perché, come spesso succede in questi casi, hanno un registro diverso, più moderno e ricco di tastiere rispetto al resto, e sono comunque qualitativamente inferiori rispetto ai primi dieci brani.
Si tratta comunque di un album uscito nei primi anni 80 e dovrebbe essere ascoltato entrando in questo tipo di ottica, purtroppo però il suono risulta datato persino in questa moderna ristampa mentre avrebbe forse potuto essere migliorato. È anche vero che gli RPM, pur essendo una band di AOR classico, mancano della sontuosità, delle geniali linee melodiche e del song-writing di alta qualità di band coetanee quali Survivor, Journey o Reo Speedwagon, e in questo potrebbe risiedere una delle cause del loro mancato successo. Si tratta comunque di un album piacevole che vale la pena di ascoltare per calarsi nell’atmosfera degli anni passati, per poi magari passare ad altro.
Recensione a cura di Elena Mascaro

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