La sua improvvisa conversione religiosa (motivata, si saprà più tardi, ad una malattia diagnosticata alla figlia e superata grazie alla totale devozione di Neal e sua moglie a Dio) lo ha allontanato dalle "barbe" che avevano una strada "innevata" verso un più grande successo e dalle rotte" transatlantiche", ma proprio quando sembrava che il new-prog avesse perso irrimediabilmente uno dei suoi talenti più versatili ed attivi a livello musicale e compositivo (l'altro è il "prezzemolino" europeo Roine Stolt), ecco nel 2003 il "botto" con "Testimony", dove, a fronte di testi che riflettevano in maniera concisa e diretta la sua raggiunta fede cristiana, Morse riusciva a non tradire i suoi trascorsi musicali, trascinando a se la maggior parte dei fans degli Spock's Beard.
"One" è un altro concept "religioso", questa volta meno diretto, spirituale e non frutto di esperienze personali, ma molto più "progressive" (5 brani superano i 9 minuti): musicalmente Morse è ancora una volta abile a combinare sapientemente prog europeo e americano, prog-metal (Portnoy, suo grande amico, tra i primi a tributare il giusto merito sin dagli esordi con i Beard, qui così come in "Testimony" oltre che suonare la batteria collabora anche agli arrangiamenti), pop alla Beatles e tanta melodia. Perciò largo ai lunghi intro strumentali (quello di "The creation" sa molto di "At the end of the day" di "V", per non parlare poi dei primi 4 minuti di "Author of confusion", dove trovano spazio anche riferimenti a "Fortune in lies" dei Dream Theater, agli ELP ed agli Spock's di "Snow"), ai perfetti cambi di tempo, agli immancabili cori a più voci"a cappella" in stile "Thoughts" (omaggio esplicito di Morse ai grandiosi e mai troppo lodati Gentle Giant, omaggiati spesso anche dagli Echolyn), alle immancabili melodie ariose e corali (valga per tutte la straordinaria "I'm in the cage" contenuta in "The separated man", un brano che è un po' il sunto delle esperienze passate con Beard e Transatlantic), alle chitarre spagnoleggianti già presenti in "The light" (qui nella parte centrale di "Help me"), agli interventi di sax, trombe e fiati (citando i primissimi Chicago) che già avevano a rricchito quel capolavoro di "Snow" ("Reunion"). Tre i brani "brevi", canzoni melodiche cantate con la stessa grande intensità che già aveva contraddistinto i due lavori più "semplici" di Morse usciti durante il periodo "Spocks". Da segnalare l'incedere imperioso, corale ed orchestrale in "Cradle to the grave" e "Father of forgiveness", forse il testo religiosamente più esplicito, anche qui grandi arrangiamenti orchestrali ed atmosfere celestiali e positiviste, con grande finale corale e strumentale.
Fin qui il cd "ufficiale", per chi non si accontenta ecco la special version con cd bonus che contiene 4 brani inediti molto belli, in stile pop melodico (ma "King jesus" è molto in stile vecchi Magnum), in più una versione acustica di "Cradle to the grave" e 3 cover, tra cui "Where the streets have no name" (U2) e "I'm free/sparks" (Who), e devo dire che Morse regge più che bene il confronto con Bono (musicalmente poi ha dalla sua il drumming di Portnoy).
Che ve lo dico a fare, acquisto a scatola chiusa ed ennesima grande uscita in campo prog nel 2004 assieme ad Ayreon, IQ, Sylvan e pochi altri.
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