Copertina 8

Info

Anno di uscita:2004
Durata:36 min.
Etichetta:Deathwish
Distribuzione:Andromeda

Tracklist

  1. GOD AND GOLD
  2. V IS FOR VULTURE
  3. CALL ME ARMAGEDDON
  4. FKNTHNDR
  5. FKNLTNN
  6. HIGH WINDS & HEAVY SEAS
  7. MOTHERFUCKER JOHN WAYNE
  8. THE GIRL WHO STOLE THE EIFFEL TOWER
  9. EAST (THERE IS SUCH A LOT OF WORLD TO SEE)
  10. YEAR OF THE FEAR

Line up

  • Ezra Morris: vocals
  • Kenn TwoFour: guitars
  • Blair Gainous: bass
  • Brian Lunsford: drums

Voto medio utenti

Ammetto senza timore la mia ignoranza riguardo questa formazione statunitense, eccezion fatta per l'etichetta, la Deathwish, già etichetta dei ben più noti Converge, grazie la quale è possibile in parte inquadrare il sound assolutamente eclettico e anarchico di questa formazione. Call Me Armageddon è un disco che mi ha colpito immediatamente per la sua carica abrasiva e distruttiva, per il suo incedere caotico e allo stesso tempo ipnotico, vorticoso e annichilente. Il lato estremo è quello che per primo emerge ad un ascolto superficiale di un disco e una band che di superficiale ha ben poco, sono quindi necessari numerosi e continui ascolti per lasciarsi travolgere e avvolgere dall'onda sonora sprigionata dai The Power And The Glory, monicker forse fuorviante per una formazione assolutamente non catalogabile. Attirati dalla forza e dalla violenza si scoprono man mano ulteriori aspetti della band, da quello melodico a quello psicotico, da quello intimista a quello ambient, tutti quanti convogliati assieme in un'unica miscela esplosiva di fronte alla quale si trova un certo imbarazzo nonché difficoltà descrittiva. Essendo quello il compito di una recensione proverò a spingermi oltre, partendo col fatto che è possibile tracciare un sottile percorso evolutivo all'interno del disco stesso, il quale parte con le sfuriate più dirette, a cavallo tra crust, metal e hardcore, per poi aprirsi maggiormente verso il finale, con tinte quasi epiche e grandiose, atmosferiche e più melodiche, senza però mai perdere il timbro indefinibile, quel senso di angoscia e smarrimento, quella violenza apparentemente insensata vicina alla scena post-core, di band appunto quali Converge o Keelhaul, ma con quel maggior trasporto ed emotività dei maestri Neurosis. I TPATG riuniscono un po' tutto questo, sena disdegnare una forte influenza heavy, specie nella prima parte del disco, che personalmente mi ha ricordato l'estro e la stravaganza di Celtic Frost e Coroner, band seminali anche per quello che oggi piace tanto etichettare come post-tutto. Ma come già detto, è compito arduo cercare di spingersi oltre nel definire una formazione del genere, il cui sound varia da istante a istante, lasciando spesso spiazzati, smarriti nelle sovrapposte pieghe che ogni composizione prende in maniera del tutto inaspettata, senza per questo risultare sconclusionata o azzardata (come è facile accada in questo ambito musicale). L'unica cosa che mi resta da aggiungere è che questo disco rappresenta sicuramente quanto di più valido abbia ascoltato recentemente nel settore, una graditissima sorpresa che spero possa entusiasmare molti altri interessati ascoltatori.
Recensione a cura di Marco 'Mark' Negonda

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