Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2013
Durata:32 min.
Etichetta:Self-released

Tracklist

  1. EMPYREAN (INSTRUMENTAL INTRO)
  2. THE SENTIENT OPPRESSED
  3. ALL - SEEING EYE
  4. POLARITY
  5. NO CATHARSIS
  6. COVENANT OF THE FORSWORN
  7. ALEA IACTA EST (INSTRUMENTAL)
  8. OF STRIFE OF DISCORD

Line up

  • Rats: guitar
  • Andrew Kealy: guitar
  • Dave Fay: drums
  • Neil Coburn: bass
  • Kev O’Connor: vocals

Voto medio utenti

Arrivano dalla verde Irlanda i Dichotomy, cinque ragazzi autori di un gran bell'album di debutto autoprodotto che ha molti elementi per farsi apprezzare.

Appena il disco parte, già dalla intro arpeggiata, rimango stupito di non sentire il benché minimo accenno folk, fatto strano data la loro provenienza. I primi nomi che saltano in mente quando si inizia a fare sul serio sono quelli degli Obscura e dei mitici Necrophagist ma il disco non è impostato secondo quello stile, poco più avanti possiamo infatti scorgere altre influenze "più semplici" come quelle di Lamb of God o At the Gates.

In sintesi i Dichotomy suonano un death metal melodico e tecnico ma non all'inverosimile, più che buttarsi in assoli esasperati o strutture celebrali diciamo che riescono a mediare bene scorribande sul manico con sezioni ritmiche di grande rilievo, senza perdere di vista la fruibilità.

Certo le chitarre pennellano begli assoli e inserti pregevoli ma non sono "senza cuore" si sente addirittura del feeling, e in certe occasioni sono udibili echi dei Death (con le dovute proporzioni, gli dei sono inarrivabili per dei poveri umani). I riff poi non sono per forza cervellotici ma anzi vengono ripetuti parecchie volte, sincopati o con ottime armonizzazioni. Non ci sono velocità proibitive o melodie scontate, diciamo che è tutto preso in buone proporzioni.
Sotto le chitarre c'è una batteria molto varia che spinge sempre e butta un sacco di energia dentro a questo disco e a volte sembra la vera protagonista a discapito delle chitarre. La voce infine fa il suo dovere, ricorda un po' quella di Randy Blythe anche se a volte risulta leggermente piatta o non particolarmente profonda.

Poco più di mezz'ora è la durata giusta per un disco come questo, con pezzi ben costruiti e ben suonati, buon songwriting e una produzione adatta al genere che valorizza gli strumenti senza essere plasticosa.
Possiamo dire che Paradigms è un lavoro interessante, fresco, moderno che non faticherà a trovare estimatori sia tra gli amanti del thrash che tra i deathster meno tradizionalisti. Osservati speciali.



Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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