Occorre armarsi di pazienza per ascoltare il debutto degli
Adoran, giacchè si tratta di album con sole due tracce: ventotto e trentadue minuti.
Il progetto nasce dalla collaborazione di due sperimentatori che gravitano nell’ambiente drone/sludge: Aidan Baker (Nadja, Whisper Room, Candal, ecc.) e Dorian Williamson (Northumbria, Holoscene), gente abituata a produrre musica certamente particolare. In questo caso si tratta di un drone atmosferico, che nasce da linee minimali per poi crescere ritmicamente con esasperante lentezza. Tipo Om o Buried at Sea, ma più diluiti ancora.
La parte maggiore del suono viene prodotta dal drumming circolare di Baker, su cui si espandono distorsioni noise dal timbro ipnotico. Il problema è che nello sviluppo dei brani succede veramente poco. C’è una crescita di potenza, ma la trama resta praticamente fissa ed ossessivamente ripetitiva. Certo è qualcosa di alternativo, ma l’effetto va probabilmente ampliato con l’uso di additivi psicotropi, altrimenti il rischio di annoiarsi è alto.
Disco che può interessare solo fans di extreme-bands quali Bong, Braveyoung e The Body.
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