Vermin - Plunge into Oblivion (reissue)

Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2013
Durata:36 min.
Etichetta:Punishment 18 Records

Tracklist

  1. WHEN HELL BECOMES REALITY
  2. SLAVE
  3. SCREW
  4. THE SILENCE
  5. LIFE - SEE MY SORROW
  6. ENEMY
  7. ETERNAL LOVE
  8. DENIALS
  9. HYPOCHRIST
  10. PLUNGE INTO OBLIVION
  11. HOW MANY MILLION
  12. BITTER HATE
  13. SAN QUENTIN

Line up

  • Mathias: Drums
  • David: Bass, Backing Vocals
  • Jimmy: Vocals, Guitars
  • Moses: Guitar

Voto medio utenti

E' stata una bellissima quanto gradita sorpresa scoprire che i Vermin che mi ero auto-assegnato per la recensione non erano quelli olandesi, piuttosto mediocri a dire il vero, bensì quelli svedesi oramai sciolti da anni: una volta appurato il titolo del disco non ho potuto che gioire dato che questa favolosa ristampa ad opera della Punishment 18 Records è quella del loro primo lavoro, "Plunge into Oblivion", uscito originariamente nel 1994, ben prima che la band impazzisse e seguisse quel maledetto filone del death 'n' roll che detestavo allora a 20 anni e detesto tuttora a quasi 40.

Senza parlare quindi di quei due aborti di "Millenium Ride" e "Filthy Fuckin Vermin", che pure uscirono per un'etichetta al tempo fantastica come la No Fashion, è un piacere addentrarsi nuovamente a distanza di tutti questi anni nel riffing nervoso e malato di "Plunge into Oblivion", un disco non propriamente di death metal svedese al 100%, tanto per capirci a-là Dismember ed Entombed dei primi dischi, ma piuttosto nella sua derivazione thrash di quegli anni, tanto che per fare un paragone citerei i Desultory di "Into Eternity", che era uscito appena l'anno precedente, e "Bitterness", precisamente coevo.

Non siamo ai quei livelli di eccellenza, ma sebbene ci sia qualche episodio più banale e grezzo (i Vermin non possedevano il senso della melodia dei loro conterranei) "Plunge into Oblivion" fu un lavoro davvero ben riuscito, penalizzato solamente da una produzione troppo confusionaria e come detto da qualche passaggio a vuoto, ampiamente controbilanciato da ottimi spunti, assoli di scuola classica maideniana, e tanta tanta grinta.

Purtroppo Jimmy e soci, attratti dalle sirene del più commerciale death 'n' roll che al tempo fece strage grazie/a causa del bellissimo/maledetto "Wolverine Blues", chiusero immediatamente dopo questo primo album le porte al death metal e si auto condannarono a morte.

E' un gran bene che un disco così prezioso sia stato riportato alla luce dalla Punishment 18: il voto di 7 su 10 è relativo alla valutazione di quegli anni, se OGGI uscisse un disco così minimo sarei partito da 9, se non di più.

Insomma, il death metal degli anni '90 oggi non lo rifanno nemmeno se si mettono a pregare in aramaico. Da avere a tutti i costi se siete aficionados di questo genere e di quegli anni.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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