Copertina 7

Info

Demo
Anno di uscita:2012
Durata:non disponibile

Tracklist

  1. THEME 1 - NO LONGER A CHILD
  2. THEME 2 - TO MY FADED INNOCENCE
  3. THEME 3 - IN THE SHADOW, IN THE SAND, YOU CAN SEE THE MAN
  4. THEME 4 - BECOME A MAN, BECOMING DEATH
  5. THEME 5 - HERE SHE COMES, PURE AND SIMPLE

Line up

  • Simone Paoloni: vocals
  • Fabio Tomasino: guitar
  • Edy Di Leonardo: guitar
  • Giulio Cervi: drums
  • Denis Baselli: guest on bass

Voto medio utenti

Per comodità “giornalistica” potremo chiamarlo prog-metal e indicare i Pain of Salvation come un plausibile riferimento cardinale, ma quello che propongono i rEarth non è certo da considerare né l’ennesima sterile riproposizione di stilemi ampiamente consolidati e né una forma di plagiaria ammirazione operata nei confronti di celebri protagonisti del settore.
Pur senza apparire straordinariamente “rivoluzionaria” (una definizione che, tra l’altro, implica spesso pure una certa scarsa “comprensibilità” …) l’autoproduzione dei ragazzi di Udine offre una gamma piuttosto ampia di suggestioni musicali (thrash, rock, funky, prog, gothic …) e le intride di un approccio espressivo drammatico e teatrale, in cui si erge assoluta dominatrice la voce di Simone Paoloni, dal timbro denso, istrionico e vibrante (che non disdegna nemmeno vaghi accenni a Stratos, Eric Clayton dei Saviour Machine, se non addirittura a Mark Hollis dei Talk Talk!), perfetto per interpretare adeguatamente i cinque temi (legati da un unico filo conduttore, con l’intento di esaltare vicendevolmente testo e musica e conferire alle composizioni un senso di “storia” alla stregua del poema sinfonico del romanticismo …) dell’albo, così intensi e comunicativi da esternare istantaneamente tutto il loro lucido, nobile, catartico e tragico temperamento musicale.
Venti minuti di notevole impatto emotivo, dunque, che sarebbe deleterio, proprio per la loro natura, scindere ed isolare attraverso una descrizione “disgiunta” e che rappresentano invece un coinvolgente “flusso di coscienza” o se preferite una fervida colonna sonora per una manifestazione di profondo travaglio interiore, tra sospensioni sognanti, schizofrenie melodiche, passionalità intimistiche e squarci di collera liberatoria.
“Pure and simple” ostenta a sprazzi anche qualche irrisoria ingenuità tecnico-compositiva, e tuttavia ritengo che chiedere di più ad una band al suo esordio dimostrativo sarebbe quantomeno pretenzioso, mentre non ci resta che plaudere alla sagace personalità dei nostri attendendoli al “varco” di una prova sulla lunga distanza con la vivida attenzione che si deve ad una potenziale importante realtà della convulsa scena progressiva internazionale.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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