Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2004
Durata:33 min.
Etichetta:Metal Age Productions

Tracklist

  1. DEAD ILLUSIONS
  2. I LAY MY FEET ON THE GRASS
  3. INFORMATION COLLAPSE
  4. INAPPLICABLE MATERIAL
  5. AMUSING ADVISOR FOR UNEXPERIENCED EXPLORERS
  6. DEATH KNOWS NO SUNDAYS
  7. I HAVE 7 FLOWERS
  8. S.O.S.
  9. COMPONENT WHICH DOESN'T FIT TO ANY MACHINE
  10. SIT DOWN, PLEASE
  11. FOLLOWING THE PATH OF WISE
  12. I ASK MYSELF WHY I AM HERE
  13. ENDLESS
  14. DO YOU LIKE TO DIE?
  15. LAPAC SMRTI
  16. OHI OHI ACH KA KA

Line up

  • Cervo: vocals
  • Horar: vocals, bass
  • Viktor: guitars
  • Pato: guitars
  • Rasty: drums

Voto medio utenti

Sulla scena da circa 15 anni eppure non avevo mai sentito parlare di loro. Gli slovacchi Protest sono qui al terzo disco, ma a quanto ho capito i precedenti due dischi erano alquanto diversi dalla proposta in esame. Mettendo da parte il passato, oggigiorno i Protest ci danno una lezione di cosa significhi suonare brutali e veloci, con un grindcore old school sì, ma mai in debito di tecnica e di brutalità, e dopato con massicce dosi di death metal. Chiariamo subito le cose, a dispetto del titolo "Have A Rest, Please", qui non avrete un attimo di pace ma solo mazzate, mazzate terribili, mazzate di fuoco! Un platter intenso, sfibrante, annichilente, con brani che quasi mai superano i due minuti, ma preferiscono brevi viaggi fatti alla velocità della luce. Eppure nel sound dei Protest la componente thrashy è ben in vista e si sente, ma gli slovacchi sanno bene come dosarla con le parti più brutali e veloci, creando un'alchimia devastante in quanto a varietà della proposta che, pur andando sempre a mille, non stanca mai. Le songs si succedono senza soluzione di continuità, pochi fronzoli e tanta sostanza, fatta anche di una cover dei Napalm Death e della conclusiva track, la quale altro non è che un pezzo folk, presumibilmente della loro terra natia, con tanto di tribalismi e musica simil-tzigana. Un disco che, in definitiva, non dice nulla di sostanzialmente nuovo ma che, almeno, lascia senza fiato e fa male.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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