Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2003
Durata:36 min.
Etichetta:Napalm
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. INTRO: INFLAMATE CHRISTIANOS
  2. THE GOATCHRIST
  3. DIABOLI BIRTUS IN LUMBAR EST
  4. DEMONIC STACCATO ERECTION
  5. PARADISE REGAINED
  6. FUKK THE BLOOD OF CHRIST
  7. LUCIFER INCESTUS
  8. THE SIN-HELLFUCKED
  9. FLEISHREQUIEM 69 / OUTRO

Line up

  • Helmuth: vocals, guitars
  • Sigurd: guitars
  • Barth: bass
  • Torturer: drums

Voto medio utenti

Da questi satanisti austriaci, dopo il pessimo precedente di "Necrodaemon Terrorsathan", mi aspettavo veramente poco... eppure "Lucifer Incestus", pur non brillando, si è rivelata una sorpresa tutt'altro che sgradita. Trovo azzeccatissima la scelta di uscire nel periodo natalizio con un album a base di croci rovesciate (ehm); tuttavia il primo contatto con l'album è stato tutto fuorchè rassicurante. Logo amatoriale, brutta copertina, pessimo artwork, titoli delle canzoni inutili, nomi d'arte ridicoli... insomma, i Belphegor devono assolutamente migliorare dal punto di vista della presentazione dei loro lavori o sarà difficile emergere, nonostante la qualità della musica sia più che buona. Il vero problema, tutto sommato poco penalizzante, di "Lucifer Incestus" è la sensazione di cambio forzato che si respira tra una traccia e l'altra. Per intenderci, non che i Belphegor alternino black metal e musica country, ma il continuo passaggio tra black e death crea attimi di disorientamento. Solo l'opener riesce a mixare tra loro queste due anime in modo convincente, spaziando con abilità tra i Morbid Angel e i Dissection. Già dalla successiva "Diaboli Birtus In Lumbar Est" il black metal sembra prendere il sopravvento, con alcuni riff al limite del thrash che ricordano i Cradle Of Filth (e in questo pezzo anche la voce di Helmuth assomiglia parecchio a quello del primo Dani). In realtà le maggiori influenze degli austriaci provengono dagli attacchi brutali fatti di blast-beat e schegge di chitarra velocissime dei "maestri svedesi" Marduk e Dark Funeral. "Demonic Staccato Erection", intro sadomaso a parte, ricorda invece i Nile grazie anche ad alcune melodie mediorientaleggianti. L'alternanza continua anche nelle successive tracce, che continuano a camminare in bilico sulla lama orientandosi una volta da una parte e una volta dall'altra, fino ad arrivare alla conclusiva "Fleishrequiem" che rappresenta l'anima più melodica e intimista dei Belphegor. Una lunga marcia, lenta e cadenzata, viene sovente interrotta da esplosioni di brutalità accompagnate da cori riusciti in maniera abbastanza convincente. Che dire in conclusione? Sicuramente un album che tappa abbastanza bene i buchi delle uscite di questi ultimi mesi in attesa dei veri capolavori, ma vi consiglio di guardare anche in casa nostra dove il filone "swedish" ha generato album che non sfigurano assolutamente (soprattutto davanti ai Belphegor), come ad esempio l'ultima fatica degli Handful Of Hate.
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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