Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:51 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. SOMEBODY TOLD YOU
  2. INTUITION
  3. MONTH OF SUNDAYS
  4. LONELY NIGHTS
  5. SHAME
  6. NORTHER LIGHTS
  7. DOWN TO THE RIVER TO PRAY
  8. SATELLITE
  9. 10K LOVERS
  10. UNINVITED
  11. READY TO FLY
  12. WHEN I'M AWAY
  13. SONG FOR DIANNE
  14. ANYWHERE BUT HERE

Line up

  • Tony Harnell: lead vocals
  • Jason Hagen: acoustic guitar, ukulele
  • Chris Foley: electric guitar
  • Brandon Wilde: bass, vocals
  • Brad Gunyon: drums, percussion
  • Amy Anderson-Harnell: vocals, descant recorder
  • Sandi Saraya: vocals (Special guest on “Shame”)

Voto medio utenti

Tony Harnell è un Signor cantante. Su questo spero non ci siano dubbi di sorta. Il suo spettro vocale cristallino e potente, ma anche pregno di pathos e sensibilità, può essere definito con un solo aggettivo: eccezionale. La sua necessità di non ripetere all’infinito formule standardizzate, affidandosi a soluzioni anche piuttosto “azzardate”, poi, lo ratifica come un vero artista che non ama le ghettizzazioni ed è attento pure alle evoluzioni della musica rock. La sua storia con i TNT (piccoli passi falsi compresi) è una tangibile dimostrazione di tale approccio artistico e, in qualche modo, anche “Round Trip” può essere inserito in questa sorta d’irrequietezza che caratterizza il favoloso singer americano.
Si potrà obiettare che quello degli album acustici è tutt’altro che una novità (lo stesso Harnell aveva già affrontato la materia con i Morning Wood), ma proprio come afferma Tony nel flier di presentazione del disco, l’intento del Cd appare abbastanza svincolato da quel cliché, offrendo all’ascoltatore versioni abbastanza inconsuete (benché non snaturate) di brani di TNT, Westworld e Starbreaker, suonate e interpretate con l’ausilio dei The Mercury Train, musicisti piuttosto lontani dalla comunità hard-rock e quindi in grado di guardare con prospettiva “incorrotta” quei brani per molti così familiari.
Il clima di divertimento, senza troppe paranoie ed eccessivi rigori, annunciato dal nostro nel succitato volantino avrà, inoltre, sicuramente fatto il resto, all’interno di un disco che è, sia chiaro, ben lontano dall’eccellenza tout court e tuttavia piace proprio perché non si accontenta di staccare la spina degli strumenti elettrici e cerca una nuova, talvolta anche discretamente “rischiosa”, dimensione per delle canzoni spesso già pressoché perfette nella loro trascrizione originale.
Il fatto di “cercarla” non vuol dire necessariamente, come accennato, essere capaci di “trovarla” in modo efficiente e stabile ed ecco, infatti, che non sempre l’operazione va a buon fine, casi in cui, però, l’effetto sfavorevole risulta attenuato da una laringe obiettivamente mirabile.
Tra i momenti maggiormente felici segnalo le pulsazioni di “Somebody told you” e “Lonely Nights”, l’emozionante adattamento acustico di “Intuition” e "Norther lights” (quando una canzone è di grande caratura, è difficile fallire!) e l’autentica malia celtica che aleggia su "Song for Dianne”, mentre "Satellite” appare poco più di un piacevole divertissement e “10K Lovers” conquista la palma di rielaborazione più temeraria, diventando un gradevole (e un po’ disorientante, bisogna ammetterlo!) momento di voluttà soul e R&B.
“Uninvited”, brano di Alanis Morisette già proposto con i Westworld sfoggia discrete dosi di forza e intensità e pure “Ready to fly” può essere annoverata tra le situazioni vantaggiose del disco.
Discorso a parte meritano “Anywhere but here” una sorta di brit-pop vagamente psichedelico che si segnala solo per essere inedito, la bella “Shame”, che invece merita attenzione per la presenza di Sandi Saraya e per il suo carattere malinconico dai bagliori proto-grunge e la breve apparizione di “Down to the river to pray”, uno spiritual (che qualcuno ricorderà nella variante di Alison Krauss, presente anche nella colonna sonora di “Fratello, dove sei?” diretto dai Coen Bros.) cantato dalla consorte del nostro, Amy Anderson-Harnell, la quale impreziosisce con la sua incantevole voce anche parecchie altre tracce dell’albo.
“Round Trip” è un buon diversivo, e per apprezzarlo sono necessari voglia di rilassatezza, di eleganza e appena un pizzico di spirito “d’avventura”, nell’attesa di un Harnell “elettrico” che possa “indirettamente” far dimenticare completamente la pessima pantomima inscenata dall’ultima incarnazione dei TNT.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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