Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2009
Durata:56 min.
Etichetta:Aftermath Music

Tracklist

  1. TIMELINE SYMMETRY
  2. RAVEN HUMANKIND
  3. THE AVERAGE MAN'S ODISSEY
  4. MARS LULLABY
  5. BY THE CLIFF
  6. THIS ONCE LONG ROAD
  7. ALTER
  8. ZOOM TO THE VOID
  9. EPHLOGO

Line up

  • Claudio Carrasco: vocals
  • Igor Leiva: guitars
  • Luis Moya: drums
  • Juan Pablo Vallejos: bass

Voto medio utenti

Che di norma i gruppi sudamericani siano piuttosto incazzati (vedi Sepultura, Sarcòfago, Pentagram o Anal Vomit) è un dato di fatto conclamato. Scoprire quindi che questi cileni Poema Arcanus, attivi fin dal lontano 1992 e fautori di altri tre album prima di questo "Timeline Symmetry", si dedicano anima e corpo al doom metal mi ha francamente lasciato un po' basito.
Una volta premuto il tasto play, il doom/death permea l'aria: i tempi sono ovviamente lenti, pur concedendosi qualche strappo con esplosioni di chitarra, ed è subito chiara la volontà del gruppo di ricercare una certa stratificazione dei propri pezzi, in modo tale da renderli il più eterogenei possibile. Il cantante Claudio si divide tra voce pulita e sofferta (non proprio il massimo, il singer non sembra mai a proprio agio in questa situazione e spesso rischia di rendere fastidiosi i pezzi) e growl, profondo e gutturale quanto basta per questo tipo di proposta. I brani tuttavia hanno il grosso difetto e la marcata tendenza ad essere eccessivamente dispersivi, perdendosi nella ricerca di una forma il più complessa e variegata possibile che alla della fiera non fa che privare l'ascoltatore di un punto di riferimento fisso. La magia e l'intensità di un arpeggio si perde magari in uno stacco che suona forzato, o viene rovinato dallo starnazzare di Carrasco, ed a risentirne è ovviamente l'ascolto del disco che diventa molto difficile da portare a termine.
I punti su cui lavorare sono molti, ma quelli che necessitano un trattamento urgente sono certamente la voce ed anche il songwriting, troppo "autocelebrativo" e piuttosto sterile. Praticamente tutto quello che il doom non dovrebbe essere.
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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