Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2009
Durata:36 min.
Etichetta:Wynona
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. SOME LIKE IT COLD
  2. EVER THE SAME, AND ALWAYS WILL BE
  3. CALL ME SICK BOY
  4. AN ENDLESS SERENADE
  5. UNDER THIS RED SKY
  6. GOOD MOURNING, HONEY
  7. CONSIDER ME ALIVE
  8. STUCK INSIDE
  9. JOHNNY'S LIGHT SUCKS
  10. SIX YEARS HOME

Line up

  • Daniele: vocals
  • Becko: bass, vocals
  • Marco: guitars
  • Ivan: drums
  • Jacopo: guitars

Voto medio utenti

Si presenta con una grafica ed un look da major questo "Six Years Home", prima fatica full length dei romani Hopes Die Last pubblicata dalla Wynona Records, dopo il primo EP "Your Face Down Now" edito dalla Still Life all'inizio dello scorso anno.

La proposta musicale, per quanto affinata e maturata, non è cambiata e prosegue sulle coordinate del debutto, rappresentate da un pop hardcore piuttosto gradevole anche se ancora un po' con risultati alterni e sbilanciati tra i brani più riusciti ed altri meno convincenti; la struttura dei brani è spesso a fotocopia, come d'altronde fanno i gruppi di riferimento del genere, ma la scintilla di genialità mancante fa sì che talvolta venga voglia di premere il tasto skip del nostro lettore.
Ovviamente c'è anche tanto di buono, quelle qualità che ti fanno premere il tasto repeat ;)
E' il caso dell'opening "Some Like It Cold", uno dei brani migliori del lotto basato sull'accoppiata sempre vincente strofa cattiva / ritornello easy listening (o, senza che nessuno si senta offeso, decisamente pop), o della seguente e più cupa "Ever the Same and Always Will Be", anche se a sorprendere nettamente in positivo è la strumentale "An Endless Serenade", una variazione in territori electrodark davvero affascinante e riuscita (chi riesce a sentirci i Dredg di "Bug Eyes"?), su cui magari gli Hopes Die Last potrebbero rivolgere in futuro le loro attenzioni, mentre la coinvolgente "Stuck Inside My Head" rientra in territori più canonici per la band; stentano al contrario le più hardcore "Good Morning Honey" e soprattutto "Call Me Sick Boy" che, pur essendo uno dei loro cavalli di battaglia e già precedentemente apparsa sul primo EP "Your Face Down Now", non convince appieno.

In definitiva un buon debutto, composto talvolta da ottime illuminazioni, anche se ancora non scevro da alcune ingenuità e cali di tensione. Le basi ci sono, la maturità definitiva potrebbe arrivare presto.

Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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