L'assenza di Martin Orford, almeno per adesso, non pesa più di molto nella nona release dei "fab five" del new prog: tutte le sue parti di piano e tastiere sono state risuonate splendidamente da Mark Westworth (una nobile militanza nei marillioniani Grey Lady Down poi nei Darwin's Radio), per il quale Orford ha avuto parole di elogio, un po’ meno per i suoi ex compagni, accusati di non averlo neanche citato nei credits pur avendo contribuito sia a livello compositivo che in fase di produzione ad un disco che accontenta in pieno tutti i fans della band. La produzione è come sempre curatissima, le molte parti strumentali sono perfettamente inserite nel contesto dei brani, l'uso di tastiere vintage è massiccio e si alterna splendidamente a quelle più moderne del new prog, la voce di Nicholls migliora con il passare degli anni così come il drumming preciso e incisivo di Edwards (uscito temporaneamente dalla band per motivi personali e prontamente sostituito dal rientrante Paul Cook), eppure anche dopo ripetuti ascolti rimane l'impressione che la band non abbia voluto spingersi oltre certi limiti tentando qualcosa di più originale, continuando così a riciclare vecchie idee lasciando in tutti i brani un senso di già visto e sentito.
Un lungo intro in stile orientaleggiante e Kashmiriano scalda l'atmosfera della title track (già data in assaggio nei live set degli ultimi anni) alternando sontuose parti di tastiere, slanci puliti della chitarra di Holmes e un drumming poderoso a cui fa seguito una parte più calma condotta dal piano e dalla voce malinconica di Nicholls, un'atmosfera destinata ad innalzarsi lasciando il posto ad un pregevole assolo di Holmes supportato dal basso, quindi strati di tastiere che si fanno strada tra le parti di chitarra ritagliandosi anche spazi personali, un brano nel più classico stile
IQ destinato a diventare un must nei prossimi live anche perchè permette a Nicholls di esibirsi con timbriche vocali diverse.
Divisa in due parti ben distinte, "Life support" inizia come una piano ballad dolce e malinconica che ricorda anche troppo "Fading senses" (da "Ever") e "Guiding light" ("Seventh House") ed è seguita da una lunga parte strumentale con richiami anche troppo evidenti a "Futher away" in cui si alternano i lancinanti solos di Holmes alle tastiere new prog di Westworth con Jowitt a fare da splendido riempitivo e Edwards sempre presentissimo con la batteria.
Con "Stronger than friction" riaffiora nella band quella vena pop-orecchiabile che caratterizzò il periodo tra "Nomzamo" e "Are you sitting confortably?" e dopo un momento di calma condotto ancora da piano, voce e strati di tastiere si passa ad atmosfere più prog dal ritmo sostenuto e voci che si alternano a destra e sinistra, il lungo finale strumentale vede ancora Holmes protagonista assoluto e viene chiuso da un breve inserto di piano che si attacca senza sosta a "One fatal Mistake", ballad malinconica per piano, voce e chitarra acustica, poco riuscita e alquanto scontata (molti i punti di contatto con la più riuscita "Speak my name" da "Subterranea"). A far risalire le quotazioni del disco ci pensa "Ryker skies" forse il brano in cui gli IQ tentano davvero qualcosa di nuovo riagganciandosi a certe cose di "Subterranea" ("Capricorn"), riprendendo atmosfere orientaleggianti combinandole a sonorità più moderne (Porcupine Tree su tutti), qui le tastiere giocano un ruolo importantissimo e dominano le parti strumentali alternandosi tra il suono più vintage e le parti di synth accompagnando il cantato etereo, oscuro e sinuoso di un insolito Nicholls.
Con i suoi 13 minuti, "The province" rappresenta la perla di "Frequency", qui è racchiuso il prog allo stato puro che parte con relativa calma per scatenarsi brutalmente portandoci felicemente ai Genesis di "The return of giant hogweed", le tastiere profumano di sonorità alla Tony Banks e la chitarra di Steve Hackett, le impennate ritmiche sono furiose, il drumming incessante non lascia respiro se non per i brevi ritorni alla calma presente a inizio brano, ancora le parti di tastiera omaggiano il prog anni 70 (i Genesis di "Supper's ready"), il piano ci riporta alle magiche inquietanti atmosfere degli IQ ai loro esordi ("Tales from the lush attic") e il cantato filtrato di Nicholls nel finale cede il posto ad un lungo guitar solo di Holmes smorzato da una breve coda per voce e piano, un altro must da eseguire live da qui all'eternità.
Impossibile non pensare alla prima parte di "Closer" come ad una copia quasi uguale di "One fatal mistake", la struttura è praticamente la stessa ma quella di "Closer" è resa più movimentata dalla presenza del drumming e viene animata in seconda battuta da una chitarra spagnoleggiante ed un piano in stile Bruce Hornsby, fortunatamente dopo 3 minuti il brano si anima spinto da tastiere massicce e un drumming più incisivo raggiungendo un picco maestoso e solenne
anche grazie al cantato squillante e soave di Nicholls, peccato che poi si ritorni alla calma atmosfera iniziale con pianoforte e chitarra.
A cinque anni da "Dark matter" era logico aspettarsi qualcosa di più da una band che ha scritto la storia del new prog e che ora dovrà andare avanti facendo a meno di un genio compositivo come Orford, tuttavia "Frequency" riesce comunque a regalarci un'ora di sano incontaminato prog e racchiude già solo in "The province" un motivo più che valido per l'acquisto così come il doppio tour cd in vendita nello shop online con versioni demo, live e l'inedito "Already gone" che avrebbe fatto un figurone al posto di "One fatal mistake", mentre la limited edition di "Frequency" include un dvd live registrato a Zoetermeer.