Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2009
Durata:46 min.
Etichetta:My Graveyard Productions
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. STILL ALIVE
  2. LIKE A SNAKE
  3. RUN FAST
  4. STRONGH ENOUGH
  5. UNBREAKABLE CHAINS
  6. THE MARCH
  7. WILD BEASTS
  8. BLINDFOLD EYES
  9. DAY AFTER DAY
  10. NEC PLUS ULTRA
  11. DISTANT VOICES

Line up

  • Alessio Taiti: vocals
  • Leonardo Taiti: guitar
  • Angelo Bonechi: guitar
  • Massimiliano Dionigi: bass
  • Emanuele Coli: drums

Voto medio utenti

Ed eccomi ancora una volta alle prese con un disco dei Frozen Tears e con la forte tentazione di descriverne il contenuto attraverso il classico immaginario “heavy metal”, fatto di borchie, cuoio, motori, allegorie belliche e mitologiche.
Ma forse sarebbe fin troppo “comodo”, infantile e “riduttivo” per una band che ha ormai raggiunto standard compositivi ed esecutivi di vasta persuasione ed efficacia, anche se all’interno di codici stilistici “inventati” da qualcun altro ormai parecchio tempo fa.
Ecco perché, questa volta scelgo di commentare il loro operato mutuando il pensiero del filosofo, storico ed economista inglese Arnold A. Toynbee, il quale sosteneva l’importanza di un’analisi intrinseca del passato allo scopo di acquisire una maggiore penetrazione nell’osservazione del presente.
Potremmo, dunque, considerare i nostri come appassionati seguaci di tale impostazione filosofica, giacché non c’è alcun dubbio che la “gloriosa tradizione” di settore l’hanno approfondita e studiata a fondo, impossessandosene a tal punto da fornire una prestazione talmente naturale da apparire credibile, autentica e (perché no?), pure al passo con i convulsi tempi attuali, aggiungendo la necessaria vitalità alle strutture basilari e sfoggiando i requisiti per conquistare sia gli aficionados “storici”, sia i sostenitori più “recenti” di un genere che, mai del tutto “sconfitto”, ultimamente sembra destinato a riguadagnare importanti spazi di mercato.
Sono ancora una volta la vocazione, la caparbietà e la convinzione, gli elementi distintivi dei fiorentini, i quali, rispetto alla discografia precedente, pur confermando ispirazione, intensità e nerbo, imprimono ulteriore mordente e potere espressivo alle loro composizioni, un risultato da ascrivere quasi certamente all’acquisizione di una compiuta maturità (siamo arrivati al quinto album!) complessiva più che alle variazioni occorse nel personale esecutivo, per le quali, in ogni caso, è doveroso spendere un necessario plauso, vista la facilità con cui si sono inserite nel tessuto connettivo di un organismo molto ben rodato e coeso.
“Slaves” è la “solita” imponente sinergia tra acciai britannici, statunitensi e germanici, a formare una lega indistruttibile (e con le similitudini “siderurgiche” abbiamo completato il quadro … sorry, è più forte di me!) fatta di Judas Priest, Iron Maiden, Malice, Savatage, Metal Church e Accept, coagulati con il temperamento di chi possiede mezzi e passione, ma non è interessato ad una semplice parodia di quel songbook così amato e consolidato.
Attacchi sonici affilati e titanici, valanghe ritmiche e voci imperiose e rapaci, che all’occorrenza smorzano anche i rispettivi toni, creando quel clima di dramma e tensione che alimenta oltremodo la combustione emotiva, non sono mai apparsi più equilibrati e consistenti di oggi, ratificando per i Frozen Tears un presente e un (verosimile) futuro da volontari “schiavi” di un’attitudine, che, però, emancipata dalla forza delle idee, li rende “liberi” di produrre una musica di grande elevazione artistica, la quale dovrebbe essere protetta, proprio come si fa con certi alimenti (del resto anche qui, possiamo dire, in qualche modo, di ritrovare valori energetici, capacità di “riattivazione” dei tessuti e attività catalitica volta ad agevolare alcune delle reazioni chimiche tipiche del nostro organismo …), con uno speciale contrassegno che ne certifichi i gradi di qualità e rinomanza di livello superiore nonché il rispetto di uno specifico “disciplinare”.
Ebbene, se esistesse, “Slaves” dei Frozen Tears meriterebbe davvero il prestigioso marchio di Heavy Metal a Denominazione d’Origine Controllata.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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