“
L’orologio, il dio sinistro, spaventoso e impassibile, ci minaccia col dito e dice: ricordati!”*
Io c’ero.
Ancora non mi pare vero, ma io c’ero.
E nel mio umilissimo piccolo, allora,
Back to the Beginning anche per me: prendo penna e calamaio e torno al Glorioso ovile per regalarvi, per quanto possibile, un piccolo scorcio su quello che è stato
sabato 5 luglio 2025 a Birmingham.
Le stelle si erano allineate da mesi, cioè da quando, mentre tutti gli altri schermi ci piazzavano a distanza siderale dai biglietti, inspiegabilmente uno dei computer collegati al sito di Ticketmaster ha proiettato me e il mio fido compagno di viaggio in duecentesima posizione nella fila di attesa. Effettivamente, la sensazione di essere tra i pochi eletti su milioni di persone non è stata affatto male.
Archiviata da tempo la prima emozione, le settimane che hanno preceduto l’evento sono state frenetiche, con i continui cambiamenti nel bill, le speculazioni sui pezzi che avrebbe cantato Ozzy e la pioggia social di leggende metropolitane sui possibili ospiti a sorpresa. A un certo punto, francamente, ho smesso di leggere, lasciando al fato e all’effetto sorpresa il giusto posto.
Arrivato a Birmingham alla vigilia, nel caos dello sciopero dei controllori di volo francesi che ha sballato i piani di viaggio di mezza Europa, mi sono subito ritrovato immerso in un’atmosfera mai sperimentata prima, con l’intera città invasa da fan provenienti da tutto il mondo e da attrazioni a tema Sabbath, come in un gigantesco luna park heavy metal. In aeroporto, sui mezzi pubblici, per strada, sempre lo stesso copione: incrocio di sguardi e un reciproco sorriso, come a dire “
Siamo davvero qui, ce l’abbiamo fatta”.
Passata una notte ad omaggiare la birra, che rimane l’alimento base di ogni concerto che si rispetti, il sabato mattina è iniziato ancora più carico di eccitazione e aspettative. Raggiungere lo stadio dal centro non è stato facilissimo, anche se effettivamente di fronte alla quantità di gente da muovere e far entrare nello stadio, probabilmente sarebbe stato complicato fare meglio di così.
Pur non essendo ancora totalmente pieno, entrare al Villa Park è stato davvero emozionante: la storia sportiva di quelle mura unita all’abbraccio collettivo dei metal fan, qualcosa che è difficile spiegare a parole ma che sono sicuro molti di voi potranno capire totalmente.
La location è organizzata piuttosto bene, a parte un paio di scelte quantomeno curiose sulla gestione delle retrovie del pit, soprattutto il quadratone centrale lasciato vuoto. In ogni caso, tutto è veramente di facile accesso senza code e senza stress, permettendo a tutti i partecipanti di godersi ogni attimo dell’evento senza perdere nulla.
Con una puntualità svizzera (cosa che contraddistinguerà tutto l’evento), alle 13 si sono aperte le danze, con i
Mastodon e due hit del proprio repertorio, come "
Black Tongue" e "
Blood and Thunder", seguite da una "
Supernaut" con il prezioso contributo di
Mario Duplantier,
Danny Carey ed
Eloy Casagrande.
Fin dalle prime battute, il copione è stato chiaro: micro set per ogni band con una o più cover dei Sabbath o di Ozzy. Un copione che regalerà per tutto il giorno perle più o meno rare.
Ad ogni cambio palco, qualche sorpresa: dai messaggi registrati per Ozzy & co (come ad esempio quelli di
Elton John,
Judas Priest e
Ac/Dc, ma anche di
Ricky Gervais) alle scene di film famosi reinterpretate da Ozzy (
Il Mago di Oz,
Il Sesto Senso ed altri), fino ai siparietti di un
Jason Momoa felice come un bambino in mezzo alle caramelle nelle vesti di presentatore.
I
Rival Sons hanno dimostrato ancora una volta una capacità fuori dal comune di aggredire il palco, con una performance impreziosita da una splendida versione di "
Electric Funeral", mentre poco dopo sono stati gli
Anthrax ad inaugurare la vera serie di mostri sacri metal sul palco. Purtroppo, devo dire che nonostante un
Joey Belladonna in forma smagliante, il contributo degli Anthrax è risultato un po’ povero di emozioni, con soli due pezzi e nessun sussulto particolare.
L’esercito di roadie che lavorava alacremente intorno al palco rotante ha garantito un’efficacia degna di un team di Formula 1, continuando a gestire i cambi di set con una precisione cronometrica e sonora mai vista prima.
Senza infamia e senza lode la prestazione dei giovanotti di belle speranze
Halestorm, che hanno ancora un po’ di pastasciutta da dover mangiare per diventare grandi. Bisogno alimentare evidente soprattutto quando si sono trovati alle prese con "
Perry Mason", alla quale non hanno a mio parere reso la dovuta giustizia.
Poco male, siamo ancora alle prime battute e subito dopo ci hanno pensato i
Lamb of God a spianare le orecchie di tutti quanti con violenza chirurgica ed una "
Children of the Grave" da ricordare.
L’attesa per gli annunciati “
supergruppi” è finita poco dopo: spazio alla prima jam con
Lzzy Hale, Jake E. Lee, Nuno Bettencourt, David Ellefson, Mike Bordin e Adam Wakeman che si sono prodigati in una buona "
The Ultimate Sin", dove finalmente la simpatica singer è sembrata più a proprio agio.
Rapido avvicendamento per l’ingresso dietro il microfono di
David Draiman dei
Disturbed, che grazie ad un bel ciondolone con Stella di David in vista è stato coperto di fischi ed improperi da una parte del pubblico, in quello che rimane l’unico episodio poco british della giornata. Senza entrare in discussioni particolari, francamente la scelta di entrambe le parti in gioco di politicizzare il momento è stata totalmente fuori luogo, rovinando in parte un’ottima "
Shot in the Dark" e una bella "
Sweet Leaf".
Draiman ha lasciato palco e polemiche alla scanzonata attitudine di
Whitfield Crane degli
Ugly Kid Joe, che si è presentato sul palco con lo zainetto in spalla come a scuola, venendo poi raggiunto da
Frank Bello e dal drummer dei
Ghost per "
Believer".
Ma la prima, vera, sorpresa della giornata l’ha regalata
Yungblud, giovane ugula inglese lontana dal mondo metal, che ha sfoderato una prestazione da brividi su "
Changes", mentre lo stadio ha cantato finalmente a squarciagola, sullo sfondo di un
Nuno Bettencourt impegnato a celebrare il ricordo di
Diogo Jota, il calciatore portoghese recentemente scomparso. Come dicevo, quindi, a sorpresa il momento più intenso della prima parte di giornata ce lo ha regalato un giovincello alle prese con un palco importante e difficile, che è riuscito a calcare con autorevolezza e carisma.
Archiviato il primo supergruppo, aspettando gli
Alice in Chains come si aspetta Babbo Natale la notte del 24 dicembre, sugli schermi è comparso nientemeno che il faccione gentile di
Jack Black, che insieme a una band di ragazzini in stile
School of Rock (tra i quali spiccano il figlio di
Scott Ian, ma soprattutto il talentuoso figlio di
Tom Morello alla chitarra), ha scosso con una clamorosa "
Mr. Crowley" tutto il Villa Park.
La temperatura si è alzata a sufficienza per accogliere con un boato "
Man in the Box", perla del repertorio dei Chains, seguita da "
Would?" e da una "
Fairies Wear Boots" inizialmente interrotta da problemi di audio nelle spie, risolti in tempo record. Alice in Chains in ottima forma, che mi hanno lasciato un languorino giusto in tempo per ignorare i
Gojira, preferendogli un bel panino caldo e soddisfacente.
(NDA: Ai fan dei Gojira chiedo gentilmente di apprezzare la mancanza totale di giudizio da parte mia, così come io ho apprezzato il mio panino)
Una volta riempita la pancia, è stato subito il momento di godersi una tripletta di batteristi monumentali come
Travis Barker, Chad Smith e Danny Carey. I tre si sono alternati in brevi ma splendidi assoli sul riff di "
Symptom of the Universe" suonata da Tom Morello, Nuno Bettencourt e
Rudy Sarzo, per poi cimentarsi a turno nel successivo set del secondo supergruppo: quello che ha regalato emozioni vere e toste fin dalle prime note.
Billy Corgan, KK Downing e Adam Jones ci hanno deliziato con "
Breaking the Law" e "
Snowblind", prima che
Sammy Hagar e Adam Wakeman incalzassero con "
Flying High Again" e "
Rock Candy" dei
Montrose.
Il pubblico ha iniziato a divertirsi sul serio e, visibilmente, anche i musicisti, in un crescendo che ha visto
Papa V Perpetua proporre una fantastica "
Bark at the Moon" insieme a
Vernon Reid, dimostrandosi un frontman di grande livello.
A proposito di frontman e di grandi livelli, nemmeno il tempo di guardarsi in giro ed ecco che due arzilli vecchietti sono arrivati ad insegnare al mondo perché le loro carriere sono durate decine di anni:
Steven Tyler e nientemeno che
Ronnie Wood degli
Stones, che hanno mandato in ko tecnico l’intero pubblico con la storica cover di "
Train Kept A-Rollin’".
Tyler è apparso in grandissima forma dopo gli annunciati problemi di salute e ci ha regalato una "
Walk This Way" da antologia, prima di uno dei momenti più alti della giornata: "
Whole Lotta Love" insieme a Bettencourt, Morello, Watt, Rudy Sarzo e Chad Smith.
Finito il secondo supergruppo, ha iniziato a rifare capolino, dentro di me, esattamente la sensazione del giorno prima, quella che ti fa dire “io c’ero” e che ti fa pensare di essere di fronte a qualcosa di irripetibile e storico. Vedere quella gente sul palco tutta insieme divertirsi e divertire è stato magico, semplicemente perfetto, genuinamente rock and roll.
Quando è toccato ai
Pantera, i tempi erano ormai maturi per il putiferio totale: "
Cowboys From Hell" ma soprattutto con "
Walk" hanno fatto letteralmente tremare la struttura del Villa Park, con Jason Momoa che si è tuffato nel pit a pogare e cantare. Facile, direte voi, per uno di due metri e 150kg di muscoli. E se lo state dicendo avete ragione: chiunque altro sarebbe stato stritolato dalla calca, ma Jason rideva felice.
Esibizione buona quella dei Pantera, con un
Phil Anselmo visibilmente emozionato, ma forse intaccata da un suono di chitarra non proprio prepotente, che ha tolto un po’ di impatto soprattutto in apertura e chiusura di set.
I
Tool come di consueto sono stati delle macchine impressionanti, anche se rispetto ai Pantera e soprattutto ai successivi Slayer ovviamente sono risultati meno diretti. Il pubblico ha gradito parecchio, soprattutto "
Hand of Doom" e la successiva "
Aenema", che hanno suggellato uno dei passaggi più convincenti della giornata.
Dicevo, gli
Slayer. Non li incrociavo da un po’ e devo dire che mi hanno positivamente impressionato, grazie a un
Tom Araya in grande spolvero e ad una setlist che non ha fatto prigionieri. Una performance all’altezza del glorioso passato e dell’altrettanto nobile presente: una delle poche band rimaste che potrebbe scrivere trattati sull’arte di spaccare i culi dal vivo.
Vado veloce con le descrizioni, ma vi assicuro che ogni set è stato talmente fulmineo che le riflessioni su quanto appena sentito non facevano in tempo a maturare, subito investite da nuove note e nuove emozioni.
Infatti, mentre ancora mi beavo della violenza Slayer, ecco comparire i
Guns N’ Roses con una serie di cover Sabbath più o meno riuscite, ma sempre in grado di scaldare i cuori dei fan di lunga data. C’è da dire che Axl è sembrato inizialmente più in forma rispetto alle recenti date italiane, anche se poco dopo la fatica fatta su "
Welcome to the Jungle" e "
Paradise City" è stata evidente. Poco male, perché il Villa Park era lì apposta per cantare tutto. Tuttavia, a mio parere, forse è il caso che la band si fermi un attimo a riflettere sul fatto che tour infiniti con date di ore ed ore potrebbero non essere più fattibili.
In ogni caso, archiviati i Guns, è arrivato il tempo dei
Metallica, che non vedevo dal vivo dal 1999 e, come potete immaginare, attendevo con parecchia ansia. L’attesa era palpabile anche per il resto del pubblico che, nonostante la stanchezza accumulata dal mattino, era definitivamente pronto per liberare tutte le ultime energie.
Sarò sincero e molto chiaro: il set dei Metallica è stato devastante. Cover ottime ma soprattutto i quattro pezzi scelti ("
Creeping Death", "
For Whom The Bell Tolls", "
Master of Puppets" e "
Battery") hanno letteralmente tirato fuori le urla di ogni presente, con i four horsemen in visibilio e prodighi di ringraziamenti per i Sabbath e per l’influenza che hanno avuto su tutto il movimento metal.
Una prestazione da applaudire senza se e senza ma. Se sono tuttora tra i re incontrastati dei live, un motivo c’è e lo hanno fatto vedere a tutti quanti.
Finiti gli ospiti, il tempo era finalmente maturo per la risposta alla grande domanda:
come sta Ozzy? Cosa farà?Ancora una volta, sarò estremamente trasparente: non ho mai avuto alcun dubbio fin dal primo istante in cui ho avuto la certezza di possedere un biglietto.
Ozzy non si discute, si ama.
Qualsiasi fosse stata la sua condizione sarebbe valsa la pena di venire a dirgli addio, per lui e per gli altri Sabbath.
Le band sul palco lo hanno ripetuto allo sfinimento: grazie Black Sabbath, senza di voi non esisteremmo.
Ora, io non so se sia vero, probabilmente le varie evoluzioni del blues sarebbero comunque arrivate da queste parti prima o poi, ma la Storia è scritta e la Storia dice che i Black Sabbath hanno gettato le basi per la nascita e la crescita dell’heavy metal.
I dischi scritti, la vita vissuta, il seguito conquistato anno dopo anno, tour dopo tour, quando il mondo era talmente diverso da adesso che sembra di raccontare due pianeti distanti anni luce l’uno dall’altro: i Black Sabbath stanno al metal come Gesù al Cristianesimo, Maometto all’Islam e Buddha al buddismo.
E se dal punto di vista musicale sicuramente dobbiamo più a Iommi e Butler che a Ozzy, al frontman spetta di diritto il posto come rocker più carismatico, amato e folle della Storia, con distacco abissale rispetto a chiunque altro. Chiunque.
Detto ciò, perché era doveroso farlo, fu così che nel tardo pomeriggio del 5 luglio 2025, nonostante le tenebre non fossero ancora scese, Ozzy è stato issato sul suo ultimo palco, nella sua Birmingham, di fronte a quasi 50.000 persone presenti e milioni di altre collegate da tutto il mondo.
Affiancato dal prode angelo custode
Zakk Wylde, divorato dal Parkinson e dalla vita, ormai incapace di trascorrere più di qualche minuto in piedi, con uno sguardo e due parole ha trafitto i cuori di tutti quanti, prima di sparare una dopo l’altra, cantandole più che dignitosamente, "
I Don’t Know", "
Mr. Crowley", "
Suicide Solution", "
Mama I’m Coming Home" e "
Crazy Train".
Il set è stato clamoroso, ma c’è stato un passaggio che non dimenticherò mai e se avete visto i video che circolano potete capirmi benissimo: "Mama I’m Coming Home".
Ozzy visibilmente commosso, così come tutto (TUTTO, non alcuni, TUTTO) lo stadio, con almeno tre generazioni di metallari che mischiavano lacrime e canto.
Senza paura di esagerare, uno dei momenti più emozionanti che ho vissuto in 45 anni di vita. Se ci penso ancora adesso, a esattamente 48 ore di distanza, ho ancora i brividi e ogni volta che rivedo il video le lacrime fanno ancora capolino.
L’impatto emotivo è stato così devastante che è passata anche in secondo piano l’esibizione totale della band, magistralmente capitanata da Zakk: un aspetto che ho realizzato solo più tardi, talmente ero immerso negli occhi e nella voce di Ozzy. Magia totale, da lasciare senza fiato.
Cambio palco provvidenziale, necessario a riordinare idee, fazzoletti, emozioni e ugola, prima che le tenebre (questa volta sì) avvolgessero l’ultima performance dei
Black Sabbath in formazione originale: quattro uomini che hanno cambiato per sempre la musica, che ognuno di noi ama come fossero di famiglia.
Iommi snocciola i suoi riff con la consueta, pacata leadership, mentre
Geezer Butler dimostra ancora una volta quanta prepotente efficacia riesca a sprigionare con quelle quattro corde. Dietro le pelli, un sorprendente
Bill Ward non sbaglia un colpo, restando perfino a petto nudo dopo il primo pezzo, infondendo sicurezza e potenza all’intero set.
Nel frattempo, Ozzy è visibilmente ancora più emozionato di prima, con la voce che tiene per tutto il tempo egregiamente, sembra volersi alzare e più riprese, abbracciare il suo pubblico, mentre "
War Pigs", "
N.I.B." ed "
Iron Man" scuotono il Villa Park per l’ultima volta, massicce e granitiche come 50 anni fa.
Quando il boato che segue l’ultima nota di Iron Man si è sopito, Ozzy ha preso il microfono, ha guardato verso di noi, con uno sguardo che non dimenticherò mai, dicendo:
“
Sfortunatamente, siamo arrivati a quella che sarà per sempre l’ultima canzone.
Voglio solo dire grazie a tutti voi, a nome mio e dei ragazzi dei Black Sabbath.
Il vostro supporto durante tutti questi anni ci ha permesso di vivere la vita che abbiamo vissuto.
Grazie dal profondo del nostro cuore, vi amo, vi amiamo.
Questa canzone si chiama Paranoid….
Go fucking crazy for the last timeeeee”
E via, un soffio e tutto è finito, mentre i fuochi d’artificio del Villa Park facevano da contorno agli ultimi applausi (a proposito, i video che girano sull’uscita frettolosa e polemica dal palco sono fake, il saluto c’è stato, veloce perché la fine era tassativamente fissata per le 22.30, ma c’è stato). E stavolta, niente farewell tour, niente addio alle scene fatto trentasei volte,
il Game Over è reale e definitivo.
Io c’ero. Sono stato fortunato e ho voluto raccontarvelo.
Il mio pensiero, a mente fredda, torna ancora sugli occhi di Ozzy. La giornata è stata incredibile, a tratti storica, ma la serata è stata qualcosa che non riesco a scrivere come vorrei. In quegli occhi ci ho visto passare una vita intera di ricordi, di emozioni, di amore, di passione. Ozzy guardava noi e rivedeva sé stesso e quello che è stato. Ogni volta che provava a spingersi più sù, la malattia lo rimetteva su quella fottuta poltrona.
E lui lo accettava, ci guardava e sorrideva.
E cantava, ci incitava a dargli tutto quello che avevamo in corpo. E noi insieme a lui in una straordinaria comunione metal, per l’ultima volta, mentre di fianco a lui i suoi compagni di viaggio vivevano le stesse emozioni, ma solo un piccolo passo più indietro, forse ancora capaci di vedere un futuro ad attenderli, mentre per il Madman la luce sta inesorabilmente per spegnersi anche giù dal palco.
Io c’ero. E non lo dimenticherò mai.
Grazie di tutto Ozzy, Tony, Geezer e Bill.
Stay crazy, cari lettori di Metal.it, perché il tempo passa in fretta, troppo in fretta.
“
Ricordati che il tempo è giocatore avido: guadagna, senza barare, ad ogni colpo. È Legge”.*
*: Charles Baudelaire, L’OrologioBack To The Beginning setlistMastodon1. Black Tongue
2. Blood and Thunder
3. Supernaut (with Mario Duplantier, Danny Carey and Eloy Casagrande)Rival Sons4. Do Your Worst
5. Electric Funeral
6. SecretAnthrax7. Indians
8. Into the VoidHalestorm9. Love Bites (So Do I)
10. Rain Your Blood on Me
11. Perry MasonLamb of God12. Laid to Rest
13. Redneck
14. Children of the GraveSupergroup A15. The Ultimate Sin (with Lzzy Hale, Nuno Bettencourt, Jake E Lee, David Ellefson, Mike Bordin and Adam Wakeman)
16. Shot in the Dark (with David Draiman, Jake E Lee, David Ellefson, Mike Bordin and Adam Wakeman)
17. Sweet Leaf (with David Draiman, Nuno Bettencourt, Scott Ian, David Ellefson, Mike Bordin and Adam Wakeman)
18. Believer (with Whitfield Crane, Nuno Bettencourt, Scott Ian, Frank Bello, II [Sleep Token] and Adam Wakeman)
19. Changes (with Yungblud, Nuno Bettencourt, Frank Bello, II and Adam Wakeman)
20. Mr. Crowley (with Jack Black, plus Revel Ian, Roman Morello and other young musicians on screen)Alice In Chains21. Man in the Box
22. Would?
23. Fairies Wear BootsGojira24. Stranded
25. Silvera
26. Mea culpa (Ah! Ça ira!) (with Marina Viotti)
27. Under the SunDrum Off28. Symptom Of The Universe (with Chad Smith, Travis Barker and Danny Carey, plus Tom Morello, Nuno Bettencourt and Rudy Sarzo)Supergroup B29. Breaking the Law (with Billy Corgan, Tom Morello, K.K. Downing, Adam Jones, Rudy Sarzo and Danny Carey)
30. Snowblind (with Billy Corgan, Tom Morello, K.K. Downing, Adam Jones, Rudy Sarzo and Danny Carey)
31. Flying High Again (with Sammy Hagar, Nuno Bettencourt, Adam Wakeman, Rudy Sarzo, Chad Smith and Vernon Reid)
32. Rock Candy (with Sammy Hagar, Nuno Bettencourt, Adam Wakeman, Rudy Sarzo, Chad Smith and Tom Morello)
33. Bark at the Moon (with Papa V Perpetua, Vernon Reid, Nuno Bettencourt, Adam Wakeman, Rudy Sarzo and Travis Barker)
34. The Train Kept A-Rollin' (with Steven Tyler, Ron Wood, Nuno Bettencourt, Tom Morello, Andrew Watt, Rudy Sarzo and Travis Barker)
35. Walk This Way / Whole Lotta Love (with Steven Tyler, Nuno Bettencourt, Tom Morello, Andrew Watt, Rudy Sarzo and Chad Smith)Pantera36. Cowboys From Hell
37. Walk
38. Planet Caravan
39. Electric FuneralTool40. Forty Six & 2
41. Hand of Doom
42. ÆnemaSlayer43. Disciple
44. War Ensemble
45. Wicked World
46. South of Heaven
47. Raining Blood
48. Angel of DeathGuns N' Roses49. Never Say Die
50. Junior's Eyes
51. Sabbath Bloody Sabbath
52. Welcome to the Jungle
53. Paradise CityMetallica54. Hole in the Sky
55. Creeping Death
56. For Whom the Bell Tolls
57. Johnny Blade
58. Battery
59. Master of PuppetsOzzy Osbourne60. I Don't Know
61. Mr. Crowley
62. Suicide Solution
63. Mama, I'm Coming Home
64. Crazy TrainBlack Sabbath65. War Pigs
66. N.I.B.
67. Iron Man
68. Paranoid