Nonostante una giornata lavorativa infrasettimanale torrida ed afosa al limite del sopportabile di questo inizio estate, (in cui proprio oggi questo opprimente caldo ha raggiunto il suo apice), ciò non è stato sufficiente per scoraggiare lo zoccolo duro dei fans del metallo italiano, accorso in massa e da ogni latitudine e longitudine della penisola, invadendo e prendendo d’assalto letteralmente Ferrara; e con discreta presenza estera anche! D’altra parte, quando gli artisti in causa si chiamano Judas Priest, c'è ben poco da dire, se non che la storia del metallo, (a distanza di poco più di un anno dalla loro ultima esibizione al Forum di Assago), passa in data unica esclusiva italiana per il prestigioso
Ferrara Summer Festival, mettendo il punto esclamativo su una programmazione ricca e varia a livello musicale internazionale che si attesta a diventare uno dei più prestigiosi appuntamenti musicali estivi.
Devo dire che l’organizzazione dell’evento è stata abbastanza buona complessivamente, con orari rispettati e buona gestione agli ingressi, seppur un po’ confusionaria da parte degli addetti ai lavori che davano indicazioni molto vaghe. Luci e suoni ottimi (almeno davanti nel pit dove ero posizionato io), ma il vero punto sul quale dissento e mi sento invece di smuovere una critica, riguarda i prezzi all’interno dell’area concerti: 15€ un hamburger, 3€ una bottiglietta di acqua (senza la scelta, neppure con la frizzante) e 7€ di una birra annacquata, sono assolutamente esagerati!
Oltremodo, creando anche lunghe code e attese, e con pochi punti ristoro/beveraggio in relazione alla massa di gente; trovo comunque giusta la politica del vecchio Rock the Castle di Villafranca, dove l’acqua corrente pubblica veniva data gratuitamente.
Rispetto lo scorso anno a Milano, cambia un gruppo spalla dei Judas Priest, ovvero i Warlord al posto dei Saxon, mentre confermatissimo resta Phil Campbell coi i suoi The Bastards Sons!
Fa un caldo allucinante e il sole picchia ancora duro quando sul palco fanno la loro apparizione gli americani
Warlord, o più precisamente quello che ne rimane, dato che della formazione originale oggi troviamo solo uno dei due fondatori, ovvero il batterista
Mark Zonder. La storica epic metal band statunitense gioca facile e a colpo sicuro, con una scaletta incentrata sul primo storico EP “
Deliver Us” dell’83, dal quale proporrà ben sei pezzi sui nove complessivi.
Un'ottima prova complessiva di tutti i Warlord direi, apparsi sempre sul pezzo, in ottima forma e sfoggiando una prestazione nettamente superiore a quella vista al Metalitalia, anche se personalmente i loro pezzi non mi hanno mai coinvolto più di tanto rispetto a quelli dei loro colleghi più famosi del genere epic metal quali Virgin Steele, Omen, Manilla Road, ecc. “
Lucifer's Hammer”,“
Black Mass”, "
Mrs.Victoria” ( uscita come bonus track solo per il mercato giapponese), “
Penny For a Poor Man”, “
Deliver Us From Evl”, “
Child Of The Damned” sono stati i punti salienti del loro breve ma intenso show, apprezzato e applaudito, e raccogliendo di fatto molti meritati consensi ed approvazioni.
Quando appare improvvisamente e in bella vista un telone nero enorme dietro il palco del Summer Festival con la scritta bianca emblematica
Phil Campbell And The Bastards Sons, è abbastanza intuibile che da lì a poco l’ex chitarrista dei
Motorhead farà la sua apparizione sul palco, accompagnato dai suoi scagnozzi!
La temperatura a questo punto della giornata (sono circa le 19:30) inizia a farsi più mite e sopportabile e grazie anche ad un paio di birre fresche rigeneranti si inizia ad entrare nel mood e nel vivo della serata! Nonostante abbia perso letteralmente il conto di quante volte abbia visto esibirsi il buon Phil Campbell con questa sua nuova incarnazione (oltre alle tre coi leggendari Motorhead), è sempre un grande piacere e sinonimo di garanzia assoluta in sede live, grazie all’indiscutibile tecnica e carisma di cui è dotato…del resto, per esser stati scelti da sua maestà
Lemmy Kilmister (R.I.P.) a fare parte dei suoi Motorhead, ovvero una delle più grandi rock’n’roll band del pianeta di sempre, un motivo ci sarà pur stato…Ed infatti anche da solo sta dimostrando tutto il suo valore, con ben quattro dischi all’attivo (+2 EP) con questo progetto e uno inciso da solista, molto valido che porta semplicemente il suo nome, dove si avvale di molte collaborazioni esterne, tra le quali spicca appunto anche quella con Rob Halford dei Judas Priest; uno dei brani che sentiremo in scaletta è proprio il frutto della sua collaborazione con il Metal God, ed è sicuramente una delle più riuscite dell’ album, intitolata “
Straight Up”, ottima anche in sede live.
La miscela proposta dai Phil Campbell And The Bastard Sons, è abbastanza “ordinaria”, ma molto esplosiva e incendiaria …del fottuto R’N’R senza fronzoli, che ha la sola pretesa di fare divertire e scatenare i fans! “
We’re The Bastards” scalda gli animi già belli temperati, e li porta a giusta cottura quanto basta…ma il vero inferno in terra arriva con “
Going To Brazil” e soprattutto con “
Ace Of Spades”, pezzi storici e memorabili dei già sopracitati e mai dimenticati Motorhead, dove il vocalist
Joel Peters riesce a dare il meglio di se', cantandola con personalità, senza mai tentare di emulare o scimmiottare Mr. Kilmister, che anzi da lassù avrà aperto una bottiglia di birra in segno di approvazione a quanto portato avanti dal suo ex fido compagno di ventura.
Phil Campbell è una garanzia assoluta, e anche stavolta non ha deluso minimamente le attese, riuscendo a intrattenere, coinvolgere e scatenare tutti i presenti, dimostrandosi sempre più leader assoluto anche in questa nuova veste e pelle, nella quale ha saputo reinventarsi e calarsi perfettamente.
Il mio appunto semmai va a chi per il secondo anno consecutivo non ha cambiato formula nel medesimo evento …un po’ di fantasia in più non guasterebbe, con TUTTO il rispetto per il grande chitarrista inglese …Detto ciò, CHAPEAU e lunga vita a Phil Campbell!(ed ai suoi Bastard Sons)
Finalmente il sole cocente e la calura della giornata intercorsa iniziano a placarsi sensibilmente, dandoci una significativa tregua, aprendo di fatto il sipario alla luce notturna delle stelle, così che l’ora degli DEI si avvicini sempre di più…
Nell’ingannare l’attesa ci gustiamo il mastodontico allestimento del palco dei tecnici, con maxischermi e vessilli e simboli scenografici della band ovunque, dove al centro palco troneggia la tipica croce simbolo dei
Judas Priest.
Un intro, forse non troppo casuale di “
War Pigs” dei
Black Sabbath, (colleghi e concittadini inglesi di Birmingham), che proprio quest’anno si congederanno definitivamente dalle scene, introduce al meglio questa serata/lunga nottata di metallo incandescente made in England!
Termina la musica dei Sabbath e inizia a martellare forte quella dei Priest che partono con l’acceleratore a tavoletta; “
All Guns Blazing”, “
Hell Patrol” e “
You’ve Got Another Thing Comin’” è un trittico che toglie il respiro, accelera i battiti del cuore e resuscita i morti: un pogo micidiale e devastante si scatena sotto il palco, mentre sul maxischermo il gioco di immagini e luci di vari colori si fa sempre più intrigante e accattivante. Avevo letto lamentele di chi era venuto a sentire altri eventi circa i volumi e sui suoni…obiettivamente dalla mia postazione ho sentito benissimo, chiaro, pulito e preciso. Altrettanto perfetti i Priest: un metal god in grande spolvero, in ottima forma fisica e vocale, capace di sfoderare ancora una prestazione complessiva al limite della perfezione e assolutamente superiore a quella di Assago dello scorso anno; forse solo un po’ più statico sul palco, ma di contro più preciso e tonico nel cantato. Ora veniamo al punto critico (per molti, non per il sottoscritto) della coppia di chitarristi, ovvero
Richie Faulkner ed
Andy Sneap, che di fatto sostituisce oramai a tempo pieno
Glenn Tipton, a causa della malattia che inesorabilmente avanza e non lascia scampo a nessuno, purtroppo! Quindi oltre a
KK Downing fuori dai giochi oramai da tempo, di fatto anche Glenn Tipton non c’è più…
Confesso che qualche anno fa avrei pensato fosse impossibile sostituire la più grande accoppiata chitarristica della storia del metal, KK/Tipton, oggi la penso allo stesso modo, ma con una visione più ampia ed aperta, ritenendo Faulkner oggi non più un sostituto di nessuno ed Andy Sneap un chitarrista all’altezza della situazione, dimostrandosi entrambi molto tecnici, precisi, affiatati e coesi. I veterani
Ian Hill e
Scott Travis formano una sezione ritmica basso/batteria infallibile, incapaci di sbagliare una sola nota, una macchina da guerra di prima linea! “
Freewheel Burning” è un ripescaggio dal mio preferito “
Defenders Of The Faith” di quelli tosti, “
Breaking The Law” è quel classico che non può mai mancare in una scaletta dei Judas, ma le sorprese vere sono dietro l’angolo; dopo la mitica “
A Touch Of Evil”, ci sbattono in faccia “
Night Crawler”, “
One Short At Glory”, “
Between The Hammer And The Anvil” (tutte da "
Painkiller") e addirittura una commovente e struggente “
Solar Angel” da “
Point Of Entry” del lontanissimo ’81!
La scelta di aver puntato su una scaletta incentrata molto su “Painkiller”, è riconducibile sicuramente al fatto che quest’anno casca il 35esimo anniversario della pubblicazione del disco, dato alle stampe nel lontano ’90: poco male, perché è uno dei miei tre preferiti in assoluto dei Priest!
Ovviamente, e mi pare più che giusto, viene dato spazio anche all’ ultima uscita discografica del 2024, “
Invincible Shield”, un album eccezionale che ho amato sin dal primo ascolto e che ritengo il migliore inciso da Rob & Co. negli ultimi anni dieci anni.
“
Gates Of Hell“, “
The Serpent And The King” e la splendida “
Giants In The Sky” sono state le prescelte; particolarmente toccante durante l’esecuzione di “Giants In The Sky”, con la proiezione sul maxischermo dei grandi del metal e affini, volati in cielo: si riconoscevano tra questi chiaramente figure emblematiche come quelle di
Lemmy Kilmister, Ronnie James Dio, Freddy Mercury, Paul Di’Anno, ecc…, perché a loro è dedicato il brano, ai “Grandi In Cielo”(letteralmente tradotto).
Dicevamo che non può mancare mai un classico come “Breaking The Law”, ma può forse mancare “
Painkiller”??? Risposta: NO! E allora inizia un altro delirante pogo (talvolta anche esagerato e fastidioso), con un Halford ultra settantenne che vince ancora nettamente la sua partita contro il tempo, in grado di prendere ancora certe note in cielo e senza steccare, e dopo oltre un'ora di concerto gente! Che dire …mostruoso Rob, di un altro pianeta il Metal God!
Il trittico finale non è per deboli di cuore, e non meno intenso di quello iniziale , anzi ..“
Electric Eye” è il giusto preludio che introduce una nuvola di fumo che si alza prepotentemente in aria seguita dal rombo della moto di Halford che vestito completamente di pelle e borchie, in sella al bolide parcheggiato al centro palco, ci delizia con la superba “
Hell Bent For Leather“, prima di chiudere il sipario (e cambio abito da pelle, manette e borchie a denim e patch) con “
Livin' After Midnight“, seguito da applausi e ovazioni incessanti di un pubblico in delirio e in estasi (giustamente) per quanto visto e messo in atto al Ferrara Summer Fest dagli DEI del METAL! IMBATTIBILI !
Nessuno MAI come i JUDAS PRIEST! Resteranno ora, sempre e per sempre coi BLACK SABBATH, la più grande HM del pianeta! Di METAL GOD ce ne UNO, come ROB mai NESSUNO!