I
Sator con
"The Dying Light", rilasciato in questa fine 2025 tramite la
Dusktone, tagliano il ragguardevole traguardo del quinto full-length in un arco temporale di circa dieci anni, se si considera da quando rilasciarono il primo e omologo debut (12 invece dalla data della loro formazione).
I tre ragazzi proseguono sul sentiero già tracciato: Sludgecore dai leggeri echi Post, sulla scia di
Eyehategod, primi
Amenra,
Neurosis e
Cult of Luna, dove i tipici riff pesanti si impastano ai limiti del noise con un insieme di sottofondi quasi d'ambiente di matrice industriale.
Il groove metallico, mastodontico, e le tonalità acide sono ciò che più di ogni altra cosa contraddistingue la musica dei
Sator; i quali si dimostrano molto abili nel tessere scenari disturbanti, densi di inquietudine e dai tratti psichedelici in cui, comunque sia, la possibilità del sopraggiungere della noia viene costantemente arrestata dall'ingresso di ripartenze veloci, caratterizzate da un piccolo guizzo ear catcher capace di rendere più fruibile una proposta che, di per sé, rischierebbe di non esserlo affatto.
"The Dying Light" è un platter in possesso di tutti i crismi che un prodotto del genere dovrebbe avere, tuttavia, mi piacerebbe vedere i liguri osare qualcosa in più, smarcandosi dallo spettro ingombrante dei maestri.
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