Dei
Sacred Leather se ne era già occupato anni addietro il nostro Frank che aveva curato la
recensione del primo disco "Ultimate Force", pubblicato nel 2018 dalla nostrana Cruz del Sur: un album a suo avviso, in cui non mancava certo l'attitudine quanto piuttosto la qualità ed un cantante adeguato.
Facciamo un salto avanti di sette anni e rieccoli, stavolta per la
King Volume Records/Wise Blood Records, col loro secondo album che si intitola "
Keep the Fire Burning": un titolo che lascia presagire che NIENTE è cambiato per i cinque ragazzoni dell'Indiana, innamorati persi degli anni '80 che citano come loro influenze primarie
Judas Priest, Manowar, Iron Maiden, Savatage, Dokken e Saxon.
Dei primi tre sinceramente nella proposta dei Sacred Leather ci ho trovato poco o nulla (a parte la priestiana titletrack), ma lo sappiamo bene come funziona nel mondo del giornalismo musicale, bisogna sparare qualche mega gruppo per catturare l'attenzione del writer di turno; gli altri tre nomi invece sono decisamente più centrati, anche per quella voglia della band di giocare con il class metal, magari energizzando qualche giro armonico ed enfatizzando riffoni con belle melodie e cori perlappunto ottantiane, e direi che in quella pletora di nomi gli
WASP di
Blackie Lawless, quelli di "
The Last Command", ci sarebbero stati proprio bene.
A dirla tutta sono proprio gli episodi più melodici e lontani dal classico "tupa tupa or die" quelli che sono più indovinati e memorabili, come la bella "
Fallen Angel" (no, i Poison non c'entrano) e la semi ballad "
Tear Out My Heart", anche se qualche sparata come l'iniziale "
Spitfire at Night" e la seguente "
Phantom Highways (Hell Is Comin' Down)" non sono affatto male, sebbene manchi spesso una linea vocale totalmente vincente, al contrario degli assoli che invece sono spesso letali e taglienti come dovrebbero essere.
Al contrario, la conclusiva ed epicheggiante "
Mistress of the Sun" è davvero stupenda, se i Sacred Leather riuscissero a confezionare un disco totalmente su queste sonorità e qualità ne uscirebbe fuori un piccolo capolavoro.
Cosa diciamo invece degli aspetti che avevano contrariato il nostro Frank durante l'ascolto del debutto?
Iniziamo dal cantato di
Dee Wrathchild, alias
Dustin Boltjes, che solitamente fa il batterista e non il frontman, con alle spalle militanze negli
Skeletonwitch e
Chrome Waves: certamente non è un virtuoso, si sente che quando va in alto spesso perde il controllo sebbene l'attitudine "sguaiata" mascheri un po' le incertezze, però nel computo finale non dispiace, perlomeno su disco e dopo immaginiamo diversi tentativi realizzati con tutta calma. Il suo registro assomiglia un po' a quello di
Andy Mück degli storici
Stormwitch e questo sicuramente è un qualcosa che ci piace e ci rimanda, nuovamente, a quell'atmosfera retrò che amiamo tanto.
La produzione invece è ancora piuttosto un macello, parecchio impastata e confusionaria, io sono il primo che non bada troppo per il sottile, specie se siamo di fronte ad un album verace di NWOTHM, figuriamoci, però è un peccato perchè gli aspetti più introspettivi e "dokkeniani" dei nostri in questo modo vengono un po' limitati, nonchè i mid-tempos a-là "
Malevolent Eyes" che avrebbero bisogno di maggior potenza e pulizia.
Al netto di questo e della agguerritissima nonchè benedetta concorrenza che i Sacred Leather possono incontrare nel campo del classic metal che sta attraversando una seconda giovinezza dorata e che vedono diverse formazioni europee stargli parecchio sopra a livello di realizzazione e qualità,
"Keep the Fire Burning" è tutt'altro che un disco brutto o stanco; non mancano gli aspetti positivi, non ci sono brani skippabili ed il vostro piede si muoverà improvvisamente all'unisono con la vostra capoccia. Magari non saranno dei fuoriclasse ma c'è bisogno anche di gruppi come i Sacred Leather per portare avanti la sacra fiamma dell'heavy metal.
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