Trentacinque anni di carriera non sono stati sufficienti ad attrarre la mia attenzione di
rockofilo, e scoprire che i
Flying Circus hanno così tanta “storia” alle spalle è stato piuttosto sorprendente.
E possiamo tranquillamente parlare di una “bella sorpresa”, dal momento che il loro
prog-rock dai risvolti cangianti e “romantici” appare, all’ascolto di questo “
The eternal moment”, decisamente gradevole e suggestivo.
Nulla di “sconvolgente”, almeno se siete estimatori di Yes, King Crimson, Gentle Giant e Van Der Graaf Generator, ma qualora cerchiate dei validi e sensibili interpreti della scuola
progressiva “classica”, ritengo che affidarsi al pregevole lavoro di decodifica dei dogmi del settore sviluppato dal quintetto tedesco possa essere una scelta senz’altro raccomandabile.
In realtà, è la PFM la prima a balenarmi nella memoria non appena prendo contatto con l’
opener “
A talk with the dead”, sottolineando così quanto la formula espressiva di una delle formazioni di maggior spicco del
prog italico si possa tranquillamente citare al fianco di quella dei grandi modelli d'oltre Manica.
Proseguendo nella fruizione dell’opera, evidenziamo il contributo di violino e mandolino (in una forma di “classicismo” non esente da appena un pizzico di gusto “mediterraneo”) e della voce passionale e teatrale di
Michael Dorp, dotata di sfumature timbriche che vanno da
Roger Chapman a
Robert Plant, passando per
Chris Farlowe.
Riprendendo ad addentrarci nei singoli brani, il tocco sbarazzino e “latino” concesso a “
Green” conduce l’albo a sconfinare nei territori
fusion-pop e alleggerisce un clima sonoro che in “
A sweet thing called desire” si arricchisce di suggestioni
blues e in “
And you run” diventa elegiaco e mistico (con rimandi a certi
Zeps), per poi trascendere nei saliscendi di “
Pilikua akahai”, uno strumentale in cui la
band svela il suo lato più estroso.
“
What remains”, pur carico di virtuosismi, ha un approccio alla materia maggiormente diretto e
hard-rockeggiante, mentre le soavità acustiche di “
And you rest” ritornano a sollecitare le sensazioni più intime dell'animo umano e l’articolata “
Movie moments”, alterna inquietudini e
pathos idilliaco, in un
mix forse un po’ pleonastico tra King Crimson e Pink Floyd.
Tocca, infine, a “
The time machine” e, soprattutto, alla
bonus-track “
The dancing stone”, riprendere a rendere l’ascolto maggiormente fluido e spontaneo, attraverso un orientamento sonoro che potrebbe finire per attrarre anche gli ammiratori dei Rush.
“
The eternal moment” appare, dunque, un buon disco, zavorrato nell’efficacia complessiva da bagliori di una forma di ridondanza che tuttavia non invalida i meriti artistici dei
Flying Circus, da considerare valenti esponenti del
programa europeo.
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