Copertina 8

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2024
Durata:46 min.
Etichetta:Andromeda Relix

Tracklist

  1. INTRO
  2. LAST SUPPER
  3. GETHSEMANE
  4. PILATE
  5. FLAGELLATION
  6. WAY OF THE CROSS
  7. CRUCIFIXION
  8. DEATH
  9. RESURRECTION-THE END

Line up

  • Maurizio Cucchiarini: vocals, all guitars, keyboards, bass
  • Fabio Marra: drums, percussions
  • Steve Mars: bass on “Last Supper”, “Pilate”, “Flagellation”, “Way of the Cross”
  • Marco Terenzi: acoustic guitars on “Resurrection-the End”

Voto medio utenti

Era dai tempi della pubblicazione del “Unreleased album” (nell’ambito della collana “Italian metal heroes” griffata Aua Records) dei Run After To, grazie alla quale apprendevo dell’esistenza dei Far Vibes, che anelavo la possibilità di ascoltare questo “Time’s up”.
Poi, come spesso accade, la mole di uscite discografiche e le incombenze del vivere quotidiano avevano fatalmente distolto la mia attenzione dal progetto, e complice anche una serie di infelici vicissitudini logistiche, solo oggi riesco, infine, ad inserire nel mio fedele lettore Cd l’albo in questione.
Si dice che “l'attesa del piacere è essa stessa il piacere", ma francamente sono molto felice di porre fine a questo differimento e pure un po’ dispiaciuto di non aver potuto finora trattare questo gruppo formato da Maurizio Cucchiarini e Fabio Marra, la cui militanza dei Run After To (e del secondo ricordo anche quella negli Heaven Keys) rappresentava per il sottoscritto tanto una garanzia di qualità quanto una forma di latente apprensione per il rischio d’incappare in una cocente “delusione”.
Ebbene, cancellato sin dal primo contatto con il disco il pericolo appena descritto, non posso nascondere la grande soddisfazione con cui in “Time’s up” ritrovo la congenita vitalità artistica che aveva caratterizzato la breve parabola dei RAT, declinata ancora una volta lungo nuove e diverse digressioni espressive.
Accanto al solido legame con il dark-sound, nei Far Vibes emerge in maniera nitida l’approccio visionario e mistico di certo prog-rock, il tutto sostenuto da un concept consacrato alla vita di Gesù Cristo, dall’ultima cena alla resurrezione, in un percorso fatto di paura, fragilità, sofferenza, rabbia, consapevolezza, speranza e, infine, di quell’elevazione spirituale a cui anche l’uomo più dubbioso e scettico, in fondo, ambisce quando sopraggiungerà il termine della sua esistenza fisica.
Di certo si tratta, dunque, di un progetto ambizioso e “disagevole” (soprattutto in tempi frenetici e superficiali, come i nostri …) che tuttavia non scoraggia visti gli anticonvenzionali trascorsi dei protagonisti del gruppo e anzi incentiva chi li ha conosciuti e apprezzati proprio per la loro valorosa ed affrancata creatività.
In tale contesto, all’ascoltatore non resta che immergersi con la dovuta concentrazione (un avviso indirizzato soprattutto agli eventuali neofiti …) in un viaggio dal carattere mutevole, in cui si alternano e si fondono introspezione e vigoria, liberate in scenari dalle tinte ora elegiache e ora fosche, dal grande richiamo emozionale.
Volendo citare qualche plausibile fonte ispirativa, direi che Pink Floyd, King Crimson, Black Sabbath e anche barlumi di certi Warlord (credo che Mark Zonder potrebbe apprezzare il lavoro di Marra …) possono essere scelte plausibili, declinate in maniera tutt’altro che didascalica da musicisti che le sviluppano e le stemperano secondo un proprio DNA artistico, svincolato da prevedibili cliché.
Dopo la “Intro” liquida e drammatica, “Last supper” trasporta l’astante in un clima evocativo e metafisico, sfociante in un crescendo carico di pulsante tensione, la stessa che in “Gethsemane” diventa una vera e propria immersione in una funesta dimensione ossianica, da cui si emerge attraverso la travagliata accettazione del proprio destino.
Ambientazione musicale simile la riserva “Pilate”, e il clima si offusca ulteriormente in “Flagellation”, in un coacervo di terrore e tormento che si spalanca alla placidezza contemplativa di “Way of the cross”, su cui s’innestano improvvisi squarci di tenebrosa catarsi.
I chiaroscuri, dai tratti “cinematografici”, di “Crucifixion”, rendono efficacemente il senso di turbamento che accompagna il simbolo universale dell’estremo sacrificio, mentre in “Death” sono fatalmente sonorità tra il pernicioso e il trascendente a prendere il sopravvento.
La Floyd-ianaResurrection-the end”, sospesa tra sognanti visioni folk e fosche esalazioni di natura space-prog è un'altra dimostrazione dell’intensa spiritualità espressiva con cui Far Vibes diffondono la loro filosofia musicale e concettuale, da affrontare con la partecipazione che si concede a tutte le opere non “allineate” e impregnate d’ispirata carica emotiva.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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