Beat - Neon Heat Disease (Live In Los Angeles)

Copertina SV

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2025
Durata:111 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. NEUROTICA
  2. NEAL AND JACK AND ME
  3. HEARTBEAT
  4. SARTORI IN TANGIER
  5. MODEL MAN
  6. DIG ME
  7. MAN WITH AN OPEN HEART
  8. INDUSTRY
  9. LARKS' TONGUES IN ASPIC, PART III
  10. WAITING MAN
  11. THE SHELTERING SKY
  12. SLEEPLESS
  13. FRAME BY FRAME
  14. MATTE KUDASAI
  15. ELEPHANT TALK
  16. THREE OF A PERFECT PAIR
  17. INDISICIPLINE
  18. RED
  19. THELA HUN GINJEET

Line up

  • Adrian Belew: guitar & vocals
  • Tony Levin: bass, chapman stick, keyboards, backing vocals
  • Steve Vai: guitar
  • Danny Carey: drums

Voto medio utenti

Ci sono state almeno tre “fasi” nella carriera dei King Crimson: la prima (e più celebrata) del prog “classico” inaugurata con l’imprescindibile “In The Court Of The Crimson King”; la svolta heavy con l’arrivo della coppia Bruford/Wetton che va da “Larks’ Tongues In Aspic” a “Red”; la terza, spigolosa e mai altrettanto valorizzata, legata agli anni Ottanta e ai tre album “Discipline”, “Beat” e “Three Of A Perfect Pair”, proprio quelli eseguiti nella loro (quasi) interezza in questo CD/DVD dal vivo registrato a Los Angeles.

Nei Beat militano Adrian Belew e Tony Levin, già protagonisti dei tre album di cui sopra, e sul palco ci sono anche due pesi massimi del calibro di Steve Vai (che fa le veci di Robert Fripp) e di Danny Carey dei Tool (già opener di svariati concerti dei King Crimson nei primi anni Duemila).

Gli arrangiamenti sono piuttosto fedeli a quelli degli anni Ottanta/Novanta (per chi volesse fare un “ripassino veloce” consiglio “Cirkus” del Re Cremisi), con Belew e Levin che non sembrano invecchiati di un giorno.

Sorprendentemente, sono proprio Vai e soprattutto Carey a sembrarmi talvolta fuori posto, il primo per la personalità fin troppo dirompente e il suono spesso distante da quello di Fripp e il secondo che forse non vuole (o non può?) rievocare l’eleganza di Bruford o la “pacca” di Mastellotto (e ricordo che dagli anni Novanta in poi i King Crimson hanno suonato quasi sempre con “almeno” due batteristi). Questo aspetto in particolare emerge proprio in “Red”, unica traccia appartenente ai Seventies ma sempre in scaletta già ai tempi di Belew e Levin, dove Carey fa del suo meglio per sintetizzare il drumming dei due batteristi sopraccitati con risultati alle mie orecchie non così convincenti.

Un sincero tributo ai King Crimson degli anni Ottanta o una cover band “di lusso”? Il dubbio rimane, ma lascio a voi l’ultima parola.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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