Plague, The (US) - The Divided States of Hysteria

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2025
Durata:39 min.
Etichetta:FiXT Music

Tracklist

  1. HEADLINE
  2. SAY WHAT YOU WANT TO SAY
  3. UGLY ON THE INSIDE
  4. LIVING IN THE PAST
  5. MAN MACHINE OR BEAST
  6. RIGHT BACK DOWN
  7. PREDATOR
  8. FLOAT RIGHT ON BY
  9. WHAT ELSE CAN I DO?
  10. CLEAN SLATE

Line up

  • David Adam Monroe: all instruments, vocals

Voto medio utenti

Attivo anche come produttore / ingegnere del suono e musicista a supporto di altri artisti (My Chemical Romance, NoFx, The Used, Three Days Grace, …), David Adam Monroe ripropone oggi (dopo il debutto del 2017 ”Hope For the F.U.T.U.R.E.”) il monicker The Plague, con il quale miscela influenze di punk-rock, nu-metal ed elettronica e le intride di testi che affrontano i veementi contrasti della natura umana.
Un mix che sa essere al tempo stesso rabbioso e accattivante e che riporta alla mente la “storia” del crossover (Static-X, Linkin Park, Spineshank, Korn, Orgy …), risultando parimenti appetibile per chi un certo approccio artistico lo ha scoperto (o “riscoperto”, magari …) grazie a generazioni più recenti di “contaminatori” (Avenged Sevenfold, Falling in Reverse, Tetrarch, Ocean Grove, …).
I tempi tutt’altro che sereni che stiamo vivendo appaiono tra l’altro piuttosto adeguati a “sostenere” le considerazioni su inquietudini, egocentrismi e redenzione esposte in “The divided states of hysteria”, un disco in cui melodia e aggressività si fondono in maniera piuttosto efficace e coinvolgente, sfruttando un canovaccio espressivo non particolarmente “rivoluzionario” e ciononostante mai fastidiosamente “prevedibile”, anche per merito di un’applicazione abbastanza sagace della componente elettronica.
Accanto ad assalti sonici ammiccanti e schizofrenici (“Headline”, “Man machine or beast”, "What else can I do?”), nell’albo trovano posto pulsanti deflagrazioni electro-punk ("Say what you want to say”) e pure striscianti episodi cyber-metal-pop (“Ugly on the inside”), senza dimenticare di riservare una felice collocazione a tracce affabili e suadenti (“Living in the past”, “Clean slate”), in grado di rendere ancora più “radiofonico” e contagioso il crogiolo sonoro.
Aggiungiamo digressioni maggiormente articolate e “progressive” ("Right back down”), sinistre paranoie dark-eggianti (“Predator”) e variazioni “sintetiche” (“Float right on by”), ed otteniamo un’opera che sembra interpretare meglio di altre, attraverso un buon equilibrio tra “commerciabilità” e tensione, i tumulti emotivi e i disagi di una società contemporanea sempre più caotica e priva di certezze.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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