Copertina 9

Info

Anno di uscita:2005
Durata:55 min.
Etichetta:Century Media
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. IMPERIAL
  2. SKEKSIS
  3. SHITSTORM
  4. LOVE?
  5. SHINE
  6. WE RIDE
  7. POSSESSIONS
  8. TWO WEEKS
  9. MEGA BULLDOZER
  10. ZEN
  11. INFO DUMP

Line up

  • Devin Townsend: vocals, guitars
  • Jed Simon: guitars
  • Byron Stroud: bass
  • Gene Hoglan: drums

Voto medio utenti

Di Devin Townsend si è già praticamente detto e scritto tutto, e giustamente è visto come una delle personalità più creative in ambito metal. Il ritorno degli Strapping Young Lad era circondato da molte attese, visto il recente passato della band. Un recente passato che, dopo il capolavoro “City” del 1997, aveva visto sfornare la band un lavoro duro ma alquanto ordinario come “SYL”, nel 2003. Quindi c’era molta curiosità nel vedere se il nuovo “Alien” avrebbe riportato la band ai fasti di un tempo o sarebbe stato un ulteriore passo falso. Voglio subito fugare ogni dubbio e dire che “Alien” è un signor disco, un disco vede la band tornare a maneggiare un immaginario cibernetico e tecnologico, giocare con atmosfere spaziali e soprattutto picchiare di brutto. Ma c’è di più.
Se è vero che la prima parte del disco è molto pesante, con la breve, ma intensa e brutale, “Imperial” e la mastodontica “Skeksis”, nella quale Gene Hoglan ci annichilisce, col passare dei minuti la musica acquista sfaccettature impensate ed impensabili per un disco degli Strapping Young Lad. Infatti sembra che Devin Townsend abbia cercato di fondere, in un sol disco, quasi tutte le sue passate esperienze, vissute attraverso i diversi progetti che lo hanno visto protagonista, e quindi pur non perdendo di vista l’obiettivo di creare strutture potenti e apocalittiche, nel loro incedere convulso, ecco che sembra ora di sentire gli Ocean Machine, ora sembra di sentire qualcosa di “Terria”, or’altro ancora i Physicist. Singolare è anche l’uso delle vocals da parte di Devin, molto spesso in una sorta di screamin’ simile al black metal, come in “Shitstorm”. “Love?” e “Shine” sono altri due grandissimi pezzi, il primo molto cadenzato e cyber, con aperture melodiche da urlo, il secondo una gigantesca bolla di follia, nella quale Devin da il meglio di se anche a livello vocale, con un andamento a tratti teatrale e che non perde mai di vista la potenza, decisamente oltre la soglia di guardia, in un crescendo difficilmente sostenibile e che vede anche dei cori decisamente “weird”. “We Ride” è una fiera cavalcata thrashy in perenne overdrive, con perfino un assolo, mentre la successiva “Possessions” è l’inizio del mutamento del disco, o almeno il punto nel quale esso è più evidente, con una struttura che punta molto di più su atmosfere cosmiche, supportate da cori di bambini.
Intanto la testa non smette di fare headbangin’, e menomale che, prima di compromettere le vertebre cervicali, arriva “Two Weeks”, paradisiaca acustica, un porto sicuro nella tempesta, un rifugio protetto e rassicurante. Le conclusive “Thalamus” e “Zen” tendono a confondere ancora di più le acque, sono songs nelle quali la voglia di picchiare della band è solo uno sfondo, uno sfondo sul quale si stagliano atmosfere e melodie da brividi.
“Alien” è la catarsi emotiva di Devin Townsend, una catarsi che parte nel modo più duro possibile e scema progressivamente verso territori più melodici e placidi, fino a spegnersi nella finale “Info Dump”, undici minuti di rumori e ronzii, emblema dello spirito di Devin, uno spirito che, anche quando è in quiete, è tempestoso.
“Alien” è una coltura biologica dei germi di “City”, ne è infettato, ma al contempo è la perfetta ibridazione delle molteplici personalità dello schizofrenico Devin. “Alien” sta a “City” come “Archetype” sta a “Demanufacture”.
Se potessi dipingere in una sola immagine il quadro delineato da questo “Alien”, direi che è una luminosa alba vista dal cosmo, in una luce abbacinante che inghiotte tutta la terra. Da avere assolutamente.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino
ibrido

gli amanti dello stile strapping industriale sono rimasti delusi dal violento disco rosso? i campionamenti e le follie di city con dei riff cadenzati e violenti. Si sente anche la mano di Hoglan, sopratutto nei brividi.

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