LORDS OF CHAOS: il film - true norwegian black murder

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Pubblicato il:01/03/2019
Percepisco la pressante esigenza di estinguere ab origine qualsivoglia focolaio polemico: “Lords of Chaos” è un film liberamente ispirato a fatti realmente accaduti, non un documentario.
Non v’è dubbio che coerenza filologica e aderenza alle fonti costituiscano valori da tutelare, ma è mia opinione che le licenze -perlomeno allorquando rispondano ad esigenze di copione e non a becere concessioni al pubblico generalista- non vadano giocoforza bollate come oscenità in grado di annientare il valore intrinseco della pellicola.

Sulla base di tali premesse, chiarisco sin d’ora che in questo articolo non troveranno concessione alcuna le speculazioni che ormai da mesi imbrattano le pagine virtuali di internet -alcune delle quali riconducibili ai diretti interessati, vedasi Necrobutcher o il sempre più farneticante Varg Vikernes-.
Traduzione: chi se ne importa se alcuni passaggi sono stati romanzati, se la linea temporale degli eventi presenta imprecisioni, se gli avvicendamenti in seno alla line up dei Mayhem non vengono rappresentati in modo esaustivo, se il personaggio della fidanzata di Euronymous è inventato o se lui si fosse o meno tagliato i capelli prima della dipartita.

Tutta questa dietrologia, oltre ad offuscare il giudizio ed a tediarmi oltremodo, viene sgonfiata prim’ancora dell’inizio vero e proprio del film, allorquando compare sullo schermo l’inequivocabile dicitura “Based on truth… Lies… And what really happened”.
Con buona pace dei metallari tuttologi pronti ad indignarsi per ogni nonnulla.

Svolta la doverosa premessa confesso che anch’io, da amante del black norvegese primigenio, attendevo al varco l’opera di Jonas Åkerlund, regista dal palmares invidiabile quanto ai video musicali -Rammstein, Madonna, Lady Gaga, Beyoncé e Prodigy alcuni degli artisti con cui ha collaborato-, ma con un curriculum più esiguo ed ondivago a livello di lungometraggi.
A pellicole buone e stimolanti (l’esordio “Spun” con la compianta Brittany Murphy), infatti, fanno da contraltare episodi meno riusciti (in primis il recentissimo “Polar”, ovvero come sprecare i servigi di un grande attore quale Mads Mikkelsen in un pulp di scarse pretese).

Per fortuna “Lords of Chaos”, adattamento del discusso libro omonimo firmato da Michael Moynihan e Didrik Søderlind, rientra, almeno per chi scrive, nella prima categoria.
Presumo che le vicende relative all’ascesa dei Mayhem e dell’Inner Circle siano arcinote agli utenti di questo portale, ragion per cui mi asterrò dal tratteggiare la trama nel dettaglio. Si narra, in ogni caso, della nascita e dello sviluppo della scena attraverso gli occhi(oni) di Euronymous, interpretato da un Rory Culkin -fratello del Macaulay di “Mamma, Ho Perso l’Aereo”- magistrale nel far emergere fragilità e contraddizioni di un personaggio combattuto, sfaccettato e mai davvero “evil” sino in fondo.

Il cast, in generale, spicca come uno degli aspetti più convincenti del film: Anthony De La Torre, seppur con poche battute a disposizione, riesce appieno a dipingere un Hellhammer piuttosto fifone (non appena si parla di roghi si dilegua), ed anche il Faust di Valter Skarsgård risulta credibile e ben caratterizzato.

Una particolare nota di merito, inoltre, per Jack Kilmer –figlio del noto attore Val-, che, per ovvi motivi, non ha troppo tempo a disposizione per sviluppare un personaggio complesso come Dead. Obiettivo centrato in pieno: oltre ad una impressionante somiglianza, stupisce la caratterizzazione perfetta di un ragazzo che vive letteralmente in un mondo tutto suo, fatto di depressione e morte; proprio come chiunque abbia conosciuto il vero Per Yngve Ohlin lo ha descritto.

Ahimè, ho trovato invece inefficace la prova di Emory Cohen nei panni del Conte, e non certo per le motivazioni a sfondo antisemita addotte dallo stesso Varg.
Il fisico è diverso, lo stesso può dirsi dei tratti somatici, ma a latitare sono soprattutto calibro di recitazione e capacità di conferire profondità e carisma ad un personaggio che, alla fin fine, risulta meno intrigante e caratterizzato rispetto ad Øystein Aarseth.

È comunque il travagliato rapporto tra i due a costituire il motore della sceneggiatura, scritta in tandem dallo stesso Åkerlund e da Dennis Magnusson: amicizia, rivalità, invidia, recriminazioni economiche, disperata voglia di emergere come leader del movimento, di non apparire come poser, di dimostrarsi malvagi ed estremi agli occhi del mondo… tutto questo conduce all’escalation di incendi ed omicidi che ben conosciamo, e contribuisce a dipanare un arco narrativo ben sviluppato e piuttosto coeso.
Arco narrativo che accorda altresì particolare attenzione all’episodio del suicidio di Dead, cui la mente di Euronymous torna in continuazione lungo tutto il film, ed in ogni occasione con un impatto emotivo incrementato. Ancora una volta, quindi, si fornisce un’immagine del chitarrista ben lungi da quella impassibile e fredda che le cronache del tempo –e lui stesso- vollero far credere.

Proprio la fine del povero Per Yngve Ohlin mi permette di affrontare un altro punto focale di “Lords of Chaos”, ossia quello relativo alla gestione delle scene più cruente –che, come immaginerete, non mancano affatto-.
Crude, dirette, orribilmente longeve ed attente al dettaglio ma non per questo morbose, le rappresentazioni di violenza vengono anzi affrontate con piglio asettico ed acritico. Azzeccata, in tal senso, la scelta di non affiancare ad esse alcun accompagnamento musicale, il che sortisce l’effetto di renderle ancor più scioccanti ed incisive.

La musica, già.
Argomento inevitabilmente spinoso alla luce del tema trattato, ma che in definitiva può venir rubricato come ennesimo punto a favore del lungometraggio.
Lo ammetto: lo scontato diniego di utilizzare brani dei Burzum e la decisione di affidare la colonna sonora originale ai Sigur Rós avevano fatto sorgere qualche perplessità anche al sottoscritto. Perplessità presto evaporate: da un lato, concepire una soundtrack interamente black metal sarebbe stato oltremodo banale; dall’altro, le atmosfere eteree della band islandese accordano alle scene un carattere sovrannaturale e sognante che stride solo sulla carta con quanto avviene su schermo.
I protagonisti, in realtà, sembrano così vivere in una sorta di dimensione parallela, all’interno della quale possono fare tutto quanto passi loro per la testa (come, fra l’altro, affermato dallo stesso Euronymous all’apertura del negozio di dischi Helvete).

Il tema della bolla di irrealtà viene ulteriormente sviscerato dal regista, a cui interessava mostrare quanto assurdi gli atteggiamenti dei Nostri risultassero agli occhi dei terzi estranei.
Per far ciò, si ricorre all’espediente dell’ironia dissacrante: si pensi, senza sfociare in spoiler eccessivi, al momento in cui Øystein conia la definizione “true norwegian black metal” e viene interrotto dal kebabbaro perché vada a ritirare l’ordine, o alla zuccata che prende Varg prima di rilasciare la nota intervista che ha fatto conoscere l’Inner Circle al mondo.

Tanti blackster, già lo so, riterranno detestabile un simile alleggerimento del tono. Io, al contrario, l’ho trovato calzante, oltre che davvero efficace nello smitizzare una scena ricordata sì con ammirazione e nostalgia da molti (musicalmente parlando anche dal sottoscritto), eppure ideologicamente molto contraddittoria, talmente austera ed autoreferenziale da oltrepassare i confini del ridicolo, composta perlopiù da ragazzi disadattati ed ignari del peso delle loro stesse azioni.
D’altro canto, Åkerlund stesso ha avuto modo di spiegare che la sua decisione di abbandonare i Bathory (per chi non lo sapesse, ne è stato il batterista per un breve periodo) è dipesa dal fatto che la scena metal scandinava avesse iniziato a prendersi troppo sul serio…

Un’ulteriore componente controversa di “Lords of Chaos” riguarda l’esclusivo ricorso alla lingua albionica a scapito di quella norvegese.
Inutile girarci intorno: la scelta toglie senz’altro qualcosa a livello d’immedesimazione e di credibilità complessiva dell’opera. Al tempo stesso, trovo condivisibili le motivazioni addotte da Åkerlund, secondo cui il ricorso all’idioma inglese avrebbe reso il prodotto potenzialmente appetibile ad un’audience più vasta, senza contare che un film in lingua madre avrebbe giocoforza ridotto la pletora (e presumibilmente la qualità) degli attori disponibili.

E Jonas Åkerlund come se l’è cavata?
Posso serenamente affermare che a me il taglio registico è garbato parecchio: la sua tendenza alla spettacolarizzazione propria dei videoclip ed al montaggio serrato è percepibile in più di un’occasione (l'incubo di Euronymous parla chiaro); al tempo stesso, trovo apprezzabili il calibro e la maturità dimostrati nell’aver saputo elaborare uno stile che riesce ad essere visivamente d’impatto senza rubare spazio agli attori o al dipanarsi della trama.
Promosso a pieni voti.

Al termine di cotale stuolo di baggianate, sento di poter concludere così: “Lords of Chaos” scontenterà molti, farà imbufalire altri e genererà polemiche a profusione. D'altra parte lo ha già fatto dalle nostre parti pur non avendo ancora nemmeno trovato un canale di distribuzione per l'Italia...

Io, per quel che conta, lo reputo un film molto ben realizzato ed altrettanto ben recitato, dotato di una sceneggiatura in grado di far riflettere, strappare più di un sorriso ed inquietare. Un film che, per certi versi, potrà risultare più disturbante e d'impatto presso un pubblico “casuale” o comunque privo di familiarità con le vicende narrate, ma che nessun amante del metal estremo dovrebbe snobbare aprioristicamente…

Datemi pure del poser, ma per me il pollice è saldamente direzionato verso l'alto.

Tell me - what did you see there
In the darkness - of the past
The eyes - stares so empty
The mouth - screams so silent
Tell me - what did you see there
In the darkness - of the past


(Mayhem - "From the Dark Past")

Articolo a cura di Marco Cafo Caforio

Ultimi commenti dei lettori

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Inserito il 10 mar 2019 alle 09:12

Io devo dire la verità, ero molto scettico riguardo al film, perché il libro non mi era piaciuto affatto, e quello che avevo letto nelle anticipazioni sulla pellicola e le reazioni delle band che hanno fatto parte del movimento black metal norvegese che avevano proibito l'uso dei propri brani per la pellicola di Akerlund mi aveva ancora messo di più sul chi va là. Invece leggendo la recensione e sentendo l'opinione di alcuni amici che lo hanno visionato voglio ricredermi, sicuramente mi sarebbe piaciuto che qualche brano black metal fosse stato parte integrante del film, ma i Sigur Ros sono una sicurezza. A mio modesto avviso, da noi forse non esistono più produttori coraggiosi che sappiano distribuire queste pellicole, lo aspetterò nella distribuzione Dvd/Blu Ray.

Inserito il 05 mar 2019 alle 13:37

Io condivido in linea di massima la recensione. Avrei preferito lingua e attori norvegesi ma alla fine va preso per quello che doveva essere nelle intenzioni del regista: un romanzo tratto da una storia vera fruibile da parte di una fetta di pubblico più ampia possibile. Invero a me cohen non è dispiaciuto affatto. Ottimo Kilmer. Favolose location e fotografia per me. La figura del protagonista aarseth è quella che forse mi lascia un po perplesso per come sia stata tratteggiata in maniera troppo buonista creando secondo me una contrapposizione troppo netta con Burzy.