Copertina 6

Info

Anno di uscita:2022
Durata:38 min.
Etichetta:Rafchild Records

Tracklist

  1. SERPENT BARON
  2. STRIKING SOLAR FORCE
  3. SACRIFICER
  4. SCULPTURES OF THE GODS
  5. MAN OF IRON (BATHORY COVER)
  6. ANCIENT STEEL
  7. MASTER OF THE DAWN

Line up

  • Forneus: vocals
  • Dragul: bass
  • Sarapis: drums
  • Torham: guitars

Voto medio utenti

L'esordio dei The Book, formazione della Repubblica Ceca, è un album che all'insegna di un Epic Heavy Metal grezzo e fortemente evocativo. Ricco di passione ma, anche, di imperfezioni, che non possono che indebolirne la resa finale.

Dopo un primo Demo Tape, uscito l'anno scorso, dal quale hanno recuperato sia "Sculptures of the Gods" sia "Sacrifer", hanno raggiunto un accordo con Rafchild Records per la quale è da poco uscito "Forgotten Art of Old". Trentotto minuti di devozione a un sound che affonda le sue radici nel Hard&Heavy di fine seventies e primi anni ottanta, tra le influenze vintage di Black Sabbath o Manilla Road, che i The Book rivedono alla luce della propria indole, con un approccio ruvido e talvolta motorheadiano (nelle ritmiche) o vicino ai Bathory più epici ed eroici, ma anche qualche excursus nel growling. E se le prime battute di "Serpent Baron" richiamano proprio i Motorhead, nel prosieguo ci si muove maggiormente verso i Black Sabbath, mentre il cantato più aggressivo fa capolino nella seguente "Striking Solar Force", ben accompagnato da un guitarwork davvero efficace da parte di Torham. Quella che invece non convince è la prova di Forneus, che appare spesso in affanno o sopra le righe nel tentativo di dare enfasi e creare pathos. Ci pensa la doomeggiante (finale maideniano a parte) "Sacrificer" a riportarci in sintonia con i The Book, anche perchè Forneus per larga parte del brano opta per un cantato più profondo, soluzione dove pare trovarsi più a suo agio, mentre "Sculptures of the Gods" predilige un approccio più Speed e frontale. A seguire, i The Book vanno a recuperare "Man of Iron", e se l'originale dei Bathory era totalmente acustica, la loro versione, pur riuscendo a mantenerne l'epicità, è elettrica e più complessa. E' ancora la ricerca dell'epicità a permeare sia "Ancient Steel" sia la conclusiva "Master of the Dawn", episodi che però suonano confusi e poco fluidi, con passaggi Thrash e Death Metal o spunti vicini alla N.W.O.B.H.M. e ai Mercyful Fate, tutti stipati un po' a forza nella stessa canzone.

Ombre e luci. E ancora troppe delle prime, c'è da lavorare per il prossimo album, negli arrangiamenti e soprattutto nel comparto vocale.


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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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