Waxen - Blasphemer in Celestial Courts

Copertina 6,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2019
Durata:33 min.
Etichetta:Moribund Records

Tracklist

  1. LILITHIAN GATES
  2. CHILD SCRYER
  3. THE ORIENS OF ASTAROTH
  4. BLASPHEMER IN CELESTIAL COURTS
  5. DREAMING IN ENOCHIAN
  6. THE ABYSS BETWEEN MAN AND GOD

Line up

  • Toby Knapp: all instruments, vocals

Voto medio utenti

Quinto album per questa one-man band americana, un album composto da uno shredder che vuole unire il metal neoclassico al black metal.
Una scelta discutibile per certi versi, essendo i due stili completamente agli antipodi, ma ci sono anche dei felici esperimenti in tal senso.
Il factotum in questa veste si chiama Toby Knapp e vanta l’esordio personale nel 1992 con l’album solista presso la rinomata Shrapnel Records di Mike Varney.
Quindi un chitarrista solista che cerca di trovare la summa compositiva tra un certo modo virtuoso di intendere lo strumento, e uno completamente minimalista.
L’opener “Lilithian gates” è significativo in tal senso, sembra una partenza quasi power metal.
Riffing che hanno a che fare con il metal classico e vicini a certi Children Of Bodom; riff serrati, doppia cassa, melodie di stampo classico e le screaming vocals poste dietro alla base musicale.
Il solo è virtuoso e melodico al punto giusto con un bel gusto ma un pochino troppo emulo dei grandi axemen.
Già con “Child scryer” il lavoro di chitarra si fa più maligno ed è pieno di disarmonie con la sezione ritmica in blast beats.
Brano pregno di black metal zanzaroso, però troppo pulito nella produzione; il solo è quasi thrashy nell’intermezzo dedicato alla partitura melodica e si sente un certo gusto epico.
La titletrack ha un’apertura quasi epic metal con melodie aperte per poi ecco arrivare riffing dalle tonalità malsane e oscure con blast beats e accelerazioni.
Lo screaming è alto e poco distinguibile con aperture pulite urlate; all’interno ci sono squarci melodici dal taglio heavy, un brano non male con un bel solo breve e ben fatto.
The abyss between man and god”, parte in quarta in modo tellurico e furioso.
Il brano poi diventa un mid tempo con parti in sfuriata e chitarre zanzarose figlie del black metal nordico; le parti melodiche riconducibili al metal classico non sono male ma sembrano un pochino slegate dal contesto estremo in questo brano.
La composizione è discreta con una conclusione melodica in armonizzazione.
Un disco discreto, ben prodotto ma che fa pendere la lancetta verso la parte più neoclassica che verso la parte più estrema; qui la malignità del black metal viene troppo diluita e non morde come dovrebbe.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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