Copertina 7

Info

Anno di uscita:2019
Durata:43 min.
Etichetta:Heavy Psych Sounds

Tracklist

  1. TRAPPED & BOUND
  2. DANCE OF DECEIT
  3. HUNT
  4. HYPNOTISED
  5. VIOLET HOUR
  6. UNHOLY DISEASE
  7. VELVET
  8. LAKE OF FIRE

Line up

  • Sian Greenaway: vocals
  • Dean Ashton: guitar
  • Dan Burchmore: bass
  • Jake Mason: drums

Voto medio utenti

Quinto album per i doomsters britannici Alunah e quinta etichetta differente. Dopo Catacomb, Psychedoomelic, Napalm e Svart, adesso tocca alla Heavy Psych Sounds far uscire il nuovo lavoro della band: "Violet hour". Ma la stessa incostanza e volatilità la ritroviamo nella line-up di questa formazione, se pensiamo che l'unico membro originario dagli esordi (2006) è il batterista Jake Mason. La cantante Sophie Day ed il chitarrista David Day, fondatori del gruppo, se ne sono andati sostituiti rispettivamente da Sian Greenaway e da Dean Ashton (per un periodo bassista nei Diamond Head, storico nome della NWOBHM). Questi continui cambiamenti, hanno influito sulla proposta musicale degli autori di "Awakening the forest" (da me recensito nel 2014)? La risposta è sicuramente sì.
Oggi gli Alunah sono molto meno doom, meno cupi e torbidi, meno magnetici e magmatici, rispetto al passato. Hanno puntato su un'attitudine più dark seventies, con ambizioni di occult-rock. Lo notiamo fin dall'iniziale "Trapped & bound", dove il ritmo è discretamente sostenuto ed il groove profuma di Black Sabbath lontano un miglio. La seguente "Dance of deceit" ha addirittura ambizioni catchy alla Lucifer, grazie alla vocalist Sian che si sforza di essere orecchiabile anche per un pubblico più ampio e meno di nicchia. "Hunt" parte come uno slow-dark d'atmosfera, poi si evolve in una bella parte dinamica e classic-heavy, mentre la lunga "Hypnotised" ha una cadenza mid-tempo coinvolgente ed anche passaggi leggermente psichedelici, ma a mio avviso manca un pò di carisma. La title-track mi ricorda gli Orchid, ma con voce femminile, invece "Velvet" è un percorso sospeso tra accarezzante melodia ed eleganti strutture occult-rock. Ancora dark rock nella conclusiva "Lake of fire", dove il cantato della Greenaway si sposa bene con un andamento lento, riflessivo e malinconico. Brano affascinante e molto settantiano.
Un buon disco, non eccelso ma con alcuni picchi di qualità. Più melodico ed arioso che i lavori passati, ma ancora non del tutto centrato sull'obbiettivo. Evidente l'intenzione degli Alunah di modificare il proprio sound verso una direzione più rock e meno heavy, maggiormente centrato sull'atmosfera avvolgente che sull'impatto greve, ma la sensazione è che possano fare ancora meglio in futuro.

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