Copertina 8

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2019
Durata:48 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Warner

Tracklist

  1. SHELL SHOCK
  2. UNDEFEATED
  3. NEVER THE VICTIM
  4. AUSTERITY KILLS
  5. IN THE MIDST OF DESOLATION
  6. REFUSE TO BE LED
  7. THE VETERAN
  8. REQUIEM FOR MANKIND
  9. FIXED BAYONETS
  10. INTERMENT

Line up

  • Frank Healy: bass
  • Andy Whale: drums
  • Scott Fairfax: guitars
  • Karl Willetts: vocals

Voto medio utenti

Terza prova per la band nata dalle ceneri dei disciolti Bolt Thrower, una band che certamente non ha bisogno di presentazioni di rito.
Questa nuova formazione, nata per volontà dei suoi ex membri di una band simbolo del death metal britannico, centra il terzo disco con una prova matura, e personale.
Non era difficile pronosticare la riuscita del nuovo album data la caratura dei personaggi in questione, la loro storia personale ma aggiungono ancora di più ingredienti che s’incastrano alla perfezione in un tessuto vecchia scuola.
La doppietta iniziale “Shell shock” e “Undefeated” ci fa assaporare emozioni conosciute grazie a sapienti dosi di death metal vecchia scuola marcissimi; sentitevi i riff così potenti, possenti come la marcia lenta ma mai banale, compatta e qualche scossone veloce a dare pepe al tutto.
Poi la sapienza delle vocals di uno come Karl Willets, autore di un growl possente e soprattutto intelleggibile.
Dopo queste due perle, ecco la terza di seguito, “Never the victims”; brano lento con aperture melodiche e marcia che poi diventa veloce con la sezione ritmica che cambia passo e un riffing marcissimo.
Ci sono anche cambi di tempo in mid tempo serrati con uso della doppia cassa e un solo melodico drammatico.
Un brano dall’atmosfera doom, solenne e carica di dramma ma con un feeling ferocissimo di stampo death.
In the midst of desolation” é pesantissimo, marcio e senza pietà.
Andamento lento, con riffing in tremolo e il growl di Willets cavernoso e solenne; ma non è tutto, ci sono anche sfuriate a cambiare umore ma la tensione resta invariata.
Refuse to be led”, dall’apertura melodica, diventa un brano corposamente marcio fino al midollo con quei riffing in tremolo vecchia scuola.
Le chitarre graffiano che è un piacere come la me e l’accelerazione in up tempo serrato rende ancor più godibile la formula.
La conclusiva “Interment” é una strumentale compatta, quadrata, quasi death/doom per la struttura.
Le chitarre hanno una componente melodica dal taglio solenne e drammatico che è una chiusa eccellente per questo album.
Un disco che marchia a fuoco il nome dei nostri, che sa portare in un vestito sonoro vecchia scuola nuovi decadenti sapori che rendono ancor più godibile il risultato.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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