Copertina 6

Info

Anno di uscita:2019
Durata:46 min.
Etichetta:Listenable

Tracklist

  1. BETWIXT TIMES
  2. AS SAMHAIN COMES
  3. SHORTEST DAY, LONGEST NIGHT
  4. IMBOLC
  5. THE VERNAL DANCE
  6. BELTINE
  7. AS THE SUN STANDS STILL
  8. TO FEAST AT LUGHNASADH
  9. AUTUMNAL BLAZE

Line up

  • Ard Chieftain O’Hagan: vocals
  • Saul McMichael: guitars
  • Tor Dennison: guitars
  • Steve Reynolds: bass
  • Dave Briggs: bodhrán, mandolin, whistle
  • Lee Mccartney: drums

Voto medio utenti

I nordirlandesi Waylander si possono definire dei veri veterani del genere folk metal estremo, se si considera che i primi demo risalgono al 1994. Dopo repentini cambi di line up e cinque lavori, della band originale si conta solo il frontman O’Hagan. La proposta del quintetto non è che sia variata molto durante questo lasso di tempo, ma di sicuro l’approccio compositivo ha risentito dell’abbandono dei membri originali, nonostante O’Hagan trascini i nuovi arrivati, un po’ come il vero protagonista del loro sound. Questo nuovo lavoro ripropone i canoni tanto cari al gruppo, rinnovando però molto poco rispetto al passato. La musica dei Waylander è il classico esempio di metal estremo, almeno a livello di vocals, contaminato dal folklorismo celtico (ovviamente), pagano e mitologico. “Eriú’s Wheel” risulta piacevole, ma un po’ vuoto e poco innovativo.

Tre quarti d’ora di composizioni dove si intrecciano pennate elettriche e strumenti della tradizione celtica, tra testi paganeggianti e vocalizzi sempre (forse addirittura un po’ troppo) in chiave estrema. La band è preparata, e rende giustizia al genere proposto, ma dopo repentini ascolti ci si accorge che il disco non riesce propriamente a sedurre, come magari per altri colleghi risulterebbe più facile. Nonostante una produzione minimale, ma efficace, i Waylander non stupiscono, ma si limitano a ripercorrere la solita formula. Il black metal un po’ più presente degli esordi è andato ad affievolirsi, a discapito di una melodia che però appare un po’ monocorde. Non c’è infatti nessun brano più particolarmente ben riuscito, tutto scorre un po’ freddo e scontato. Non ci troviamo di fronte ad una stroncatura, ma bisogna ammettere che nel vasto mondo del celtic/folk/pagan molte altre realtà sono riuscite a dimostrare una preparazione compositiva nettamente superiore (inutile ricordarvi i Primordial su tutti).

Un capitolo aggiuntivo alla loro discografia, che risulta per il momento solo un sufficiente compito a casa, privo però di un vero lampo di genio. Solo per i fan.
Recensione a cura di Max Firinu

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