Kamelot (Thomas Youngblood, guitars)

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Gruppo:Kamelot

Sempre più lanciati verso la piena maturità artistica, i Kamelot tagliano il traguardo del sesto album in studio, questa volta misurandosi con un impegnativo quanto affascinante concept. Due anni dopo l’acclamato “Karma”, ci viene quindi presentata la nuova fatica: “Epica”, un titolo dietro al quale si cela senza dubbio uno dei migliori lavori della band, un disco completo, evocativo, teatrale e maturo, che farà certamente la gioia di tutti i fans dei Kamelot, ormai abituati a vedere i propri beniamini evolversi e migliorare ad ogni singolo album. Per presentare “Epica” abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Tommy Youngblood, chitarrista, fondatore e principale compositore della band.

Parliamo subito del vostro nuovo concept album, “Epica”: di cosa tratta esattamente?
”La storia di ‘Epica’ si basa principalmente sul ‘Faust’ di Goethe. Il protagonista si chiama Ariel ed è un personaggio alla costante ricerca del proprio posto nell’universo, che un giorno decide di intraprendere questo lungo viaggio per tentare di trovare le risposte ai suoi grandi quesiti sul significato della vita e della morte. E’ più o meno ciò che ogni essere umano si ritrova a fare, prima o poi: ci si comincia a chiedere che cosa accade quando si muore, se il paradiso e l’inferno esistono davvero, e così via. Oltre ad Ariel ci sono altri due personaggi chiave nella storia e sono entrambi rappresentati insieme a lui sulla copertina: Mephisto, che rappresenta ovviamente il diavolo e la debolezza umana, ed Helena, che è l’unica donna che Ariel abbia mai amato e che rappresenta l’amore e l’innocenza. Il resto della storia lo lascio scoprire a voi: l’album uscirà il 13 gennaio e fra le altre cose sarà pubblicato anche in edizione limitata con bonus tracks e contenuti multimediali molto interessanti!”

Hai parlato di bonus tracks: sono anch’esse parte del concept?
”No, si tratta di brani slegati dal concept. In particolare, l’edizione destinata al mercato europeo conterrà un brano che risale alla composizione di ‘The Fourth Legacy’ ma che fino ad ora non avevamo mai trovato il tempo per completare. L’abbiamo però voluta includere su ‘Epica’ perché ci siamo resi conto che si sarebbe potuta adattare bene all’atmosfera del nuovo album, per cui abbiamo finalmente deciso di darle una forma definitiva. Oltre a questa edizione, comunque, ci sarà un’ulteriore versione dell’album, destinata al solo mercato giapponese e contenente una diversa bonus track.”

E’ la prima volta che vi cimentate nella composizione di un concept; come vi siete trovati?
“Senz’altro è stato più difficile realizzare questo disco rispetto ad un album tradizionale, perché una volta definito il tema principale bisogna sempre fare riferimento ad esso. Quando componi una canzone nuova, devi fare in modo che si possa adattare all’atmosfera della storia e quindi c’è meno libertà in un certo senso. Però devo dire che per noi è stata una bella esperienza e siamo estremamente soddisfatti del risultato finale, considerando anche il fatto che finora i commenti sono stati tutti molto positivi. ‘Epica’ è un album che va ascoltato più volte per poterlo apprezzare del tutto, non si tratta certo di uno di quei dischi che colpiscono al primo ascolto. La presenza degli interludi, ad esempio, ha la funzione di mantenere la continuità della storia e di evitare interruzioni; non sono, insomma, solamente un pretesto per inserire più musica all’interno dell’album, ma hanno un senso ben preciso.”

Come mai avete deciso di realizzare un disco del genere a questo punto particolare della vostra carriera?
”L’idea del concept stava già circolando da un po’ di tempo, solo che avevamo bisogno di raccogliere bene tutte le idee e soprattutto di creare una base decidendo l’argomento più adatto per sviluppare il lavoro. Quando abbiamo composto ‘Karma’ non eravamo ancora del tutto sicuri sulla direzione da intraprendere in questo senso, per cui abbiamo preferito rimandare il discorso del concept almeno fino a quando non avessimo definito bene una storia su cui basarci. In fondo, prima d’ora non ci eravamo mai sentiti veramente pronti per realizzare un album di questo genere, avremmo magari potuto farlo anche molto prima basandoci sulla storia di Re Artù, ma sarebbe stato francamente troppo facile e scontato. Quello che volevamo era riuscire a comporre un album che soddisfacesse prima di tutto noi, qualcosa di più impegnativo ma alla fine anche più appagante.”

Anche questa volta avete utilizzato degli strumenti molto particolari, non è vero?
”Sì, certo, ne abbiamo usati alcuni che solitamente è difficile sentire in un disco di heavy metal, come il jembe, uno strumento a percussione che abbiamo utilizzato in ‘On The Coldest Winter Night’, oppure il bandeneón [pronunciato ‘bandonion’, Nda], uno strumento originario dell’Argentina e molto simile alla fisarmonica, che di solito viene associato a certi tipi di tango e che si può sentire su ‘Lost & Damned’. Abbiamo dunque sperimentato con la nostra musica provando diverse soluzioni, come del resto abbiamo sempre fatto anche in passato, perché è sicuramente qualcosa che ci stimola e ci rende il lavoro più interessante.”

Ci sono anche parecchi ospiti sull’album…
“Sì, in particolare posso ricordare la presenza di Ian Parry, che ha partecipato recitando la parte narrata nell’interludio ‘Dawn’, per la quale volevamo a tutti i costi un autentico accento britannico e quindi Ian ci è sembrato subito la persona più adatta! Poi c’è Luca Turilli che ha suonato un assolo di chitarra su ‘Descent Of The Archangel”: mentre stavamo lavorando su ‘Epica’, Luca era nel nostro stesso studio a Wolfsburg intento a registrare il suo album solista, così avevamo l’occasione di vederci e di parlare praticamente tutti i giorni e quando gli ho chiesto di fare un assolo per noi ha subito accettato. Un’altra presenza importante è stata quella di Mari, una cantante lirica americana che ci ha aiutati in diverse canzoni, dando loro un tocco di classe.”

Avete mai pensato alla possibilità di servirvi di un’orchestra?
“Sarebbe senza dubbio una soluzione nuova e affascinante per noi, ma sinceramente non abbiamo mai preso in seria considerazione questa ipotesi. In ogni caso, sia su ‘Epica’ che su ‘Karma’ abbiamo utilizzato una sezione d’archi per dare un’atmosfera particolare a certe canzoni e per bilanciare l’aggressività delle chitarre.”

Facendo un passo indietro, il vostro quarto album “The Fourth Legacy” mi era sembrato il primo, concreto passo dei Kamelot verso la definizione di una propria identità musicale, e sia “Karma” che lo stesso “Epica” parrebbero confermare questa impressione. Che ne pensi?
“Sono assolutamente d’accordo con te, infatti ritengo che ‘The Fourth Legacy’ abbia rappresentato per noi l’inizio di una nuova era: avevamo due nuovi membri nella band, uno dei quali, Khan, è anche diventato co-autore di tutti i nostri brani, quindi non avrebbe avuto senso proseguire nella stessa direzione dei nostri esordi. Inoltre da quel disco in poi abbiamo cambiato il nostro metodo di produzione, il che ha naturalmente influito molto sul risultato finale. Per questo considero ‘The Fourth Legacy’ come uno dei nostri lavori più importanti, un punto dal quale abbiamo saputo evolverci costantemente. Sono davvero ottimista per il futuro, da un po’ di tempo a questa parte possiamo dire di avere sviluppato un nostro sound personale e questo ci rende orgogliosi, anche perché non sono molti i gruppi che possono affermare la stessa cosa.”

Quanto hanno influito, nella vostra evoluzione musicale, la presenza di un cantante validissimo come Roy Khan e l’ormai costante apporto dei produttori Sascha Paeth e Miro?
“Dopo tre album consecutivi registrati insieme a Sascha e Miro, oggi riusciamo a lavorare molto facilmente perché ognuno di noi conosce bene le esigenze e le tecniche degli altri. Quello che ci ha convinti fin dall’inizio della bontà del loro lavoro è il fatto che hanno dimostrato di capire immediatamente quale fosse il tipo di sound più adatto alla musica dei Kamelot: il suono che abbiamo ottenuto su ‘The Fourth Legacy’ è esattamente quello che stavamo cercando da tempo ed è stato merito loro se siamo riusciti anche a mantenere la nostra personalità come band. Per noi era fondamentale migliorare dal punto di vista della produzione e dare ad ogni canzone la giusta atmosfera, ma senza snaturare il nostro stile. In questo, Sascha e Miro ci hanno aiutati moltissimo perché sono riusciti tirare fuori il meglio di noi senza farsi condizionare dalle loro precedenti esperienze, e infatti i nostri album suonano in maniera diversa da quelli delle altre bands da loro prodotte. Per quanto riguarda Khan, invece, ti posso dire che la sua voce è senza dubbio la più adatta al nostro attuale sound. Siamo entrambi dei grandi estimatori dei Queensryche e anche se penso che lui abbia uno stile del tutto personale, è innegabile che Geoff Tate rappresenti una delle sue influenze. Questo ha ovviamente influito sull’evoluzione musicale dei Kamelot ed oggi sento di essere veramente contento dei nostri lavori attuali; rimango comunque fiero dei nostri primi due album, sia chiaro, ma al contrario di quando li abbiamo realizzati, ora posso dire di essere soddisfatto al 100% della band e del livello che abbiamo raggiunto. Considero Khan come uno dei migliori cantanti in campo metal e penso che soprattutto su ‘Epica’ si possano apprezzare tutte le diverse sfumature del suo stile.”

Qual è l’album che fino ad ora vi ha dato più soddisfazioni dal punto di vista delle vendite?
”Ogni nostro disco è riuscito a superare le vendite del precedente, cosa che ci fa piacere perché significa che la nostra graduale evoluzione è apprezzata anche dal pubblico. Al momento, quindi, il più venduto è ‘Karma’, anche se possiamo già dire che ‘Epica’, pur non essendo ancora uscito, farà ancora meglio: questo perché, basandosi sugli ordini dei distributori e dei negozi, la casa discografica ha già distribuito più copie di quanto non ne abbia vendute ‘Karma’! Ovviamente ne siamo felici, stiamo vedendo i frutti di tanto lavoro e tutto ciò si tradurrà in un vantaggio per i nostri fans, poiché dei buoni dati di vendita dell’album ci permetteranno di avere maggiori possibilità di suonare dal vivo e di allestire uno show sempre migliore. Tutti gli sforzi che facciamo, alla fine, hanno come scopo finale quello di suonare il più possibile dal vivo, perché per noi la vera essenza della musica è nei concerti.”

Le tastiere hanno un ruolo importante nel vostro sound, eppure la vostra formazione ufficiale negli ultimi anni ha escluso un tastierista di ruolo. Perché?
”Vedi, in effetti noi ormai consideriamo Miro come il nostro tastierista fisso, non conosciamo un altro musicista in grado di svolgere un lavoro migliore del suo, ma il problema è che lui non ha mai avuto nessuna intenzione di seguirci in tour e quindi la nostra collaborazione si limita alle registrazioni in studio. Per quanto riguarda le composizioni siamo in grado di cavarcela anche da soli poiché sia io che Khan componiamo abitualmente utilizzando le tastiere, per poi sviluppare le idee insieme a Miro. A questo punto, non avrebbe senso assumere un tastierista ufficiale solo per suonare dal vivo. Per questo abbiamo deciso di mantenere la formazione a quattro, che ci da la libertà di poter scegliere di volta in volta un buon musicista per accompagnarci dal vivo, mentre per il lavoro in studio continueremo ad affidarci a Miro. Suonare con dei session men durante i tour, inoltre, ci rende più semplice l’organizzazione delle date, poiché dobbiamo preoccuparci solo delle esigenze di quattro persone invece di cinque: se per caso il tastierista a cui ci siamo rivolti non potesse o non volesse seguirci dal vivo, abbiamo comunque la libertà di chiamarne un altro.”

Secondo te, qual è la canzone che più delle altre rappresenta i Kamelot?
”Tralasciando i brani di ‘Epica’, direi che ‘Nights Of Arabia’ potrebbe essere un buon esempio del nostro stile, è una delle canzoni più complete che abbiamo mai realizzato e mostra tutti gli elementi del nostro sound, oltre ad influenze normalmente estranee al mondo metal con cui spesso ci piace sperimentare. Sì, direi che quello sarebbe uno dei brani più indicati per iniziare a farsi un’idea della musica dei Kamelot.”

Come vi state organizzando per il tour?
”Al momento stiamo definendo ancora le date, comunque penso che saremo da voi in Europa verso marzo o aprile. Ti confesso che mi piacerebbe poter ripetere l’esperienza di due anni fa al Gods Of Metal in Italia, ci siamo molto divertiti quel giorno! Era la nostra prima esperienza in un festival di quel genere e per questo la nostra posizione in scaletta era un po’ sacrificata, ma sinceramente non è stato affatto un problema, anzi, abbiamo avuto un buon riscontro e siamo stati decisamente soddisfatti.”

Intervista a cura di Michele 'Freeagle' Marando

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