BLIND GUARDIAN (Hansi Kursch e André Olbrich)

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Se una band è geniale può fare tutto, per tutti gli altri il discorso non si pone! Così credo che l’unico modo di uscire da questa benedetta crisi creativa che da qualche anno a questa parte sembra affliggere l’heavy metal sia quello di fare in modo di moltiplicare le occasioni per fare emergere realtà come i Blind Guardian, capaci fin ora di spingersi là dove nessuno si era mai spinto prima. Uno dei pochi gruppi ancora capace di inventare, questo è quello i quattro di Krefeld (oggi orfani del batterista Thomen Stauch) sono da quindici anni a questa parte! Ho già detto tutto quello che dovevo dire su “A twist in the myth” nello studio report che trovate nell’apposita sezione, per cui eviterò saggiamente di ripetermi. Qui di seguito è riportato il resoconto completo della conferenza stampa che Hansi Kursch e André Olbrich hanno tenuto al Jungle Sound di Milano subito dopo il preascolto del nuovo disco. Due persone davvero squisite, gentili e posate, assolutamente lontane da un atteggiamento altezzoso e scostante che pure potremmo anche perdonargli, visto tutto quello che hanno dato alla nostra musica preferita…

“A night at the opera” aveva deluso molta gente, che lo aveva considerato troppo complesso per essere un vero disco metal. A mio parere invece quello è stato un notevole passo avanti nell’evoluzione del vostro sound, nel senso che vi siete confermati come una delle poche bands (forse l’unica), che è sempre andata avanti nel suo cammino artistico, senza mai proporre cose già fatte. Dal primo ascolto che abbiamo avuto del vostro nuovo album, pare proprio che questa impressione debba essere confermata: che cosa ne dite?

(Hansi): Le lamentele riguardo “A night…” sono state fatte da una minoranza, anche se certamente rumorosa. In genere coloro che criticano fanno sempre più rumore degli altri! In realtà abbiamo ricevuto anche molte recensioni positive. Certo, ad alcuni non è piaciuto, ma molti altri l’hanno apprezzato e considerano pezzi come “And then there was silence”, “Battlefields” o Punishment divine” tra le migliori cose che i Blind Guardian abbiano mai scritto. Ci siamo spinti forse un po’ troppo oltre in termini di complessità su quell’album, che ha rappresentato veramente una sfida, non solo per noi ma anche per l’ascoltatore, poiché era necessario concentrarsi a dovere per poterlo cogliere nei suoi aspetti fondamentali. Nonostante tutto, penso che fosse necessario realizzare un disco del genere per essere in grado di staccarci da “Nightfall in Middle Earth”. Quel lavoro ha rappresentato dal mio punto di vista un disco perfetto, ma avevamo bisogno di realizzare qualcosa di completamente diverso. E certamente “A night at the opera” non rappresenta un punto di arrivo: abbiamo introdotto diversi elementi nuovi nel songwriting, ma dall’altra parte abbiamo avuto la sensazione di avere commesso alcuni errori per quanto riguarda il livello dei singoli strumenti e delle voci: abbiamo tenuto infatti tutto sullo stesso piano per cui per il nuovo album abbiamo deciso sin dall’inizio che le vocals, le lead vocals in particolare, avrebbero avuto il ruolo principale. E’ stata la prima cosa che abbiamo deciso, prima ancora di metterci a lavorare, e infatti abbiamo scritto tutte i nuovi pezzi cercando di andare in questa direzione. Dal mio punto di vista, ciò che abbiamo cercato di fare è stato quello di portare tutta la qualità dei precedenti dischi, aggiungendo anche una serie di elementi nuovi. Questo è quello che vogliamo fare: introdurre sempre cose nuove, esplorare nuovi orizzonti, non ci piace copiare noi stessi all’infinito. Sul disco ci sono alcune cose che non abbiamo mai provato prima, ma nello stesso tempo, esse si inseriscono perfettamente nel nostro trademark sonoro.

(André): Abbiamo avuto la sensazione che “And then there was silence” avesse rappresentato il massimo che potessimo fare dal punto di vista epico. Abbiamo voluto quindi cambiare il concept, perché ci sembrava di aver composto troppe epic songs fino a quel momento. Abbiamo cercato di ritornare alle nostre radici, di comporre canzoni più dirette, abbiamo ridotto le orchestrazioni di chitarra, i cori. Il risultato è stato che siamo venuti fuori con pezzi più essenziali, con chitarra, basso, batteria e voce.

Avete mai pensato al fatto che, album dopo album, siete diventati parte della vita di altre persone? Che ci sono molti che sono cresciuti con la vostra musica e che vi considerano più del loro grupo preferito? Cosa pensate di questo? E’ una cosa che vi viene in mente e che vi influenza nel momento di scrivere nuova musica?

(Hansi): Sì, ce ne siamo accorti ed è assolutamente un grande onore per noi, anche se davvero sorprendente da un certo punto di vista! La funzione principale dell’artista è quella di colpire, toccare la gente, fargli provare delle sensazioni, per cui se riesci a far questo, beh, credo che sia la miglior prova del fatto che quello che stai facendo va bene! E se molte persone sono cresciute con noi, hanno compiuto con noi i nostri stessi passi, credo che sia la prova principale del fatto che non abbiamo mai rinnegato noi stessi.

(André): Abbiamo sempre cercato di scrivere canzoni con l’idea di far provare delle sensazioni, di trasportare anche chi ascolta nelle atmosfere che intendiamo creare. Pensiamo sempre al fatto che molte persone, ascoltando le nostre canzoni, possano provare le stesse emozioni che noi proviamo a suonarle, ed è una sensazione davvero meravigliosa!

(Hansi): Parlando del nuovo album, penso che “Fly” sia la canzone migliore per descrivere quello che André ha appena detto: sono stato ispirato da certe cose per scrivere questo pezzo, e adesso ho la possibilità di ispirare altre persone con essa. E credo che alla fine sia questa la ragione per cui uno fa musica…

Rimaniamo sul singolo: perché hai scelto di ispirarti a Peter Pan per la scrittura del testo?

(Hansi): Perché ho pensato che fosse adatto. Stavo cercando qualcosa di positivo, e quello mi è sembrato appropriato… la figura di Peter Pan mi interessa anche perché c’è un non so che di anarchico in essa, e anche la canzone, se la ascolti bene, è piuttosto “individualista”, è una sorta di ribellione perché non rappresenta certo quello che la gente si sarebbe aspettata che facessimo, soprattutto che diventasse un singolo, perché è molto diversa da altre canzoni presenti sull’album. Rappresenta una dichiarazione di intenti, non solo come testi, ma soprattutto come musica. Sul disco c’è anche una versione “triste” di “Fly”: si chiama “Dead sound of misery”, è una bonus track. Ho trovato molto stimolante lavorare su due poli completamente opposti, il lato luminoso e quello più oscuro, quasi apocalittico della stessa canzone…

Ci sono altre canzoni che sono state ispirate da fonti letterarie?

(Hansi): Sì, ad esempio “This will never end” parla di (e qui mi spiace ma non ho proprio capito che cosa ha citato, molto probabilmente è qualcosa che non mai letto!) Si tratta di un libro non molto famoso, racconta la storia di questo pittore francese Gustav Thorez che incontra la morte in uno dei suoi sogni, e la Morte gli dice che sta per morire, e lui tenta di trovare una via d’uscita… è una storia molto contorta, ed è da qui che sono venuto fuori con l’idea di chiamare il disco “A twist in the myth”, perché se ti accosti alle storie che raccontiamo, ti accorgi che tutto inizia a prendere una direzione diversa da quella con cui eri partito: uno pensa di conoscere la storia a cui ci ispiriamo, ma poi leggendo i testi, ascoltando la musica, le cose cambiano, e potresti uscire con delle conclusioni completamente diverse rispetto all’inizio…

Hansi, la cosa che mi ha sempre impressionato di più nel tuo modo di scrivere i testi è che riesci sempre a scrivere cose di grande valore, pur utilizzando temi comunque classici e usuali: come ci riesci?

(Hansi): E’ una cosa a cui arrivi a poco a poco: quando ho iniziato cercavo a tutti i costi di essere complicato, di scrivere roba sofisticata, ma è stato un fallimento. La verità è che ero troppo vicino alla storia di cui volevo parlare, poi a un certo punto ho iniziato a leggere i poemi ed è stata una rivelazione per come essi riescono a spiegare cose difficili con poche parole forti ma nello stesso tempo anche semplici, per cui ho cercato di portare questa influenza all’interno della mia scrittura. E’ stato comunque un processo lungo, arrivare fino a qui.

In che misura il nuovo batterista ha influenzato i brani dell’album?

(Hansi): E molto difficile da dire, perché quando è entrato nel gruppo gran parte del materiale era già stato composto. Io e André avevamo programmato e registrato le parti di batteria, le abbiamo portate e lui le ha potenziate. E’ venuto in studio subito dopo essere stato preso, ha ascoltato le cose che avevamo fatto e ha espresso il suo parere, ha dato i suoi suggerimenti. Diciamo che ha importato uno stile più moderno, ma nello stesso tempo legato a quello dei Guardian, che è alla fine la ragione per cui l’abbiamo preso come batterista. Frederik è molto progressive, ma ha anche molto dell’attitudine di Thomen, che era una cosa che volevamo assolutamente mantenere all’interno della band. Diciamo che il maggior contributo apportato da lui al disco sono state le percussioni, il flauto e la cornamusa, che ha avuto lui l’idea di utilizzare e che ha suonato di persona: probabilmente avete riconosciuto la cornamusa in “Carry the blessed home”, lui ha scritto e suonato quelle parti.

E quanto forte sarà la sua influenza sui vecchi pezzi?

(André): L’abbiamo sentito nelle prove, e ti assicuro che ne mantiene intatto tutto il feeling originario! Certo, alcune cose sono differenti da Thomen, ma in generale è molto simile a lui, e credo che non ti renderai neanche conto che è un altro a suonare! D’altronde è da sempre un fan dei Blind Guardian, per cui al momento di entrare nella band era già in assoluta familiarità col nostro repertorio, un’altra ragione per cui l’abbiamo scelto! Si è presentato suonando “Time stands still”, “And then there was silence” e “Journey through the dark”, e guardandolo e sentendolo suonare, soprattutto sentendolo, sembrava veramente che Thomen fosse lì!

A questo punto la domanda è d’obbligo: cosa ne pensate del progetto Savage Circus?

(Hansi): Thomen aveva iniziato a lavorarci prima di lasciare la band, per cui non ha nulla a che vedere con la sua dipartita. Se dobbiamo essere onesti, non è ce ne siamo interessati più di tanto: abbiamo ascoltato soltanto un paio di demo, ben fatte per carità, ma nulla di veramente eclatante…

Molta gente l’ha ascoltato e ha detto che suonava proprio come i Blind Guardian…

(André): Se una band vuole avere successo e continuare a proporre la propria musica per un lungo periodo di tempo, deve cercare di essere originale, deve cercare di comunicare le proprie idee.
Detto questo, non sta a noi giudicare il suo prodotto…

Siete l’unica band che realmente sta andando oltre album dopo album, evolvendo la propria musica in maniera coerente e spingendosi addirittura al di là del concetto stesso di heavy metal. Credo però che siate una positiva eccezione: al momento non vedo un futuro roseo per questo genere musicale, che sembra bloccato da una persistente e preoccupante crisi creativa. Che cosa ne pensate?

(Hansi): Siamo fans anche noi, ma devo ammettere che molte bands non sono per nulla innovative, continuano ad usare i soliti trademarks sonori degli anni ottanta e li portano avanti album dopo album senza mai cambiare. Per quanto ci riguarda, crediamo che non ci sia nulla di nuovo nell’assimilare nella propria musica varie influenze, anche che con l’heavy metal non c’entrano nulla, a condizione però che si riesca a farle rientrare in questo genere. Credo che in definitiva sia questo il segreto del songwriting! Da questo punto di vista per ora ci è sempre andata bene! Sai, tra gli ascoltatori si discute sempre su cosa sia progressive, che cosa speed, e altre cose, ma credo che questo alla fine porti fuori, confonda. Se vuoi mettere cose celtiche, oppure più progressive, come abbiamo fatto noi in “Fly” o “Another stranger in me”, non importa, perché comunque quello che fai è sempre heavy metal. Bisogna essere in grado di continuare a introdurre nella propria musica nuovi elementi senza rinnegare se stessi e soprattutto rendendoli adatti alla propria proposta musicale.

(André): E poi ricordiamoci che tutto cambia, tutto si evolve, e dopo cinque anni non puoi certo pretendere di essere come prima e di fare le stesse cose! Hai bisogno di andare avanti, di guardarti attorno e di capire che cosa sta succedendo, perché anche i tuoi gusti e le tue sensazioni cambiano col tempo, e con questo cambierà per forza di cose anche la musica che suoni. Se vuoi cercare di essere autentico devi cercare di esprimere esattamente quello che sei in questo momento, di rendere il tuoi sound moderno, al passo con l’epoca in cui vivi. Se hai come unico obiettivo quello di far sì che il tuo suono assomigli a quello degli anni Ottanta, beh, sei davvero fuori strada…

(Hansi): Io credo che i fans vogliano che noi facciamo così. Non penso proprio che vogliano vederci fare un’altra volta “Imaginations from the other side”: certo, è probabilmente il nostro miglior album di sempre, ma se lo rifacessimo avremmo fatto una perfetta copia di noi stessi, sarebbe totalmente sbagliato (bravo, adesso vallo a dire a tutti quelli che hanno salutato i Savage Circus come il gruppo che i Blind Guardian avrebbero sempre dovuto essere… Graz, ovviamente senza rancore!)… questo non vuol dire che non incorporiamo mai vecchi elementi nei nuovi dischi: tutto ciò che è Blind Guardian può essere usato senza problemi! Semplicemente, come ho detto, esso viene rivisitato e rielaborato alla luce di quello che siamo in quel preciso momento.

Avete mai sentito pressioni facendo il vostro lavoro? Paura di non soddisfare pienamente le aspettative della gente?

(Hansi): No, non abbiamo mai cercato di essere “fashion”, anche se poi in qualche modo questo è successo. In realtà occorre avere una grande apertura mentale e concentrazione per apprezzare appieno quello che proponiamo, non è certo musica per tutti! Di conseguenza non abbiamo mai cercato di essere una band da milioni di dischi venduti… abbiamo sempre cercato di essere noi stessi e di non ascoltare troppo quello che altre persone dicevano sul nostro conto perché nel momento in cui cerchi di replicare a quello che altre persone dicono, alle loro lamentele, hai già perso in partenza! Abbiamo sempre avuto un certo stile di composizione, e abbiamo sempre avuto bisogno di molto tempo per realizzare un nuovo album, e non abbiamo mai sentito pressioni per questo, ci siamo presi sempre tutto il tempo che occorreva…

(André): Di solito, ogni volta che chiudiamo un mix siamo sempre molto soddisfatti di quanto abbiamo fatto, non abbiamo mai rimpianti alla fine di un lavoro!

So che registrerete un album orchestrale in futuro… ce ne potete parlare?

(Hansi): Si tratta probabilmente della cosa più ambiziosa che abbiamo composto sinora, ma non è ancora finito. E’ musica dei Blind Guardian suonata assieme all’orchestra, ma è qualcosa che abbiamo scritto esclusivamente per essere suonato con essa. Le vocals sono impostate maggiormente nello stile operistico, ecc.
Comunque ci stiamo ancora lavorando, credo che avremo bisogno di altri diciotto mesi prima di completarlo definitivamente. Il songwriting è quasi completo, siamo circa al 90% del lavoro. Penso che si possa richiamare a un disco come “Nightfall in Middle Earth”, perché ne recupera sia l’aspetto orchestrale che quello celtico del suono, anche se le nuove canzoni non sono così pesanti.

(André): E’ un qualcosa che ti trasporterà completamente nel mondo di Tolkien, è musica totalmente basata sul fantasy, è roba davvero fantastica, la migliore che abbiamo mai scritto…

(Hansi): Ed è otto anni che ci lavoriamo…

Avete appena cambiato casa discografica: quali sono gli aspetti che vi hanno portato a prendere questa decisione? E’ stato difficile dopo tutti questi anni alla Virgin?

(Hansi): E’ accaduto a causa dei problemi che abbiamo avuto con il dvd. Non volevamo certo andare sotto un’altra major, per cui abbiamo sentito un po’ tutte le più grosse label indipendenti e alla fine abbiamo deciso di accasarci con la Nuclear Blast. E’ stata la scelta migliore, sono molto ambiziosi, totalmente devoti all’heavy metal e sembra che capiscano esattamente quello che vogliamo ottenere come artisti mediante la nostra musica: con loro dunque non è solo una questione di dischi venduti, ma anche di qualità.

Che cosa è accaduto esattamente con il dvd?

(Hansi): Oh, semplicemente che il giorno che avevamo schedulato per l’uscita, e che di solito per una band heavy metal rappresenta il punto più alto di guadagno, il prodotto non era nei negozi! Hanno avuto alcuni problemi di fabbricazione, ma la cosa grave è che non sono riusciti a reagire in tempo per trovare una soluzione e soprattutto ad avvisare il pubblico del ritardo! Ok, è accaduto per un disco live, per cui era una cosa che potevamo tutto sommato accettare, ma se la cosa fosse capitata per un nuovo disco, su cui investi anni della tua vita e molti dei tuoi soldi… così gli abbiamo detto che desideravamo interrompere la collaborazione perché non avremmo tollerato che un altro incidente come questo si verificasse di nuovo, e loro ci hanno risposto che eravamo liberi di andarcene!

(André): Quella del dvd non è stata l’unica cosa, ci sono stati anche altri aspetti del loro lavoro che non ci hanno soddisfatto per nulla. Metti insieme tutto e ottieni una motivazione abbastanza grossa per andarsene.

Vi siete preoccupati della resa dal vivo di questo canzoni mentre le componevate?

(Hansi): No, è una cosa che facevamo ai tempi di “Tales from the twilight world” e “Somewhere far beyond”, ma che ora non facciamo più, anche perché con “A night at the opera” ci siamo spinti decisamente oltre! Comunque, per quello che ti dicevo prima sul fatto di esserci concentrati nella scrittura di brani più semplici e diretti, credo di poter affermare a ragion veduta che almeno il 70% dei nuovi brani non sarà difficile da portare on stage. Credo che riusciremo a fare almeno cinque canzoni del nuovo album nel prossimo tour…

(André): Sono d’accordo con Hansi, le nuove canzoni sono molto più essenziali, saranno piuttosto semplici da suonare dal vivo! Ci abbiamo già provato con “Fly”, che forse è quella più difficile in questo senso, ed è andata alla grande, suonava in una maniera splendida e ai fans è piaciuta un casino! L’abbiamo fatta ad Istanbul e a Mosca ed è stata la prima volta in cui abbiamo proposto una canzone in anteprima provocando il pieno coinvolgimento del pubblico: quando abbiamo fatto per la prima volta “Imaginations” o “Nightfall” la gente era molto più calma, invece adesso erano tutti scatenati, questo ci ha fatto ovviamente molto piacere!

Avete intenzione di fare un’altra edizione del Blind Guardian Open Air?

(Hansi): Sì, ma è una cosa per cui abbiamo bisogno di un bel po’ di tempo! Non è una cosa usuale per una band essere impegnata in prima persona anche con l’aspetto manageriale di questo lavoro. Abbiamo già lavorato alla prima edizione e sappiamo benissimo che tipo di lavoro c’è dietro una cosa del genere! Avremo dunque bisogno di qualcosa di veramente speciale per venire fuori con una seconda edizione, e allora credo che l’uscita del disco con l’orchestra possa rappresentare l’occasione adeguata: permetterà di portare sul palco almeno per una volta quel lavoro per intero…

Al di fuori di libri e film, quali sono le altre tue fonti di ispirazione per la scrittura dei testi?

(Hansi): La vita di tutti i giorni! L’ispirazione è un qualcosa di veramente molto difficile da spiegare, talvolta anche mio figlio mi ispira, ma questo non vuol dire che scrivo una canzone su di lui, è semplicemente un certo modo di pensare, certe cose che ti vengono in mente una volta che sei padre… a volte sono piccole cose, come per un pezzo che ho scritto coi Demons and Wizards, maturato dopo che avevo incontrato al supermarket una persona che non vedevo da molto tempo. Aveva un bambino con lui, e mi ha chiesto se avrei scritto una canzone su quel nostro incontro, e alla fine l’ho fatto davvero!

Avete mai pensato di registrare un album acustico?

(André): Ci abbiamo pensato nel 1998, quando abbiamo fatto un tour acustico in Sud America, ma poi abbiamo realizzato che forse non era proprio il momento adatto, visto che molte band stavano uscendo con prodotti di questo tipo…

(Hansi): Se mai lo dovessimo fare, sarà una cosa simile al disco con l’orchestra, vale a dire che tutta la musica sarà composta esclusivamente per essere suonata con strumenti acustici.

André, quali sono le tue principali influenze come chitarrista? Non mi sembra di avertene mai sentito parlare più di tanto…

(André): Non ho mai pensato di essere stato influenzato più di tanto da altri chitarristi: quando suono tendo a concentrarmi sulla musica dei Blind Guardian e basta. Certo, quando ho iniziato a suonare heavy metal, il primo chitarrista che mi ha impressionato veramente tanto è stato Michael Schenker, poi Eddie Van Halen, Brian May, Ritchie Blackmore… era l’inizio degli anni ottanta, dopo è venuta gente come Marty Friedman, Steve Vai… tutti i nomi che ho fatto adesso hanno stili completamente differenti l’uno dall’altro, per cui capirai come sia difficile per me dire chi mi abbia influenzato di più e in che modo. Sicuramente sono tutti musicisti meravigliosi!

Suoni con un’accordatura standard o sei più basso?

(André): No, sono un semitono sotto

Ci sarà un altro singolo dopo “Fly”?

(Hansi): Sì, sarà “Another stranger in me”. L’abbiamo scelta perché è una traccia molto diretta, molto rock, crediamo che funzionerà molto bene come singolo. Il testo è molto diverso da quello di “Fly”: parla di questo tizio schizofrenico che a un certo punto realizza che ci sono degli occhi dentro di lui, e allora cerca di eliminarli, di metterli a tacere, ma non è una cosa così semplice perché essi sono sempre vigili e violenti… è un tema molto interessante, penso che dovremmo riuscire a tirarne fuori anche un buon video. Inoltre inseriremo un’altra cover, “Dream a little dream of me” un pezzo della fine degli anni sessanta di un gruppo che si chiama “The Mamas and the Papas”, una bonus track per il mercato giapponese, e qualcos’altro tipo alcune tracce demo…

Per una volta tanto pregherò che l’estate passi in fretta… o per lo meno che il promo definitivo del disco mi venga recapitato in tempo da portarmelo sotto l’ombrellone…

Intervista a cura di Luca Franceschini

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