HoneyBombs: Boys just want to have fun?

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Gruppo:HoneyBombs

I capitolini HoneyBombs sono sicuramente un gruppo attrezzato per raccogliere il testimone di scelleratezza e vizio della Los Angeles anni ’80, aggiungendo a quell’irriverente eredità sonora una carica e un’energia che, pur senza inventare nulla, li rende freschi e credibili interpreti dello street-metal contemporaneo. “Wet Girls and Other Funny Tales”, il loro debutto, è un lavoro per certi versi “imperfetto”, fatto principalmente per divertirsi, ma sebbene sia intriso di una forma d’ironia sbeffeggiante a volte un po’ naif, tra i suoi solchi emerge al tempo stesso una certa “maturità” artistica, la stessa che traspare dalle parole di una band dalle idee molto chiare e concrete, di cui, ne sono certo, sentiremo ancora parlare.

Buongiorno ragazzi, e benvenuti su Metal.it! Innanzi tutto, presentatevi al nostro glorioso popolo di lettori!
Ciao Marco e ciao a tutti, noi siamo gli HoneyBombs da Roma, siamo una band attiva dal 2012, facciamo un allegro e spensierato sleaze rock molto influenzato dal metal, diciamo che il nostro è un genere a metà tra l’hard rock e il metal. Finalmente dopo vari cambi di formazione siamo giunti a quella odierna che ci sembra essere quella più compatta e preparata di sempre.
Ci presentiamo, siamo: Andrew Skid alla voce, Alex Rotten alla chitarra ritmica e seconda voce, Helias Marson alla chitarra solista e cori, Luke Vanilla al basso e cori e infine Fabulous Fab alla batteria.

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Wet Girls and Other Funny Tales”, il vostro contagioso album d’esordio, è in “giro” già da qualche mese … soddisfatti di com’è stato accolto finora da pubblico e critica?
Prima di tutto siamo molto soddisfatti del lavoro di promozione della nostra label, Spider Rock Promotion, grazie alla quale siamo arrivati alle "orecchie" degli addetti ai lavori: la critica è stata obiettiva, secondo noi. Siamo coscienti che è un album ben composto e ben prodotto. Alcune recensioni sono state entusiastiche, altre meno, ma mai c’è stata bocciatura, per cui sappiamo che il messaggio che volevamo trasmettere è stato ben recepito, alle volte approvato, altre meno.
Ora sappiamo dove andare a modificare per realizzare un secondo album migliore (in realtà già lo sapevamo). Per quanto riguarda il pubblico … beh, pubblico è un parolone, comunque chi ci segue lo fa sempre con più passione perché sta seguendo con vivo interesse, giorno dopo giorno, l’evoluzione che questo progetto sta subendo.
Personalmente ho trovato i vostri testi, seppur ironici e simpatici, un po’ “infantili”, mentre ho riscontrato una rilevante “maturità” nelle costruzioni armoniche, trascinanti, adescanti, “ruffiane” a volte, e tuttavia mai leziose e banali. Raccontateci “tutto” su com’è nato il disco su chi si è occupato della stesura dei pezzi, quanto tempo avete impiegato per la loro realizzazione e qual è il modus operandi che utilizzate durante la fase di composizione …
Questo è un album che raccoglie brani composti in diversi anni, e in parte questa cosa è percepibile, anche se abbiamo fatto un buon lavoro di produzione e arrangiamento per minimizzare quest’aspetto. Alex Rotten, che è l’unico membro della band fin dagli esordi, ha scritto praticamente da solo i brani più datati, mentre gli ultimi sono stati composti dalla band, lavorando tutti insieme e questo in realtà si sente, perché i pezzi più recenti sono anche più ricercati e leggermente più complessi. E quest’aspetto lo vorremmo approfondire maggiormente nel nuovo cd (senza diventare una prog metal band s’intende!).
Per quanto riguarda i testi quando abbiamo iniziato a scrivere i primi brani volevamo realizzare una sorta di concept raccontando le gesta di un tale personaggio (Johnny, che è il protagonista di una canzone) e le sue esperienze di vita on the road … in realtà alla fine abbiamo praticamente scritto di esperienze personali.
Il concept vero e proprio non c’è più ma un filo conduttore esiste tra i vari brani ed è il nostro modo di vedere i rapporti tra le persone.

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Approfondendo la questione delle liriche dell’albo, qual è … ehm … il “messaggio” profondo che volete diffondere al mondo (ho fatto anche la rima :) ...)?
Ottima rima, magari per il prossimo ti chiediamo una consulenza :)!
Il linguaggio che abbiamo voluto adottare, diciamo infantile, ci è servito per “smitizzare” certi processi sociali, per riportare il discorso, qualsiasi esso sia, a un concetto meno aulico, più “terreno”, per farla breve: se sei una tipa che fa pompini con disinvoltura, non c’è bisogno di scomodare il passato e qualche problema di difficoltà nei rapporti sociali … magari sei solo una a cui piace fare pompini.
Il concetto è questo, vogliamo che gli HoneyBombs siano considerati una party rock band, una band per svagarsi, una band che faccia divertire e se proprio vuoi e devi fare dei ragionamenti, beh falli su temi per cui vale veramente la pena arrovellarsi il cervello.
Comunque abbiamo già deciso che il prossimo album affronterà temi più “seri”, mantenendo sempre una chiave ironica dal punto di vista linguistico. Ironia che è insita nel progetto e nel genere che proponiamo.
Anche la copertina del Cd è abbastanza “particolare” e suppongo abbia “diviso” gli ascoltatori … ce ne volete parlare?
Effettivamente c’è chi l’ha odiata e chi l’ha trovata divertente.
La ragazza che si è prestata è molto simpatica e ironica, si chiama Emanuela Petroni ed è molto attiva nell’organizzazione di eventi rock a Roma. L’idea è sempre quella: smitizzare certi stereotipi. Un po’ stile Steel Panther, magari più “de noantri”, all’italiana se vogliamo. È un modo per dire: hey! Siamo tutti uguali con necessità, sogni, paure, insicurezze, passioni, segreti, etc. simili. Viviamo in un mondo dove ci sentiamo un po’ tutti sotto pressione, sotto osservazione, abbiamo cercato un modo per dire che forse bisogna calmarsi un po’ e ritrovare i veri motivi per cui valga davvero la pena impegnarsi, studiare, preoccuparsi … è un po’ il nostro Keep Calm.

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Visto il vostro approccio espressivo, immagino crediate fermamente che il rock n’ roll non abbia ancora perso, nonostante i tanti anni di “onorato servizio”, il suo ruolo trasgressivo e ricreativo … qual è, secondo voi, il “segreto” di longevità del Grande Vecchio?
Il Rock n’ Roll è anch’esso un linguaggio espressivo, una cosa che pensiamo non ci venga male … è quello che accomuna noi dei ‘Bombs.
I giovani di oggi non crediamo siano poi così attratti dal RnR, così come dall’heavy in generale.
Il vero motivo per cui il Rock n’ Roll non è ancora defunto è che i trenta sono i nuovi venti e i quaranta i nuovi trenta … andiamo avanti a suon di revival e finché non moriranno (purtroppo non metaforicamente) tutti i grandi, l’Hard Rock ancora sopravvivrà, dopo di che … staremo a vedere.
Vi sentite più vicini allo sleaze-rock americano, a quello scandinavo o invece sentite di far poter contribuire a una “via” tutta italiana al genere, capace di distinguersi e farsi rispettare anche a livello internazionale?
Crediamo di essere a metà strada tra la scuola americana (adoriamo Skid Row, Guns, ecc. …) e quella svedese (gli Hardcore Superstar sono stati uno dei motivi per cui abbiamo formato la band) con un tocco di Maiden che ci portiamo dietro dall’infanzia. Non esiste una scena italiana, purtroppo. Qualche anno fa sembrava si potesse realizzare, c’erano tante band valide nell’underground, poi poco a poco molte hanno abbandonato. Peccato! Nella sola Roma sono sparite quasi tutte (sappiamo che Roma è la piazza peggiore d’Italia per questo genere).
A livello internazionale, come al solito, abbiamo tanta strada da fare, questo perché manca l’umiltà: è un discorso ormai vecchio, hai realizzato un album con un’etichetta e ti senti quello arrivato (un album per un’etichetta ormai lo può fare chiunque … addirittura fai quasi prima a fare direttamente un’etichetta). Per cui non sei arrivato, hai solo iniziato. Ci sono band svedesi giovanissime che ci fanno letteralmente il culo (pensiamo ad esempio ai Santa Cruz o ai Cruel Intentions, ex Vain of Jenna), questo perché con umiltà sono cresciute, stanno crescendo, e finalmente stanno ottenendo quel po’ di successo che meritano.
Nel disco avete incluso una trascrizione di “Maniac”, brano di Michael Sembello divenuto celebre grazie alla colonna sonora del film “Flashdance” … una scelta alquanto “rischiosa”, che per quanto mi riguarda avete gestito con grande disinvoltura … da cosa nasce questa decisione e ci sono altri brani ai quali siete particolarmente legati e che vi piacerebbe coverizzare nel prossimo futuro?
Cercavamo una canzone simbolo degli anni ‘80 che però non fosse stata coverizzata da big band, pena il probabile impietoso paragone. Effettivamente “Maniac” è stata oggetto di cover di varie band ma nessuna di altissimo livello per cui ci è sembrata una scelta fattibile, ne abbiamo valutate decine prima di arrivare a questa. Per il prossimo album forse ripeteremo la cosa ma in maniera diversa, ci stiamo ancora ragionando sopra.
Immagino che, come ogni rock band “stradaiola” che si rispetti, i live show rappresentino un’occasione importante per esprimere al meglio le vostre doti … quali sono le prospettive da questo punto di vista?
Effettivamente noi siamo una “stage band”, ci piace molto suonare dal vivo ed è la dimensione in cui ci troviamo meglio. Siamo già in giro da un bel po’ di tempo e di sicuro in questo 2018 organizzeremo qualcosa di molto interessante, abbiamo stabilizzato la formazione e ora siamo pronti per affrontare live di ogni tipo.

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E ora un “classico” intramontabile da intervista … quali sono i tre dischi che vi hanno cambiato la vita? E quali vi hanno particolarmente “impressionato” nei tempi recenti?
Solita domanda difficile, ognuno della band risponderebbe in maniera diversa, ti possiamo dire tre dischi che hanno influenzato il nostro modo di scrivere musica: Skid Row – Skid Row, Guns n’Roses – Appetite for Destruction, Hardcore Superstar – Hardcore Superstar… e tutti gli album dei Maiden fino a Fear of the Dark. Recentemente non sono uscite band mostruose, i già citati Santa Cruz e Cruel Intentions sono due gruppi molto interessanti.
Ok, siamo alla fine, grazie per la disponibilità e complimenti per il vostro lavoro … esortandovi a continuare così, a voi i saluti conclusivi!
Grazie Marco e Metal.it per quest’intervista. Soprattutto per band sconosciute come la nostra, avere queste opportunità aiuta a farsi conoscere. Grazie anche per la bella recensione, precisa e obiettiva. In questo 2018 saremo spesso in giro perché adoriamo suonare dal vivo, per cui organizzeremo varie date in giro per l’Italia e contemporaneamente scriveremo i brani per il seguito di questo “Wet Girls and Other Funny Tales” che ci sta regalando diverse soddisfazioni.
Un saluto a tutti e speriamo di vederci in qualche locale per una birra insieme … magari dopo che abbiamo suonato!
Intervista a cura di Marco Aimasso

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