Hands of Time: "Time To Think"

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Gli italiani Hands Of Time sono una rock band tricolore che si è costruita una solita reputazione live grazie a migliaia di chilometri macinati in Italia e negli State, vita di strada masticata e poi riversata in un rock di grande impatto ben fotografato dal loro ultimo lavoro 'Time To Think' che ampi consensi sta ottenendo un po' ovunque. Una band fuori dagli schemi eccellente in studio ma dalle forti radici live, dimensione che si addice a pieno a questo trio, atteso a novembre dalla prova del live di supporto a mr. Marilyn Manson in persona. Per saperne di più abbiamo interpellato la band al gran completo.

Personalmente trovo la vostra proposta sonora molto interessante grazie alla sua capacità di fare incontrare elementi di classico hard rock con elementi più freschi e decisamente personali. Qual'è la vostra visione della musica? Quali sono le vostre coordinate e i vostri punti di riferimento?
A questa domanda, solitamente, rispondiamo facendo spallucce: chi ci ascolta saprà descrivere e definire la nostra musica meglio di noi, di sicuro! Stilisticamente, è ovvio, siamo in costante divenire. Le esperienze personali, il nostro background musicale, e soprattutto, il continuo girare in qua e in la, ogni giorno portano un’idea nuova, un’ispirazione diversa da quella precedente. Ciò che possiamo dire è che prende forma dal rock, e si mescola a tutti i generi da cui abbiamo preso spunto. Mescolando l’Hard Rock dei primi passi con l’alternative, un po’ di electro-pop, la dance quella buona, con un pizzico di Stoner e Metal d’altri tempi, senza chiudere la porta in faccia all’industrial. Come vedi, di roba nel calderone ce ne abbiamo messa! Per fortuna, e anche grazie ad una produzione di livello, siamo riusciti a incanalare tutto in una sola direzione, che al momento non ha definizione precisa. Se poi insisti, puoi sempre chiamarla Alternative HardRock!
Siete reduci da un'esperienza negli USA. Qual'è la lezione più importante che avete imparato e quanto questa esperienza ha influenzato il vostro sound e il vostro modo di suonare?
Guarda, di lezioni importanti imparate ce ne sono tante. Dal sacrificio di dover vivere con 5 $ a testa al giorno per mangiare, al dormire in 3 per un mese e mezzo su un divano, alle grandi contraddizioni che caratterizzano gli USA. La consapevolezza di vivere in un paese, l’Italia, che ha tutto e che potrebbe dare tanto, ma che in realtà non fa niente di tutto questo. Ovviamente ci sono anche lati positivi. Gli USA ti mettono a disposizione ciò che cerchi. Se lo cogli e sei in grado di portarlo avanti farai tanta strada. Dal punto di vista musicale c’è solo da imparare. Loro sono molto aperti, puoi tranquillamente incontrare nei locali senza ingresso grandi artisti della scena internazionale suonare, e si divertono come matti Ovviamente tutti disponibili a scambiare quattro chiacchiere con te! Tutto ciò farà parte di noi e sarà sicuramente fonte di idee per i nostri lavori futuri. Riguardo il sound e il modo di suonare non credo ci possa influenzare più di tanto. A questo ci pensa già il nostro produttore artistico Andrea Mescolini (Bonsai Studio Produzioni) che con la sua genialità trova sempre il modo di sperimentare nuove sonorità!
Il "Part I" di Time To Think lascia pensare ad un progetto abbastanza ampio alla sua base. E' così? Potete parlarcene? Come è nato "Time To Think"?
Time To Think (part I) , il nostro terzo lavoro in studio e, ufficialmente, secondo disco (diviso in part 1 e part 2) rappresenta a livello personale senza dubbio un nuovo inizio.
La scoperta di nuove sonorità, nuove melodie, nuove armonie ed il coraggio di mettere nero su bianco la gran parte di quello che ci siamo portati dentro in questi anni, e che da questi anni abbiamo imparato. E’ un disco duro, nudo e crudo. Senza finzioni, senza trucchi o inganni. Registrato su nastro, in tre settimane: quello che senti siamo noi, e noi soltanto.
Abbiamo deciso di andare in controtendenza rispetto al mercato discografico attuale, dove troppe cose non ci convincono. Nel nostro piccolo, abbiamo cercato di ridare un po’ di vita ad una musica che, se ti metti giù fitto a pensarci, sembra non sia troppo in salute.
Cosa rappresenta per voi questo lavoro, soprattutto se comparato con le vostre precedenti produzioni?
Per noi rappresenta una svolta artistica totale: la ricerca di nuove sonorità e metodologie compositive sposate alle radici rock da cui proveniamo. Finalmente, siamo proiettati verso il futuro...qualcosa di nuovo, e non più legati al doppio filo con la musica vecchio stampo.
C’è un brano di questo disco che pensate possa rappresentare a pieno la band?
Sinceramente, chi per un motivo chi per un altro, sentiamo che ogni brano rappresenta a pieno la band. Dal brano più pop come “Life is a song” alla più schizofrenica “L&L”.
Da un punto di vista tematico da cosa attingete per comporre?
Le tematiche affrontate appaiono svariate. Gli argomenti principali sono indubbiamente la LIBERTA’, in tutte le sue innumerevoli ma intoccabili forme , ed una profonda critica alla “contraddizione” che la nostra generazione, la nostra società e la nostra musica stanno vivendo, nel senso più ampio del termine. La contraddizione della musica, proprio così…e di questo non possiamo non parlare: quello che una volta prendeva forma in club semivuoti e cantine malsane, ora è deciso a tavolino da personaggi spesso discutibili. Il rock, la musica che più d’ogni altro genere ha cantato libertà e indipendenza, è divenuta schiava di un sistema economico (e non esiste termine più calzante) dove l’arte non ha più senso di esistere, e tutto si risolve in un “contenitore” vuoto, un’immagine vacua, carente di senso e contenuto. Insomma: abbiamo voluto trattare temi sempre attuali tramite un linguaggio musicale moderno; apparteniamo ad un certo contesto storico ed è stato naturale cercare di dare il nostro meglio con quel che più più ci appartiene e rispecchia.
Abbiamo cercato infatti, di ricreare questa contraddizione anche in termini “compositivi”: testi forti ed impegnati che spesso si associano a ritmi forsennati, melodie chiare e taglienti ed armonie aperte e “brillanti”. Le altre principali tematiche affrontate sono l’alienazione che pervade il nostro tempo, la nostra necessità d’un punto fermo, di qualcosa in cui e per cui credere; quella sensazione di impotenza di fronte alle dinamiche del sistema e la morte della coscienza sociale di ogni individuo, in una società dove edonismo e consumismo sfrenato la fanno da padroni. Lo stesso “Time to Think” è un disco che parla di uguaglianza e libertà, contro ogni forma di razzismo e di discriminazione. Contro il potere della politica corrotta, contro la violenza, contro ogni guerra.
L’ultimo argomento toccato, per finire, è l’amore per le cose e le persone che colorano le nostre vite. Si nasce e si muore soli? No! Nasciamo soli e moriamo carichi di esperienze. E forse, alla fine ci si rende conto che non è stato poi così male dedicare la propria vita a qualcuno o qualcosa di davvero speciale.
Un inno alla libertà, che ognuno possa fare della propria vita un qualcosa di importante, per sé e per gli altri.
La vostra bio parla di una certa influenza esercitata su di voi e sul vostro sound di Roy Thomas Baker nel 2011. Volete parlarcene?
Abbiamo avuto l'onore di collaborare, benchè solo a distanza, con Roy Thomas Baker, produttore dei Queen e molti altri big storici della musica. Si è interessato spontaneamente al progetto, nel 2012, proponendosi per una produzione che poi non si è concretizzata causa divergenze in ambito sia musicale che economico.
L'importanza di RTB, più che per l'effettivo valore della collaborazione, si è rivelata tale perché ci ha reso consapevoli di essere sulla strada giusta, e di potercela fare!
Noi lo consideriamo un passo fondamentale e una presa di coscienza che ci ha portati dove siamo ora, senza alcun dubbio!
Sempre dalla vostra bio apprendiamo di una vostra collaborazione con Amanda Knox nel 2013. Di cosa si tratta?
Amanda Knox è stato un capitolo non troppo felice, invece. Nato tutto dopo un concerto al carcere femminile di Perugia, quando la Knox si propose di scrivere qualcosa per noi, dopo essergli piaciuti molto. Per noi doveva essere una cosa "rock n roll", la dimostrazione che l'arte e la musica non conoscono confini. Ma si sarebbe limitato a questo, nella nostra idea iniziale. Poi, sono iniziati ad arrivare squali da tutte le parti, pronti a sfruttare la cosa a livello mediatico. Malgrado si è traballato un po', alla fine abbiamo rifiutato tutto, soldi promesse etc… Non potevamo e non volevamo lucrare su un evento come quello a cui la Knox era legata a doppio filo. Quindi, senza accettare compromesso alcuno, non abbiamo ceduto nessuna esclusiva e nessun diritto sulla cosa, chiudendo i ponti con tutti i mass media, i produttori, gli editori e serpi varie che volevano mandarci al macello per guadagnare soldi senza interessarsi minimamente alla nostra musica, ma solo al gossip e alla Knox.
Siete un gruppo dalla forte impronta live. Pensate che la vostra dimensione ideale sia in studio o live?
Forse è scontato, ma entrambe sono fondamentali. Lo studio/sala prove è la fase embrionale, dove nascono le idee, dove ci mettiamo giorni e giorni a decidere gli arrangiamenti, le strutture, i testi ecc. Lì c’è il duro lavoro, tra momenti di sconforto e brillanti idee crei qualcosa di tuo, che esce dalla tua testa, e non c’è cosa più bella!
D’altro canto, il live produce l’energia necessaria ad andare avanti. Fare casino sul palco è liberatorio come nessun’altra cosa e la soddisfazione di vere la gente che canta e salta è pura adrenalina!
Sarete a breve protagonisti di spalla a Manson. Come è nata questo abbinamento e cosa vi aspettate da questa esperienza?
C’è un aneddoto divertentissimo dietro tutto ciò. Tutto parte da Los Angeles dove, in una serata dedicata alla vendita dei biglietti dei nostri concerti fuori dal Rainbow, in occasione del suo 43° compleanno con centinaia di persone presenti, incrociamo la persona che attualmente è il nostro manager, Sauro Ciccola. Lui è originario di un paese vicino al nostro e vive a Los Angeles da 20 anni lavorando per Bon Jovi, Eagles, Michael Jackson e per lo stesso Manson. Potete capire che situazione si era creata! Da quel momento lui è diventato il nostro contatto di riferimento. Lui ha pensato a tutto, ha fatto ascoltare il disco al manager di Manson che ci ha dato questa possibilità. Non abbiamo grosse aspettative… solo quella di seguirlo come opening act per tutte le successive date ahahahah!
Cosa ha in serbo il futuro per gli HOT?
Prima della conferma dell’apertura a Manson stavamo lavorando alla seconda parte di “Time To Think” e avevamo in programma un tour in Germania. Vediamo come va questa data e cosa ci aspetta dopo. Sicuramente tanti live in giro per l’Europa, poi chissà… potremmo di nuovo tornare in America già nel 2016![

intervista raccolta da Fabio Magliano
Intervista a cura di Stefano Giorgianni

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