Soilwork, la lunga corsa verso la fine... ed oltre

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La morte non è che il principio, nient'altro che una lunga corsa della vita stessa. Questo è il filo conduttore di "The Ride Majestic", nuovo lavoro discografico dei Soilwork, album che, durante la sua realizzazione, è stato un po' maledetto a causa dei numerosi lutti che hanno colpito la band. Nonostante il periodo buio in cui si sono trovati, i Soilwork hanno trovato la forza di trasformare il dolore in un messaggio positivo: la vita va ben oltre la morte e rappresenta una lunga corsa maestosa. In occasione della pubblicazione di questo decimo album, abbiamo avuto modo di approfondire questo tema spinoso con il frontman dell'ensemble svedese. Ecco quel che ci ha raccontato lo stesso Bjorn Strid.

Dopo la pubblicazione del doppio album “The Living Infinite” e il primo DVD “Live In The Heart Of Helsinki”, tornate in pompa magna con questo nuovo album, “The Ride Majestic”. Ti dico già da subito che ho avuto modo di ascoltare l’album e, secondo me, hanno sfornato un altro masterpiece! So che avete avuto modo già di presentare la titletrack dell’album. Quali sono state finora le reazioni ricevute dal pubblico?
Credo che sia andato tutto molto, molto bene! È veramente difficile dirti . Credo di aver passato più tempo a lavorare a questo disco piuttosto che al doppio album, “The Living Infinite”. È stato tutto molto intenso per parecchio tempo! Sai, una volta che esci dallo studio è praticamente impossibile sapere a cosa la gente andrà a pensare. L’unica cosa che sappiamo per certo è che abbiamo messo cuore e anima in questo disco e abbiamo ascoltato i brani così tanto che ci è veramente difficile dare un’opinione. Mi sono dato un mese di pausa, poi ho riascoltato l’album e mi son sentito veramente orgoglioso del lavoro svolto. Ha un’atmosfera molto reale, varia, diversa, è un album molto atmosferico. Se volessi paragonarlo a “The Living Infinite”, potrei dire che abbiamo ripreso il percorso da dove l’avevamo lasciato, ma rispetto al predecessore questo nuovo disco è molto più cupo, oscuro. Una volta che noi stessi abbiamo iniziato a rilasciare, poco alla volta, i nuovi brani in rete, i nostri fan hanno dimostrato di aver apprezzato e ora che l’album è uscito, la gente ne è rimasta veramente colpita! Credo che le persone ne siano molto contente e molte di loro hanno svariati, diversi brani preferiti e questa è una bella cosa!
Come descriveresti tu stesso questo disco? Se posso, io stessa lo etichetterei come un album che sicuramente è più “grezzo” e cupo rispetto ai suoi predecessori, che a tratti sembra essere anche malinconico, le parti estreme della musica sono ancor più estreme, accentuate, mentre quelle che potremmo definire “più delicate”, più soft sono ancora più armonizzate. Diciamo che il giusto equilibrio tra la parte estrema e quella più delicata va a creare una dinamica piuttosto interessante…

Sono completamente d’accordo con te dove tu stessa affermi che le parti estreme della musica sono ancora più estreme mentre le parti più “delicate” sono ancora più armonizzate. Proprio queste peculiarità vanno a creare una dinamica molto interessante… Già con “The Living Infinite” avevamo offerto qualcosa di nuovo, credo che siamo stati in grado di riscoprire noi stessi in veste di songwriters proprio durante la realizzazione di quell’album. Ora utilizziamo un approccio più spensierato per quel che riguarda il songwriting attuale, diamo maggior peso alle sensazioni piuttosto che alla tradizionale struttura dei brani, composta dalla intro, un verso, un bridge, un ritornello e poi si ritornava al punto di prima. Questo album vanta una sensazione più spontanea, i brani hanno veramente ciò che meritano e penso che si riesca a percepire questa differenza proprio ascoltando il disco. È molto diverso, ha un sacco di twist e turns, ha tutti questi elementi che ti sorprendono. Ha un’atmosfera piuttosto cupa, dark e credo si possa percepire durante l’ascolto. Sembra molto reale, durante la registrazione dell’album abbiamo affrontato cose toste, abbiamo avuto dei gravi lutti in famiglia e questo ha sicuramente influenzato il nostro approccio con la registrazione. Sai, quando hai a che fare con la morte così da vicino, è una cosa che non puoi spingere via, per cui credo che abbiamo permesso all’oscurità di venire a contatto con noi proprio per permetterci di incanalare tutte queste emozioni nella musica. Sono convinto e credo che lo possiate percepire in questa nuova release.
Se non erro, è il primo album che vanta la partecipazione del vostro nuovo bassista, Markus Wibom. Che genere di contributo ha fornito all’album? Quanto è stato coinvolto nella sua realizzazione?

A dir il vero non molto, perché Ola Flink ha mollato la band due settimane prima del nostro ingresso in studio di registrazione. Markus è entrato nella band poco dopo le registrazioni del disco, anche perché in quel periodo avevamo programmato tre show in Scandinavia per il mese di Maggio e avevamo appena terminato la registrazione dell’album. Proprio nel bel mezzo delle registrazioni, ci siamo trovati a pensare a chi potesse subentrare al posto di Ola Flink e non è stata una questione facile, perché Ola ha rappresentato una grossa parte della band, soprattutto a livello personale e anche per quel che riguarda l’attività live. Eravamo molto uniti, anche se negli ultimi tre anni ha dimostrato di non avere più quella motivazione, non era più motivato ad andare in tour o a tornare in studio di registrazione. Poco prima di entrare in studio era scomparso per circa tre mesi, nessuno aveva sue notizie e, alla fine, la sua scelta non ci ha sorpreso più del necessario. Non è stata poi questa gran sorpresa, in effetti, poiché sapevamo che stava già succedendo qualcosa. Quando ci ha dato in seguito la notizia, non siamo rimasti sorpresi. Abbiamo continuato per la nostra strada, siamo entrati in studio e abbiamo incanalato queste emozioni durante il processo di registrazione. Durante il processo, mi è venuto in mente Markus, lui era già un nostro caro amico e questo per noi è stato un fattore molto importante. Non avevamo né il tempo, né la pazienza di fare le audizioni per cercare un nuovo sostituto. Avevamo bisogno di qualcuno che già conoscevamo, qualcuno che fosse veramente unico e abbiamo pensato che Markus fosse la scelta più ovvia. Sapevamo quanto bravo fosse al basso, sapevamo già che sapeva suonare il basso e persino le tastiere, ma non avevamo idea di quanto fosse realmente bravo! Abbiamo quindi deciso di dargli due mesi per far le prove ed imparare i brani della scaletta, poi abbiamo tenuto quegli show in Scandinavia e ha fatto centro! Si è trattato di una transizione abbastanza ovvia, dato che è un personaggio unico nel senso più positivo della parola. Penso che anche tu, anche voi converrete con me su questo punto laddove vi fosse modo di vederlo sul palco. È una bella persona con la quale abbiamo creato un bel legame; nello stesso periodo è stato in grado di fornirci un supporto durante quel brutto periodo ed ora eccoci qui. È stato un viaggio molto brusco, ma credo che Markus sia stato in grado di renderci più forti, quindi siamo contenti di averlo a bordo con noi!

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Questa è una cosa che mi ha colpito particolarmente: ho saputo che durante la realizzazione di questo decimo album, sono accaduti purtroppo dei brutti episodi che vi hanno colpito molto da vicino e son tutti legati alla perdita di una persona cara. Proprio da queste brutte vicende, avete composto e realizzato i testi del disco. Come sei riuscito a trasformare il dolore in queste undici tracce?

Credo che il disco sarebbe stato comunque molto cupo a prescindere da ciò che è successo, sto ovviamente parlando di quei tragici episodi che ci hanno colpito. Abbiamo iniziato a scrivere il disco lo scorso settembre (Sett.2014) e credo di aver iniziato a lavorare ai testi proprio intorno a quel periodo, era in autunno. Una volta che questi brutti e tragici eventi sono venuti fuori, eravamo già in studio di registrazione e avevo già quasi tutti i testi pronti, anche se alcuni sono stati scritti poi in studio, come ad esempio “Death In General”. Certamente ha avuto un grosso impatto e credo di potermi ritenere quasi contento del fatto che tutti noi, in quel momento, ci trovassimo in studio a registrare questo nuovo album, perché la musica alla fine si è trasformata in una sorta di grande conforto. Dato che ci trovavamo in studio tutti insieme credo che sia stato facile darci sostegno l’un l’altro, anche la musica ci ha aiutati ad avere un po’ di consolazione. La musica è un po’ anche questo, riesce a darti conforto anche nei periodi bui. È stato molto difficile ma siamo stati capaci di trasformare il dolore in positività. Tuttora proviamo dolore, ma lo sopportiamo in maniera completamente diversa. Siamo stati in grado di realizzare tutti insieme questo album e, alla fine, abbiamo creato qualcosa di veramente bello.
Tu stesso hai dichiarato: “We came up with this title to remember what we've gone through together and make it a hymn to those we've lost and celebrate their lives. It's also a reminder that this life we're living is a majestic ride after all. Hopefully that ride will somehow continue once we pass away. The majestic ride is eternal. I think that happens when you lose somebody close - you want them to live on. This is our tribute.”. Nell’album c’è anche un brano specifico intitolato “Death In General”. Quale è la tua idea, se ce l’hai, legata alla morte? Secondo te è veramente possibile che questa corsa possa protrarsi anche dopo la morte?

Credo che sia possibile, ma è un argomento molto variabile per me. Voglio dire, a volte vorrei che le cose finissero, sai, quando ti viene a mancare una persona, vorresti che tutto finisse in quel momento. Altre volte, invece, ti senti bene e ti trovi a dire “Vorrei che questa cosa continuasse a vivere”. È veramente difficile accettare che tutti i tuoi pensieri e tutte le tue sensazioni debbano ancora esistere. Per me questa è la parte più difficile da accettare. Credo che quando tu perda una persona a te veramente cara, vorresti solamente che questa persona continuasse a vivere; ad esempio, io ho perso mia nonna, che consideravo una delle mie migliori amiche, ma è stata una cosa naturale che lei vivesse per così tanti anni e sono sicuro che ora lei sia felice, in qualsiasi posto sia… sempre che esista un luogo, un posto dopo la morte. Credo che sia un dato di fatto che la vita continui anche dopo la morte. È una cosa grandiosa.
Ok, passiamo ad argomenti un po’ più felici. Ho notato con mio grande stupore la partecipazione di due guests, in particolar modo di Nathan James Biggs nel brano “Father and Son, Watching The World Go Down”. In passato avete avuto modo di collaborare insieme, tu hai preso parte al self-titled album dei Sonic Syndicate e Nathan ha partecipato al DVD. Cosa ci puoi dire di questa collaborazione?

Nathan è un mio caro amico, lo conosco dal 2006. Siamo entrati in contatto quando lui stesso mi chiese di fargli da vocal coach a Manchester, quando noi Soilwork ci siamo trovati a suonare là. Ci siamo incontrati e gli dissi che aveva molto talento. Sono stato molto contento quando ho scoperto che, pochi anni più tardi, era entrato a fare parte dei Sonic Syndicate e si era trasferito in Svezia! Da allora, siamo sempre rimasti in contatto, è un bravissimo cantante e frontman e, anche per questo motivo, gli ho chiesto se volesse partecipare al nostro DVD. Ha preso parte al brano “Black Star Deceiver”, ho creduto che fosse anche una scelta naturale invitarlo a questa partecipazione, ha fatto veramente un buon lavoro, anche se la sua voce non è effettivamente presente nella versione originale del brano. Per quel che riguarda il brano “Father And Son, Watching The World Go Down” è riuscito ugualmente a donargli maggior spessore, soprattutto per quel che riguarda il ritornello. È riuscito a dare un quid in più. Fondamentalmente si è trattato di un invito ad un amico da parte di un altro amico.

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Vorrei invece focalizzarmi un secondo su “Live In The Heart Of Helsinki”, il vostro primo DVD. Finalmente dopo vari cambi di lineup e altre vicissitudini siete riusciti a realizzare questo tanto atteso lavoro. Sei soddisfatto del risultato? Avendolo visto comodamente casa, posso confermare che l’energia era palpabile anche tramite uno schermo.

Grazie per i complimenti. Sono felice di questa tua affermazione, sono contento che tu stessa sia riuscita a percepire quell’energia! Era esattamente la sensazione che volevamo trasmettere, era quello che volevamo! Voglio dire, anche se tu sei impossibilitato/a a presenziare ad uno show, puoi sempre viverti quella sensazione live guardando il DVD, perché, al contrario di altri DVD, dove la band si trova di fronte ad un pubblico vasto, come ad esempio il Wacken o qualsiasi altro posto, dove il tutto è così perfetto ed imponente si rischia che quell’intensità venga a mancare. Noi siamo abbastanza soddisfatti di aver registrato il tutto in un locale abbastanza piccolo (il Nosturi, ndr) ed è stato tutto piuttosto intenso e, quando guardi il materiale, hai la sensazione di sentirti più vicino alla band e puoi certamente dire che noi stessi ci stavamo certamente divertendo. Se hai modo di vederti molti altri DVD, avrai la sensazione che il tutto sia fin troppo professionale, se capisci quel che voglio dire… e, quindi, tendi proprio a perdere quella sensazione di viverti quello show attuale. Sono contento che tu stessa abbia percepito quella sensazione e che tu stessa lo abbia riconosciuto.
È stata una serata sicuramente interessante e che ha segnato certamente una nuova tappa nel vostro percorso artistico. Tra le tante sorprese – e non mi riferisco solo alla gran scaletta che avete proposto – di sicuro è degna di menzione la partecipazione di Floor Jansen. Cosa ci puoi dire in merito? Perché vi siete affidati proprio a lei per l’esecuzione di “Let This River Flow”?
Beh, ci hanno presentati un paio di anni fa, forse era il 2009 o il 2010, quando lei stessa mi chiese di prendere parte al primo disco dei suoi Revamp in veste di guest singer. Lei stessa mi disse di essere una mia grande fan, amava moltissimo la mia voce ed è stata una gran bella cosa da sentire, anche perché io stesso sono un suo fan. Ho preso, quindi, parte al disco ed è stato praticamente scontato, o meglio, una scelta naturale, ricambiare il favore chiedendole di partecipare al DVD; inoltre, non abbiamo mai avuto nessuna donna in veste di special guest nei nostri album o nei nostri live, per cui abbiamo creduto che fosse arrivato il momento giusto. Bisognava solamente trovare il brano giusto per realizzare questo duetto, è stata Floor a suggerirmi “Let This River Flow” e ho pensato che fosse una cosa sensata, dato che quella canzone presenta svariate tipologie di canto… quindi abbiamo pensato che fosse un brano giusto per entrambi. Si trattava, poi, di capire chi poteva cantare cosa e siamo arrivati a suddividerci le parti. Alla fine il risultato è stato molto bello, lei ha certamente una gran bella personalità, una bella presenza scenica. È andato tutto molto bene!
Quest’autunno, inoltre, intraprenderete un tour europeo e, ovviamente, verrete in Italia…
Sì. È una cosa figa perché non suoniamo più così tanto spesso in Italia. L’ultima volta che abbiamo suonato lì è stata in occasione del precedente tour, abbiamo suonato a Romagnano Sesia, per cui è una gran bella cosa tornare da voi. Sai, in passato abbiamo più volte suonato a Milano, per cui è molto bello poter suonare anche in altri posti… Non vedo l’ora di tornare!

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In passato hai sempre affermato che l’Italia è uno dei paesi che ami maggiormente, soprattutto per il pubblico caloroso. Qual è il ricordo più bello legato al nostro paese?
So che sicuramente tu lo sai ma lo menziono ugualmente: come sai, in passato ho avuto modo di prender parte in veste di guest vocalist agli album dei Disarmonia Mundi, ho trascorso delle belle giornate in Valle D’Aosta e devo dire che è un posto bellissimo! Ho avuto modo di visitare anche il vecchio monastero che si può intravedere nel film “The Name Of The Rose” (Nel nome della rosa, ndr). Non so se conosci questo film, parliamo di uno dei quei film molto classici… Beh, è stato spettacolare passare quei momenti in Valle D’Aosta, Ettore e Claudio mi hanno portato a visitare posti del luogo bellissimi… E’ stata una bellissima esperienza! Ti direi che la Valle D’Aosta è certamente il ricordo più bello legato all’Italia! Voglio dire, sì, abbiamo avuto tantissimi live show bellissimi, ma se devo dirti qualcosa che mi ha colpito di più a livello personale, quello è sicuramente il momento saliente più bello!
Cosa dovranno aspettarsi i fan da un live dei Soilwork? Mi riferisco in particolar modo anche a coloro che, purtroppo, come me, non vi hanno mai potuto vedere prima d’ora…
Beh, il DVD è stato certamente una sorta di “presentazione” che ci mostra come siamo sul palco, come suoniamo dal vivo. Non è niente di costruito, penso che i Soilwork sia una band molto spontanea. Non programmiamo mai determinate cose. So bene che alcune band lo fanno, programmano questo e quello, fanno esattamente un certo tipo di cose, si sincronizzano nel realizzare le stesse cose. A volte queste cose possono sembrare fighe ma trovo che sia decisamente più interessante quando il tutto nasce in maniera spontanea, quando ti vivi quel momento. È proprio così che riesci a dare, a offrire ai fan uno show speciale. Credo anche che i Soilwork siano cresciuti molto in veste di “live band”, ci consideriamo piuttosto intensi, siamo molto energici sul palco, per cui potete aspettarvi moltissima energia! Questo è certo!
Credo che, purtroppo, il nostro tempo sia giunto al termine. Ti vorrei ringraziare per averci concesso questo spazio Bjorn, o meglio: tack sa mycket!
Oh, tack sa mycket! Grazie mille! È stato molto bello parlare con te!
Non vediamo l’ora di vederti calcare il palcoscenico del Colony a Brescia!
Oh sì, sì! Brescia! Non siamo mai stati lì prima d’ora! Spero di vederti e vedere tutti i nostri fan là! Un saluto a tutti voi!
Intervista a cura di Arianna G.

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