(28 giugno 2005) Styx + Kansas, Alcatraz (MI) 28/6/2005

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Cose da pazzi: il tour europeo che in ogni luogo vedeva impegnati i Kansas in veste di headliner approda a Milano e puntualmente alle 20 ci si aspetta di veder salire sul palco gli Styx, quando ecco arrivare la band di Steve Walsh, così che il loro set si accorcia di ben 30 minuti (60 dei 90 previsti, la scelta del cambio è forse dovuta al fatto che per gli Styx quella di Milano era l'ultima data del tour europeo, mentre per i Kansas erano in programma altri 2 concerti da headliner, ovviamente non in Italia).

Difficile condensare 30 e più anni di carriera in così poco tempo, si punta così al repertorio più classico e datato, escludendo il periodo 80-90: "Belexes" e "Bringing it back", prese dall'omonimo debut album, e poi le ben più famose "Portrait", "Point of know return", "Icarus", "Paradox", "Miracles out of nowhere", classici intramontabili eseguiti in modo magistrale e per i quali non ritengo sia necessario alcun commento. Strepitoso malgrado l'età il cantato che alterne le voci di Walsh e Robbie Steinhardt, anche impegnati rispettivamente in tastiere e violino (lo strumento che da sempre ha contraddistinto il "Kansas sound"), molto presente il basso di Billy Greer, preciso ed energico il drumming di Phil Ehart,neanche il tempo di accorgersene e si arriva al primo bis.Poteva mancare l'intramontabile "Dust in the wind"? (Qual'è la compilation di classic rock che non contiene questo brano?). Il duetto vocale e strumentale Walsh-Steinhardt accompagnato dalla chitarra acustica del sempre presente "one-eye" Richard Williams provoca ancora i brividi, nonchè lo struggente solo di violino, questo è uno di quei brani che non mi stancherei mai di ascoltare, ma è già ora del pezzo che chiude il set, e come poteva non mancare "Carry on wayward son" (con un breve intro di solo piano e voce di Walsh)? C'è forse bisogno di aggiungere altro se non che il set completo avrebbe incluso "The wall", "Magnum opus", "Song for America" e chissà cosa altro?

"The grand illusion" apre il set degli Styx (anche loro per la prima volta in italia): hard melodic rock made in USA di classe sopraffina, una band impeccabile che si diverte un mondo a suonare ed intrattenere il pubblico anche con parole in italiano. Tutti sono coinvolti nel cantato e lo fanno divinamente,a cominciare dal primo chitarrista Tommy Shaw, seguito a ruota da James Young (basso), Ricky Phillips (chitarre), Todd Sucherman (batteria), ma l'attenzione è in gran parte rivolta al funambolico tastierista, sublime cantante e splendido intrattenitore Lawrence Gowan (fa ruotare la tastiera girevole in continuazione, ci sale sopra, incita i presenti a cantare e non eccede mai in sproporzionati virtuosismi, se non in un solo al pianoforte che ricorda un po' certe cose di Keith Emerson). La band è molto stupita dal fatto che tutti cantino in coro il refrain di "Too much time on my hands" (che purtroppo è l'unico estratto dal capolavoro "Paradise theatre", con tanti saluti a chi voleva anche "The best of times"), Shaw , ricordando il suo ingresso in formazione con "Cornerstone" imbraccia il mandolino e attacca "Boat on the river", Gowen si ritaglia un altro spazio personale con la bellissima "Lady", non manca neanche l'elemento sorpresa, rappresentato dall'ingresso sul palco del mitico bassista originario Chuck Panozzo (in coppia con il fratello John e il vocalist Dennis de Young nella prima formazione della band) che diventa parte integrante dell'ultima parte del set proposto dagli Styx.

"Fooling yourself", "Miss America", un lungo medley e anche qualche estratto dall'ultima release di sole cover ("Big Bang theory"): "I am the Walrus" (Beatles), "Can't find my way home "(Blind faith) e "I don't need no doctor" (Humble pie, brano che ha chiuso il set), la versione 2005 di "Blue collar man", nonchè "Come sail away" (presente anche nel film "il giardino delle vergini suicide") cantata dalla stragrande maggioranza dei presenti. Peccato per l'esclusione di brani tratti dallo splendido "Cyclorama" (2003), si finisce alla grande con la band che proprio non se la sente di abbandonare il palco e Gowen che scatta foto al pubblico e promette di tornare in un prossimo tour.
Malgrado la delusione (non solo mia, ma immagino anche dei numerosi presenti che indossavano shirts dei Dream Theater) per lo spostamento dei Kansas, rimane comunque la grande soddisfazione di aver visto per la prima volta due band che a loro modo hanno scritto pagine importanti nella storia del rock e oggi più che mai sono indicate da molti gruppi prog e melodic rock come principale fonte d'ispirazione (si pensi all'estratto strumentale di "Carry on wayward son" presente in un medley dei Dream Theater, ai Magellan o più recentemente al cd degli XSaviour).

Report a cura di Carlo Viano

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