(14 aprile 2005) LABYRINTH + VALIANCE + REMEDY LANE - Oddly Shed – Caserta – 14/04/05

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Foto di Roberto Alfieri

Nonostante qualcuno per eccessiva esterofilia continui a considerare i Labyrinth SOLO un gruppo italiano, è innegabile il livello di tutto rispetto raggiunto dai nostri in dieci anni di carriera, con cinque album alle spalle e tournee di un certo spessore, tanto in Italia quanto all’estero (non ultima quella in Cina e Giappone di qualche mese fa…).

E così per supportare la pubblicazione di “Freeman” i nostri giungono anche qui in Campania, per la prima volta, incalzati ed arpionati da Delirio Concerti, che continua nella sua opera di metallizazione del suolo campano.
Fortunatamente l’affluenza di pubblico stasera è di quelle che una serata del genere merita, ed è così che pian piano l’Oddly Shed diventa gremito di metallari di tutti i tipi, dai ragazzini più devoti a sonorità più soft a vecchiacci thrasher dalla mente per fortuna aperta che non si fermano ciecamente davanti al genere in sé, ma riescono ad apprezzare il valore reale di una tra le più valide e professionali band del nostro paese, nonché una delle migliori realtà live partorite in Italia negli ultimi anni.

Ad accompagnare la band tosco-ligure due acts campani, i Valiance, già discretamente affermati, e gli esordienti Remedy Lane. Dopo un estenuante sound check (ripeto, la professionalità di questi ragazzi è ammirevole…), il tempo di far entrare la gente che già da un po’ fremeva all’ingresso del locale ed ecco che il primo gruppo fa il suo ingresso on stage. Come già detto, per i REMEDY LANE si tratta dell’esordio, e quale occasione migliore per calcare per la prima volta un palco se non quella di stasera?
Il giovane gruppo si lancia in una serie di cover che spaziano dal power al power/prog, e inizia il proprio show con “Dawn of victory” dei Rhapsody, da sempre amici/nemici dei Labyrinth. Il livello dei nostri non è affatto male, però è evidente fin da subito che l’inesperienza giocherà un brutto scherzo ai ragazzi, i quali ripropongono le loro cover in maniera abbastanza fedele agli originali, ma, appunto, con quel senso di incertezza che sarà presente per tutto il loro concerto.
Senz’altro anello debole del gruppo risulta essere proprio il singer, e capirete bene che in un genere come quello suonato dai Remedy Lane, avere un singer non sempre all’altezza della situazione è assolutamente deleterio. Comunque sia, i cinque brani proposti sono un buon antipasto prima di passare ai due piatti forti della serata.

Sì, avete letto bene, ho detto due, perché i VALIANCE si sono resi partecipi di una performance impeccabile. L’esperienza on stage del gruppo partenopeo è ormai ottima, la loro proposta musicale è decisamente interessante, così come la capacità di coinvolgimento, non solo del dotatissimo singer, è palese a tutti. Per l’occasione, inoltre, il gruppo ha presentato per intero il nuovo mini cd e un solo estratto dal precedente “Wayfaring” e devo dire che i nuovi brani non sfigurano affatto rispetto a quelli del full length del 2002. Non è la prima volta che vedo la band live e devo ammettere che di volta in volta migliora sempre di più. La cosa che ho apprezzato di più della loro esibizione, è che appare evidente quanto si divertano on stage, e seppure può sembrare un particolare insignificante, in realtà questo fattore contribuisce moltissimo alla riuscita del concerto e rende il gruppo più umano e meno freddo.
La gente queste cose le apprezza, e così è stato anche questa sera. Come sempre impeccabile Carmine Gottardo dietro il microfono, così come i due fratelli De Angelis alle chitarre e un plauso anche alle trovate sceniche che hanno reso l’esibizione dei Valiance più completa, a dimostrazione del fatto che i nostri ci tengono a fare le cose per bene.
Tra i nuovi brani, decisamente più moderni e meno Blind Guardian oriented rispetto all’ultimo lavoro, ho apprezzato in particolare “And farce goes on”, con un inizio sinistro, prima che il brano vero e proprio esploda in tutta la sua potenza.
A sigillo di un’esibizione magistrale ecco arrivare la ciliegina sulla torta, quella “Born to raise Hell” dei Motorhead cantata all’unisono da tutti i presenti, come se ci si trovasse ad una grande festa metal, con tanto di esplosione di coriandoli finale. Bravi i Valiance, apprezzati anche dai ragazzi dei Labyrinth.

Il tempo di smontare il secondo backline e di dare una ritoccata ai suoni ed ecco che, completamente cinti da camicie di forza, fanno l’ingresso sul palco proprio i LABYRINTH, con “L.Y.A.F.H.”, opener dell’ultimo album nonché ultimo video clip della band. Si capisce fin da subito che i suoni saranno buoni per il resto della serata, così come che la band è in gran forma.
I brani proposti stasera saranno estratti quasi per intero dagli ultimi due lavori, “Freeman”, appunto, e “Labyrinth”, quelli della ‘rinascita’, se così vogliamo dire, dopo la fuoriuscita di Olaf Thorsen, e anche quelli della svolta, nel senso che è proprio in questi ultimi due cd che il sound della band si è fatto più personale ed ha preso sempre più le distanze dal filone power metal in cui i nostri si erano ritrovati loro malgrado…
Inutile dire che anche questa sera Roberto Tiranti delizierà tutti i presenti con i suoi voli pindarici, anche se c’è da notare come il singer utilizzi sempre meno i falsetti e i toni altissimi che lo resero celebre ai tempi di “Return to Heaven denied” (ricordo ancora l’impressione che mi fece al Gods of Metal del ’98, quando strabiliò tutti con una performance eccezionale), in favore di toni più medi e caldi e in favore dell’interpretazione.
Uno stile molto più maturo in poche parole… Con l’inserimento di Pier Gonella alla seconda chitarra il sound della band si è fatto ancora più vario. Pur essendo anche lui di estrazione shred, infatti, il riccioluto chitarrista riesce ad essere molto più vario del suo predecessore e ad intersecarsi meglio con Andrea Cantarelli, altra ascia del gruppo.
Se a tutto questo aggiungente una sezione ritmica solida precisa e fantasiosa, trainata da quel mostro umano di Mat Stancioiu, avrete un’idea del reale valore dei nostri. Come detto i brani estratti provengono quasi esclusivamente dagli ultimi due cd, con in evidenza “Livin’ in a maze”, “M3” e la title track dell’ultimo album, ma non possono ovviamente mancare richiami al passato.
Ecco quindi “Touch the rainbow” da “Sons of thunder” e soprattutto due estratti da “Return to Heaven denied”, forse il cd più noto della discografia dei Labyrinth, e più precisamente “State of grace” e la splendida “Lady lost in time”, accolta dal pubblico con un boato e cantata divinamente dal sempre più bravo Rob, che nel frattempo è anche riuscito a liberarsi del tutto dalla camicia di forza.
Esibizione decisamente lunga quella di stasera, con i nostri alle prese con una quindicina di brani, prima di congedarsi dal pubblico caloroso e composto dell’Oddly Shed. Ovviamente tutti sanno che non è certo finita qui, ed infatti la band torna on stage per gli ultimi quattro brani, “Malcom Grey” e “Slave to the night”, prima di fare un salto nel passato più remoto dei nostri, con “Piece of time”, estratta dal primissimo disco, quel “No limits” in cui ancora cantava un certo Joe Terry, alias Fabio Lione, prima che facesse fortuna nei Rhapsody.

Ovviamente la band non poteva che congedarsi dal pubblico con quello che è un po’, a torto o a ragione, il loro brano simbolo, peraltro richiesto dai ragazzi presenti fin dai primi minuti di show, e cioè “Moonlight”, unico residuo del loro passato power presente in scaletta. Inutile dire che il pezzo ha scatenato tutti e ha posto il sigillo in maniera festosa a questo ottimo concerto, che ha presentato per la prima volta qui in Campania la band in più che ottima forma.
Cordialissimi (e qui ci terrei a smentire le voci che li dipingono come spocchiosi e distaccati), i sei ragazzi si sono trattenuti fino a tarda notte a fare quattro chiacchiere e le immancabili foto di rito con i kids rimasti qui per loro, senza assolutamente tirarsela. Sono anche queste piccole cose a rendere grande una band, alla faccia di chi è ancora stupidamente legato al nome straniero e considera i gruppi di casa nostra solo un surrogato dei ben più noti nomi stranieri.

Questa sera qui all’Oddly Shed si è dimostrato il contrario e chi non era presente si è perso un gran bel concerto di un’ottima realtà nostrana.

Report a cura di Roberto Alfieri

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