(21 ottobre 2008) In Flames - 21 ottobre 2008 (Alcatraz, Milano)

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Provincia:MI
Costo:25 €
Dopo l’annullamento, per “cause di forza maggiore”, dello show all’Evolution del 12 luglio, era lecito attendersi uno spettacolo sopra la media da parte degli In Flames che potesse cancellare il disappunto dei molti delusi da quella mancata performance.

A causa degli abituali orari milanesi folli, con inizio show alle 19, mi perdo le esibizioni di Gojira e Sonic Syndicate, le due band di spalla, ed entro, come la maggioranza dei presenti, verso le 20.15 quando la crew degli In Flames sta preparando il palco per gli attesi headliner della serata.

Esordio memorabile da parte di Jesper e soci, con un enorme telo bianco a coprire lo stage e le ombre della band proiettate su di esso, per un tetro e teatrale prologo affidato alle note di “The Chosen Pessimist”. All’esplodere del brano, cala d’improvviso il telo e troviamo gli In Flames e la loro consueta muraglia sonora, mentre troneggia alle spalle un monumentale telone con il logo usato sulla copertina di “A Sense Of Purpose”.
Un po’ appesantiti, con qualche anno in più sulle spalle dall’ultima volta che li avevo visti, ma capaci come sempre di uno show quasi impeccabile, gli In Flames ci propongono una scaletta notevole, che va a raggiungere le quasi due ore di concerto senza soste.

E’ un Anders Fridén particolarmente loquace e spiritoso, anche se ogni tanto apparso affaticato al microfono, quello che ha più volte scherzato con il pubblico, comprensibilmente esaltato da una performance quasi ineccepibile dei cinque di Goteborg.
La setlist pesca a piene mani dall’intera discografia degli In Flames, da quel memorabile “The Jester Race” del 1996 sino ad arrivare all’ultimo “A Sense of Purpose” (2008), senza tralasciare alcun episodio di una carriera già longeva e prolifica.
Arrivano “Vanishing Light” da “Come Clarity”, la inaspettata “Zombie Inc”, e poi ancora “The Mirror’s Truth”, anche se il meglio arriva con una “The Hive”, da “Whoracle”, che solo poche altre volte ci avevano proposto in sede live.

C’è spazio anche per un medley di brani tratti da “Jester Race”, composto da “Dead God In Me”, “The Jester Race” ed infine “Behind Space”.
Finale affidato a “Take this Life” e chiusura senza bis di uno show ininterrotto che ha comprensibilmente esaltato un Alcatraz stracolmo, come solo poche altre volte prima d’ora.

Nulla da eccepire allo show dei cinque svedesi, che hanno messo in piedi uno spettacolo personale, ben studiato, sorretto da suoni impeccabili e da una scenografia vincente.
Certo, quelle parti di testo che comparivano qua e là a mo’ di karaoke alle spalle della band erano francamente evitabili, così come alcuni loghi ad enormi pixel rossi, degni più di una discoteca house che di un concerto metal, ma di fronte ad una performance del genere si può tranquillamente soprassedere.

Report di Michela Paganini e Lorenzo Testa
Report a cura di Lorenzo 'Txt' Testa

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