(09 dicembre 2017) Riot V + Rosae Crucis + Vultures Vengeance - 9 Dicembre 2017 (Jailbreak, Roma)

Info

Provincia:RM
Costo:€ 20,00
Lo ammetto, durante l'avvicinamento allo storico Jailbreak ho pensato.
E ho pensato molto, visto che ridendo e scherzando disto 45 km dal locale, e ero un po' ansiosetto.
I Riot a Roma, per la prima volta peraltro, data unica italiana.

Porca miseria, stai a vedere che siamo 80 pure stasera, che figura infame che ci facciamo, il promoter si ammazza e la band si fa esplodere sul palco.
Invece no, capisco sin dall'assenza di parcheggio nel viale di fronte al Jailbreak che stasera potrebbe esserci perlomeno un pubblico decente ed infatti così sarà.

Certo, si può sempre fare di meglio: siamo in una città che conta milioni di persone, è sabato sera, a cavallo di un ponte festivo, c'è una band (qualcuno con malignità o un pizzico di cinismo dice una "cover band" ma non voglio raccogliere la provocazione) che a mio avviso dovrebbe fare minimo minimo 1500 persone a sera, però conoscendo il culo pesante di tanto pubblico romano e quella silente situazione che porta a non presenziare se le band partecipanti o l'organizzatore non sono di personale gradimento (indice del fatto che qui il metal sarà sempre una questione per poveracci) per stasera non mi posso lamentare.

Anzi, sarò più schietto: al netto di problemi personali e cause di forza maggiore, chi ha deciso di NON venire è un "cojone", tecnicamente parlando.
Non solo per tutti i discorsi già fatti, ma perchè sabato 9 Dicembre ho assistito ad uno tra i migliori concerti della mia vita. E non solo per i Riot V.
Ma andiamo con ordine.

Arrivo al locale che i VULTURES VENGEANCE hanno appena iniziato il loro set. Li conosco solo di nome, non ho mai ascoltato mezza nota. E qui torno indietro nel tempo, letteralmente. Un po' perchè loro suonano quel classic metal di inizio anni '80 con un sapore retro' che va dalle composizioni, a come le suonano, alle mossette talle sul palco, al loro abbigliamento, all'attitudine dimostrata, all'entusiasmo coinvolgente.
Impossibile resistere al loro HM così ottantiano, a metà strada tra i primissimi Maiden e gli Omen, il chitarrista Tony T. Steele si destreggia con abilità anche al microfono, non disdegnando qualche acuto degno di nota, che se poi non viene perfetto va bene uguale, anzi, mentre Matt Savage al basso è infervorato e con quegli orecchini tondoni mi ricorda tanto la scena glam di mille anni fa. Ma qui il glam non c'è, ci sono solo strabordate di metallo fumante, in particolar modo mi colpiscono al primo ascolto (ripeto, non le avevo mai sentite) "Rise of the Morning Star", "Towards the Gates of Unknown" e la meravigliosa "And the Wind Still Screams His Name", di fronte alle quali è letteralmente impossibile rimanere fermi e non fomentarsi. Non so se siano enormemente migliorati col tempo, se la registrazione su disco li penalizzi, sta di fatto che dal vivo rispetto alle prove in studio (ovvero "Where the Time Dwelt In", qui recensito dal nostro Sergio) mi hanno fatto un effetto notevolmente più amplificato.
Il pubblico, già numericamente discreto, si è divertito, loro si sono (credo) divertiti, io mi sono divertito: missione decisamente compiuta.
Ah, piccola ma significativa nota: i loro suoni erano PERFETTI, successivamente con Rosae Crucis e Riot V non sarà propriamente così.

Ah, i ROSAE CRUCIS. Anche qui torno vecchio, sono passati 22 anni da quella cassettina di "Fede potere vendetta" che mi fu affidata per la recensione dei demo sulla relativa rubrica di Metal Shock, e fu subito amore.
Amore che continua e resiste nel tempo e ho perso ormai il conto di quante volte ho assistito ad una esibizione dal vivo da parte di Ciape ed Andrea Magini, che peraltro stasera è assente per infortunio e rimpiazzato dall'ottimo Alfredo Gargaro, fra gli altri ascia degli Exiled On Earth, come il suo fido compagno Tiziano Marcozzi.
Come anticipato qualche riga sopra, i suoni purtroppo si impastano un po' proprio nel sound delle chitarre e la batteria (di un impetuoso Piero Arioni) esce a livelli elevati ma questo non impedisce di godere appieno di un'altra ottima prova, caratterizzata peraltro da una prova superiore di Giuseppe Cialone dietro al microfono, migliore di quella sciorinata al Burn This Town in compagnia dei Sacred Steel.
La setlist è quella degli ultimi tempi, con Rosa Croce in apertura e tanto spazio all'ultimo "Massoneria": Hiram Abif, Sancta Sanctorum, Militia Templi (dedicata al povero Fernando), Guerra Santa e la titletrack, tutte eseguite con grande enfasi ed intepretazione.
Del passato restano Fede Potere Vendetta, Anno Domini, la tumultuosa I Vermi della Terra e la conclusiva Crociata, come al solito cantata a squarciagola da tutti i presenti. Magari ogni tanto un ripescaggio della primissima ora come La sacra corona, Il re del mondo o La Chiesa ma queste sono piccolezze di chi ormai li ha visti decine e decine di volte e che non vede l'ora di farlo ancora. Ed ancora. Ed ancora.

Ci siamo.
Non starò a farvi il pippone di come ritenga i RIOT di gran lunga la band più sfigata (intendo sfortunata, non sfigata nel senso di Avenged Sevenfold), sottovalutata e vilipesa di tutta la scena musicale mondiale, ed infatti ve lo faccio ed è pazzesco che questi a fine anni '70 abbiano insegnato A TUTTI come si suona heavy metal, poi gli altri hanno fatto carriera, soldi e fama ed a loro poveracci son rimaste le briciole e le disgrazie. Vabbè.

Sebbene ci sia un disco un arrivo, figlio del neo-contratto con la Nuclear Blast, parliamo di un concerto commemorativo, a partire ovviamente dal povero Mark Reale per continuare con i due disgraziati singer, Guy Speranza e Rhett Forrester.
Quindi, la scaletta è fondamentale.
Guardate questi signori che cosa sono stati capaci di tirare fuori:


Ride Hard Live Free
Fight or Fall
On Your Knees
Metal Soldiers
Don’t Hold Back
Johnny’s Back
Wings Are for Angels
Black Leather and Glittering Steel
Angel Eyes
Outlaw
Heavy Metal Machine
Flight of the Warrior
Bloodstreets
Take Me Back
Road Racin’
Swords and Tequila
Warrior
Thundersteel
Fire Down Under
Sign of the Crimson Storm


Non so se mi spiego.
I loro migliori pezzi di sempre, conditi da altri bellissimi, c'è persino Fire Down Under che non era in scaletta ma è stata aggiunta su richiesta di una fanciulla della prima fila.

Una prestazione memorabile, ma voglio andare nel dettaglio:

- Frank Gilchriest alla batteria, ha distrutto tutto, un mostro. Dinamismo e potenza allo stato puro, la classe non è acqua e si vede bene che ci mette il 100% della propria abilità e concentrazione

- il "giovane" Nick Lee, una furia di entusiasmo e partecipazione, oltre al proprio lavoro alla chitarra è un motore inesauribile per il pubblico, trascina ed infiamma con una passione sorprendente

- Mike Flyntz, frontman a parte, è il più acclamato. I presenti sono tutti per lui, lui se ne rende conto, sfodera grande sorrisi e occhi che rivelano tutto il suo apprezzamento. Un paio di volte gli scappa qualche nota ma chissenefrega grosso come una casa, lui con quella faccia da texano/portoricano (invece è di Brooklyn vabbè) dei film americani che gestisce un albergo di quint'ordine se la ride sotto i baffi e conquista tutti

- Don Van Stavern, nomen omen, è una taverna in tutti i sensi per come è attaccato a quella sua boccia di super alcolico che offre alla prima fila senza indugi. Io la mattina dopo ero stanco e con mal di testa e non ho bevuto manco una birra, lui ha 12 anni più di me ed era fresco come una rosa. Senza dubbio, oltre al suo strumento, è una presenza carismatica fondamentale.

- Todd Michael Hall, è imbarazzante. Sì, per gli altri.
Non credo, a memoria, di aver mai sentito un cantante andare COSI' in alto, COSI' ripetutamente, con una tale potenza e con una tale naturalezza, roba da far sembrare i suoi colleghi degli incapaci, con lui che ti guarda con i suoi capelli da paggetto (non uno bianco o una stempiatura...rabbia), i suoi possenti bicipiti ed i suoi acuti stampati a tutto volume mentre saluta, ringrazia o batte il cinque a quelli delle prime file, della serie "e che ci vuole?".

La stessa "Thundersteel" giunge quasi a fine concerto, quando uno dovrebbe essere un minimo stanco, e la esegue con una freschezza che da' l'impressione fosse per lui andrebbe avanti fino al mattino. Un sorso d'acqua e via, si riparte di slancio. Invidia totale.

Chiudo con ringraziamento particolare e personale alla Cruz Del Sur Records, insieme alla Ace Records, per avere ancora il coraggio e l'ostinata convinzione di tentare ad organizzare serate come queste.
Immaginiamo, nel nostro piccolo dato che ci siamo passati 4 o 5 volte, lo stress, le insicurezze, le rotture di scatole e tutto quel che ne viene per presentare eventi del genere: eventi che in ogni caso nel nostro cuore rimarranno indimenticabili.

Chi c'era lo sa.
Per buona pace degli assenti ingiustificati.
Report a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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