(28 novembre 2015) Europe + Dirty Thrills @ Alcatraz

Info

Provincia:MI
Costo: €30,00+d.p., €35,00 in cassa
Saremo anche nell'era dell’informazione globalizzata, dove i mezzi per scoprire nuove bande musicali sono sempre più free n’ shared n’ smart (!), ma lasciatemi dire che fare la conoscenza con un (ottimo) gruppo emergente alla “vecchia maniera” è davvero una “bella storia” (locuzione che diventerà un po’ il leitmotiv della serata e tra poco vedremo il perché …). Non sapevo veramente nulla (in maniera ”colpevole”, lo ammetto …) dei Dirty Thrills e acquisirne le importanti qualità artistiche dal palco dell’Alcatraz è stata una piacevolissima sorpresa.
Alimentati da monumenti come Free, Zeps e Bad Company, i londinesi, sfruttando anche un curioso crossover estetico tra passato e presente (i “baffetti da sparviero” very seventies dello scatenato bassista Aaron Plows e il look da hipster dell’eccellente chitarrista Jack Fawdry …), offrono uno spettacolo piuttosto intenso e coinvolgente, illuminati dalla necessaria vocazione e pilotati da un cantante, Louis James (figlio di Nicky James, singer nelle prime incarnazioni dei Moody Blues), artefice d’interpretazioni molto sentite e ispirate. “Rock n Roll”, “No Resolve”, “Feeling” e “Follow Me Home” sono sicuramente momenti assai intriganti di vigoroso hard-rock blues, ostentato con una notevole naturalezza e una considerevole tensione espressiva, tali da poter condurre i britannici a insidiare molto presto l’egemonia del settore … peccato solo per i prezzi non esattamente “popolari” del loro materiale discografico (al pari del merchandising ufficiale degli Europe, del resto ...) venduto qui al concerto … avrei gradito molto poterlo accogliere nella mia preziosa collezione e il suo arrivo è solo rimandato … bravi.



Arrivati ad analizzare lo show degli Europe, prima ancora di impegnarsi in una breve valutazione della loro performance meneghina, alcune considerazioni di carattere generale: da quando è tornata in azione, ormai una decina abbondante d’anni fa, l’esperta formazione svedese non ha sbagliato un “colpo”, sfornando di continuo album parecchio diversi tra loro, sempre all’insegna della creatività, pur mantenendo saldi i principi di appartenenza alla nobiltà del “classic rock”.
War Of Kings”, in tal senso, è probabilmente l’apice (almeno finora …) di questo percorso, candidandosi seriamente per il titolo di disco dell’anno nel suo specifico ambito di competenza, e questo in barba alle innumerevoli e sponsorizzate new sensation del vintage sound.
A corollario di quest’opulenta attività di studio, il gruppo ha costantemente offerto prove dal vivo piene di entusiasmo e professionalità, regola a cui non si sottrae nemmeno il concerto di questo sabato sera novembrino, considerato, a ragione, da un sempre sorridente (grande invidia, oltre che per lo smagliante stato di forma, anche per la sua scintillante dentatura!) Joey Tempest, una “bella storia” (lo ripeterà, in italiano, svariate volte durante l’esibizione!).


I brani del nuovo lavoro, ascoltati per la prima volta nell’insindacabile dimensione live, acquisiscono ulteriore spessore, con la title-track e “Hole in My Pocket” che rappresentano le due prime “bordate” dritte ai sensi degli estimatori di Rainbow e Sabbath, seguite da una devastante versione di “Nothin' to Ya”, un favoloso macigno sonico veramente degno di cotanto blasone.
E che dire, poi, di “The Second Day”, in cui fa capolino pure la maestosa lezione del Dirigibile, della toccante “Praise You” imbevuta di Deep Purple e Whitesnake (con un ardore che i mentori sembrano aver smarrito …) oppure di “Days of Rock 'n' Roll” che plana sul palco del gremito locale milanese come un luminoso UFO (con Joey nei gloriosi panni di Phil Mogg, ma senza fastidiosi scimmiottamenti …)?
Gli Europe si dimostrano illuminati interpreti della “tradizione” e mi auguro con tutto il cuore che non ci sia più nessuno che li possa ritenere “solo” quelli di “The Final Countdown” o di “Carrie” … ovviamente (rilevando la reazione entusiastica del pubblico …) sono “anche” quello, e cioè una forma molto intelligente di “ruffianeria”, e tuttavia, mentre cerco di svincolarmi dalla distesa di cellulari che riprendono lo spettacolo (una pratica veramente odiosa, purtroppo diffusissima, …), non posso proprio credere che questa band possa ancora essere vittima di un “pregiudizio” tanto inammissibile.
Tra le molteplici “testimonianze” di una gamma artistica variegata e fantasiosa, mi sento in dovere di segnalare un’impeccabile esposizione della sfarzosa “Superstitious”, una radiosa “Last Look at Eden”, la potentissima “The Beast” e le sempre travolgenti “Let the Good Times Rock” e “Rock the Night”.
Che i nostri conoscano la difficile arte della “comunicazione” è assodato e ciò nonostante sorprende comunque la semplicità con la quale coinvolgono gli astanti senza doversi affidare a particolari artifizi, grazie soprattutto all’istintiva disinvoltura di un Tempest praticamente perfetto sotto il profilo tecnico (solo verso la fine la sua voce dà qualche piccolo segno di cedimento) ed empatico.
Due notazioni, infine, su John Norum, un chitarrista dalle qualità enormi, probabilmente non adeguatamente riconosciute (uno dei pochi in grado di passare dall’aristocrazia Blackmoriana a un viscerale approccio quasi Wyldesco senza battere ciglio!) e su Ian Haugland, che avrà anche perso la sua lunga chioma (una circostanza abbastanza “familiare” al sottoscritto, peraltro) ma rimane un solidissimo e preciso “percotitore di pelli” (simpatico il suo solo sulle note del “Guglielmo Tell” di Rossini).
Riproponendo nuovamente il succitato “tormentone”, una “bella storia”, insomma, che ha soddisfatto pure l’inossidabile Rapetti … più di così ...
Foto di Sergio "Ermo" Rapetti

Setlist
1. War of Kings
2. Hole in My Pocket
3. Superstitious
4. Wasted Time
5. Last Look at Eden
6. Carrie
7. The Second Day
8. Firebox
9. Sign of the Times
10. Praise You
11. The Beast
12. Vasastan (instr.)
13. Seventh Sign
14. Ready or Not
15. Nothin' to Ya
16. Drum Solo
17. Let the Good Times Rock
18. Rock the Night
19. Days of Rock 'n' Roll
Encore:
20. The Final Countdown
Report a cura di Marco Aimasso

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