(03 marzo 2004) Soilwork + The Forsaken – 03.03.04 - Vidia Club, San Vittore in Cesena (Cesena)

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Una delle band che compone la triade dell’Olimpo dell’attuale New Wave Of Swedish Heavy Metal (inutile soffermarsi sul fatto che le altre due bands sono In Flames e Dark Tranquillity) giunge al Vidia per il suo primo tour da headliner solo pochi giorni dopo il concerto di Arch Enemy, tenutosi sempre in questa locazione. Questa, se non erro, è la terza volta che vedo la band di Strid e soci (le altre volte sono state a Milano con In Flames ed al Gods 2003) e, considerando che per le altre due volte questi ragazzi sono sempre andati in ascesa, le aspettative per il mio terzo incontro sono decisamente elevate.

Ad aprire la serata troviamo i The Forsaken, band proveniente dal sud della Svezia, che ha già all’attivo diversi lavori, gli ultimi tre editi dalla teutonica Century Media.
Mi preme sottolineare che mi limiterò a parlare meramente l’aspetto musicale, in quanto non posso esprimere considerazioni più approfondite su questo combo; infatti, per l’occasione, Junior, il singer originale della band ed il bassista Anders (sembra entrambi impossibilitati nel seguire il tour) sono stati rispettivamente sostituiti da Kristian Kaunissaar (Portal) e da Marios Iliopoulos (Nightrage), due elementi di sicuro valore (è soprattutto il bassista greco a lasciare l’impressione migliore), ma che rimangono pur sempre esterni al lotto originale, snaturandone la forma.
La band sale sul palco quando le 21.30 sono scoccate già da diverso tempo, ed i primi dieci minuti sono a dir poco esaltanti… Death/Black Metal molto Thrash nell’anima e nello spirito, tirato e massiccio… ma poi lentamente si arriva un pochino all’apatia, vuoi forse per le songs molto simili l’una alle altre, vuoi per il set decisamente lungo per un’opening act. Dopo il fulminante inizio, l’unico altro sussulto che riserva l’esibizione dei The Forsaken è legato alla riproposizione di Blackened, song indimenticabile di ‘…And Justice For All’ dei Metallica dei tempi d’oro che furono, suonata con una carica invidiabile e decisamente apprezzata dai ragazzi accorsi al concerto.

Dopo un cambio palco discretamente lungo, è arrivata l’ora dei Soilwork.
Ad un primo acchito sembra di stare davanti ad una band di simpatici giocherelloni, soprattutto a livello visivo: il singer Strid sfoggia una camicia azzurrina “modello polizia” con tanto di cravatta incorporata, i due chitarristi giocano al cattivo ed al Rocker, sfoggiando chi una t-shirt con tanto di armi, chi una dei The Darkness, il bassista Ola Fink sembra essere uscito direttamente da una band di grezzissimo Rock’N Roll, mentre gli unici due che vestono i panni del classico metallone sono il tastierista Sven ed il nuovo acquisto dietro le pelli Dirk Verbeuren (ex- Scarve).
Come per i precedenti concerti, la scaletta è pressoché la stessa, non essendoci nuove uscite in programma, ma quello che lascia disorientati è la crescita che questi ragazzi hanno raggiunto, sia in termini di presenza scenica che di puro impatto, per non parlare poi della padronanza dei propri mezzi (a questo proposito, una nota di merito va al nuovo acquisto Dirk, un drummer con la D maiuscola). Songs come ‘Figure Number Five’ o ‘Light The Torch’ piuttosto che ‘As We Speak’, ‘Natural Born Chaos’, Needlefeast’, Neurotica Rampage’, le più datate ‘Chainheart Machine’ e ‘Sadistic Lullabye’ divengono di volta in volta sempre più aggressive e taglienti, risultando vere e proprie bombe sonore.

Nonostante la poca gente accorsa alla serata (consideriamo che stiamo parlando di un Mercoledì, e soprattutto va ponderato anche il fatto che il Sabato prima si sono esibiti gli Arch Enemy, con ulteriore spesa monetaria annessa e connessa – non sempre si hanno, a dir poco, 30/40 Euro a disposizione per assistere a due concerti l’uno a pochi giorni dall’altro), tutto è filato per meglio, e quando la band svedese ha inanellato il tris conclusivo, formato da ‘Follow The Hollow’, Bastard Chain’ e ‘Distortion Sleep’ (quest’ultima riservata come bis) l’euforia ha toccato il punto più alto.

Per la terza volta i Soilwork hanno espresso un arsenale migliore delle volte precedenti, ancora inferiore “all’animalità” dei cugini In Flames, ma decisamente di grande spessore e personalità. Sono sicuro che la quarta sarà ancora meglio.

Report a cura di Massimo 'Whora' Pirazzoli

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