(16 novembre 2003) Death Angel – Transilvania Live, Milano - 16.11.2003

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Tornano in Italia, a distanza di pochi mesi, i Death Angel, storico act della Bay Area autore di capolavori del thrash, dall’aggressivo “The Ultra-Violence” allo strepitoso e tecnico “Act III”, senza scordare ovviamente “Frolic Through the Park”. Al No Mercy Festival sconvolsero tutti, persino quelli che si erano avvicinati al palco dicendo “sì, ma cosa vuoi che facciano questi? Chissà che palle…” (come dici Franzi, ti fischiano le orecchie? Hahaha! ndTxt); confezionarono uno show perfetto, che surclassò tutti gli altri gruppi della giornata, e che si piazzò tra i migliori che il sottoscritto abbia mai visto.

L’attesa dunque questa volta era tanta, e non solo da parte mia, vista la più che buona affluenza del pubblico, che ha quasi riempito il pur modesto Transilvania Live. Ad introdurli tre gruppi, che sia io che Marco Negonda ci siamo persi quasi integralmente perché impegnati con l’intervista a Mark Oseguada dei Death Angel; francamente, se anche li avessimo visti, avremmo saputo scrivere ben poco, vista la nostra totale impreparazione sulla loro moderna proposta musicale, ben poco affine al thrash degli headliner.

Quando arriva il turno della band statunitense di origine filippina, il pubblico incomincia a spostarsi sotto al palco, dimostrando di non aver molto gradito la scelta di inserire tre gruppi opener così distanti come genere dai Death Angel; dopo uno spettacolo seguito con abulico distacco, la gente vuole scatenarsi come si deve, e la band dal canto suo offre al suo pubblico quello che vuole: una scaletta fenomenale, che pesca da tutti e tre i dischi, uno show di un’ora e tre quarti circa, ed una performance incredibile per aggressività e pulizia sonora.

I suoni sono perfetti, ad eccezione della chitarra ritmica di Gus Pepa, quasi interamente sovrastata dal suono crudo e violento targato Marshall della lead guitar di Rob Cavestany; eccezionale soprattutto il basso di Dennis Pepa, che dalla sua ci mette un tocco fuori dal comune, specialmente nei fraseggi slappati.
Incredibile poi Mark Oseguada, in perfetta forma e visibilmente esaltato dall’idea di ritornare in Italia dopo la calorosa accoglienza riservatagli dal pubblico all’esibizione del No Mercy.

La band propone quasi per intero il debutto “The Ultra-Violence”, che ricordo a tutti fu registrato da una band di minorenni, ed ecco così arrivare “Evil Priest”, la trascinante e melodica “Voracious Souls”, e la cruda e dura “Thrashers”, inevitabile inno di battaglia cantato dal bassista Dennis Pepa; non manca all’appello nemmeno la title-track strumentale, accolta da un’ovazione dei presenti ed eseguita magistralmente.

I Death Angel offrono uno show multicolore, in grado di alternare sapientemente le sfuriate classiche a pezzi acustici quali “A Room with a View”, nel quale a farla da padrona sono i vocalizzi armonizzati di Mark e Rob Cavestany, e a brani più ricercati come la stupenda “Bored” e la distruttiva opener “Seeming Endless Time”; viene proposto anche un brano dal nuovo album, in via di completamento e descritto da Mark come “un incontro tra l’aggressività di ‘The Ultra-Violence’ e la fluidità di ‘Act III’”, intitolato (se la memoria non mi inganna) “Devil Incarnate”.

Per il bis i Death Angel accontentano il pubblico, che da un’ora circa chiedeva la quarta traccia di “The Ultra-Violence”, sulle note quindi della devastante “Kill as One” si rompono gli ultimi colli rimasti intatti dalle quasi due ore di spettacolo; i cinque salutano tutti e ci lasciano con una promessa: in primavera uscirà il disco nuovo, e subito dopo ripartirà il tour, proprio dall’Europa, che passerà anche da Milano. Io li aspetto già.

Show grandioso, insomma, anche se sul piano prettamente esecutivo erano stati forse più precisi al No Mercy; ad ogni modo, ce ne fossero di band capaci di concerti del genere, per feeling, passione e capacità di coinvolgimento. Da lasciarvi a bocca aperta.

Report a cura di Lorenzo 'Txt' Testa

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