2019: dodici mesi di metal insieme, nella speranza che siano come gli ultimi...

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Pubblicato il:22/01/2019
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Siamo alla fine di gennaio, un altro anno è appena iniziato e la memoria corre veloce a circa 12 mesi fa, quando in un articolo riguardante le uscite del 2017 ci dicevamo fiduciosi su quello che sembrava promettere il 2018 appena concluso. In effetti le nostre speranze sono state ampiamente ripagate, poiché nel corso dell’ultimo anno abbiamo potuto godere di tantissimi album entusiasmanti, peraltro a 360 gradi, spaziando dai territori più classici, come l’hard rock, l’AOR, il power e l’heavy metal, fino a quelli più contaminati ed infine estremi, con una speciale menzione per il black metal che – nelle sue varie sfaccettature – ha presentato dei lavori di assoluto valore.

Peraltro, e di questo siamo particolarmente entusiasti, sono arrivate conferme da tante band ancora giovani ma già rodate, ma anche dei dischi incredibili da parte di vecchie glorie che proprio non ci aspettavamo più (ehi, chi ha detto Judas Priest?), gloriosi ritorni dopo dei passi falsi imbarazzanti (come l’eccellente “Mark of the Necrogram” dei redivivi Necrophobic) e di debutti inaspettatamente brillanti da parte di formazioni totalmente emergenti. Certo le delusioni non sono mancate, così come la conferma di gruppi che hanno ormai deciso di sacrificare una certa qualità del loro songwriting in nome di vendite più facili e numerose (Machine Head in primis, ma possiamo parlare anche di Dimmu Borgir e Behemoth, ormai invischiati sempre più nel symphonic plastic gaming black metal), o ancora più tristemente vecchi leoni ormai completamente svuotati di quel furore epico che ha contraddistinto buona parte della loro carriera, presentando una versione parodistica e malinconica di loro stessi, in primis David DeFeis con i suoi Virgin Steele, quasi infangando la memoria di quanto di meraviglioso sia stato composto negli anni passati, ma anche degli spompati At the Gates, nonostante il plauso di tanta stampa facilmente compiacente.

Non sappiamo se il 2019 sarà ugualmente entusiasmante, ma c’è da scommettere che saranno tantissimi i dischi che, anche nei meandri e nel sottobosco dell’underground più oscuro e nascosto, ed ovviamente noi di Metal.it saremo qui ad ascoltare, commentare, parlare insieme a voi – anche con i nostri video su Youtube che hanno segnato il 2018 con un enorme gradimento da parte vostra – della nostra musica preferita, che con passione e determinazione ci accompagna ormai da moltissimo tempo, facendoci entrare nel nostro ventesimo anno di vita. Un risultato inaspettato che non avremmo mai potuto conseguire senza il vostro supporto ed affetto.
Ma andiamo con calma a dare uno sguardo di insieme all’anno che verrà, fiduciosi che potrà comunque non sfigurare rispetto a quello appena terminato.
Questa fiducia ci viene instillata anche a fronte dei primi lavori già usciti in queste prime tre settimane di gennaio, in cui emerge l’inaspettato ritorno alle vecchie sonorità dei Soilwork con “Verkligheten”, che finalmente abbandonano le influenze metalcore degli ultimi dischi e tornano ad un death metal molto melodico e moderno come ai tempi del vecchio “Figure Number Five”. Dai veterani del thrash metal Flotsam and Jetsam abbiamo avuto modo di ascoltare “The End of Chaos”, un solido lavoro che non fa gridare al miracolo ma che dimostra che non necessariamente con l’avanzare dell’età diminuiscono le energie. Energie sprecate invece nel caso dei The Three Tremors, un disco che è un imbarazzante inno al pacchiano e ridondante, con il rammarico di vedere totalmente sprecate tre ugole d’oro come quelle di Tim “Ripper” Owens, che ormai sembra aver perso irrimediabilmente “il treno giusto”, Harry “The Tyrant” Conklin, che ci auguriamo si concentri maggiormente nel comeback dei suoi Jag Panzer, e Sean Peck dei Cage. Ultima “botta” davvero appena uscita di questo gennaio, l’incredibile ritorno di Phil Fasciana e dei suoi Malevolent Creation che, dopo tanti dischi piattissimi e mosci, con una lineup totalmente rinnovata sono riusciti a ritrovare i fasti di album come “Envenomed” con il nuovo e terremotante “The 13th Beast”.

Qui le certezze finiscono ed iniziano le previsioni, le speranze o le…preoccupazioni. Se da una parte siamo abbastanza sicuri che in campo hard rock gli Inglorious non deluderanno affatto, così come i loro colleghi in campo estremo di doomy death metal Swallow the Sun, bisognerà essere più cauti con gli Starbreaker, band dell’indimenticato vocalist dei TNT Tony Harnell, e con i progressive power Evergrey, band di gran classe con un Tom Englund unico e carismatico dietro al microfono ma non sempre stabilissimo a livello di qualità. E dopo tanti anni finalmente potremo avere tra le mani un live ufficiale di King Diamond, che tanti già giurano essere spettacolare. Parlando sempre di live, qualcosa dovrebbe muoversi in casa delle superstar del nostro movimento, ovvero i Metallica di Lars Ulrich, che qualsiasi cosa pensi, progetti o tocchi si trasforma in oro, a prescindere dal proprio valore intrinseco. Mentre è già certo che febbraio si aprirà con disco pluririmandato, slittato dal 2018 al primo febbraio, ovvero “Resist” dei Within Temptation di Sharon Den Adel, considerata un po’ universalmente come la voce ispiratrice di tutto il movimento symphonic metal. E sebbene non sia questo il genere in cui inquadrarlo, di sinfonia ce ne sarà veramente tanta nel ritorno degli Avantasia di Tobias Sammet intitolato “Moonglow”, con una carrellata di ospiti illustri da far invidia alla notte degli Oscar. Per la gioia del nostro Beppe “Dopecity” e del suo gattone Orazio, tornano i greci Rotting Christ con “The Heretics” e c’è da scommetterci che uno slot di top album sia già prenotato.

Top album che invece difficilmente vedranno dei grandi veterani della scena thrash, ovvero i newyorkesi Overkill che continuano a pigiare sull’acceleratore e sull’impatto, forse dimenticando la melodia ed i riff di una volta, ed allo stesso modo pare non aver colpito perfettamente nel segno il primo disco dei Rhapsody of Fire di Alex Staropoli con Giacomo Voli alla voce, che alla luce del primo singolo uscito non pare esattamente un capolavoro. E, seguendo la medesima linea di pensiero, cupe ombre all’orizzonte si stagliano in direzione Insideout, storica etichetta dedita al progressive metal che sta per pubblicare “Distance Over Time”, quattordicesimo album del gruppo di riferimento fin dal 1992 dell’intero movimento, ovvero i discussissimi, amatissimi, criticatissimi Dream Theater. Invece una certezza ve la diamo noi, dato che abbiamo già avuto modo di ascoltare il ritorno di Johan Lanqvist alla voce dei Candlemass, un’impresa che inizialmente al momento dell’annuncio sembrava a dir poco ardua dopo ben 33 anni di assenza e che invece si è dimostrata così naturale e semplice come giocare al casino online NetBet: ne siamo sicuri, “The Door to Doom” è un album che farà la gioia di tutti gli amanti della band svedese e del doom metal in generale.

Scorrendo velocemente i mesi e concentrandoci sui grandi nomi, grossi interrogativi aspettano i ritorni di Queensryche (che però sembrano attraversare una seconda giovinezza dopo le burrascose vicende con Tate), gli ormai perduti In Flames che contano le mazzette di euro derivanti dalle centinaia di migliaia di visualizzazioni e streams da parte dei quattordicenni di mezzo mondo, ed ovviamente i Children of Bodom di Alexi Laiho con “Hexed” che ogni volta alla stampa promette un ritorno alle sonorità dei primi tre dischi, promesse che poi non trovano riscontro di fronte ai fatti.
Incognite totali di fronte al nuovo lavoro di Devin Townsend, così come agli album programmati da circa metà 2019 in poi, con nomi di spicco come Hammerfall, Whitesnake, Carcass, Blind Guardian, Fear Factory, Nightwish, il live degli Helloween a celebrare il successo clamoroso del tour che ha visto Kiske e Hansen sul palco con la reunion delle zucche, ed il ritorno di un Timo Tolkki di cui ci auguriamo un ritorno in buona salute decisamente più che un disco valido.

Terminiamo questa panoramica con una sequela di nomi che sulla carta dovrebbero fare la gioia di qualsiasi thrasher, dato che il 2019 dovrebbe “regalarci” i comeback discografici di Annihilator (che non azzeccano un disco da appena 20 anni…), Anthrax, Exodus, Megadeth e Testament: in ogni caso, sarà un successo!
Articolo a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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