Bruce Dickinson - "What Does This Button Do?": l'autobiografia.

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Pubblicato il:04/11/2017
La mia assoluta mancanza di obiettività e raziocinio ogniqualvolta si discetti di Maiden è ormai cronica. Tanto per dire, pochi giorni fa mi sono recato a Leeds -con moglie e figlia neonata a seguito, povere- appositamente per incontrare Bruce Dickinson e farmi firmare un paio di copie della sua nuova autobiografia.
A lato l’allarmante testimonianza fotografica...

Messo in chiaro il grado di demenza, posso quindi passare tosto alla disamina di un tomo che attendevo come manna dal cielo. Per un indefesso collezionista maideniano come il sottoscritto, infatti, la possibilità di mettere le mani su qualche aspetto inedito della loro epopea sembrava ormai un miraggio: tra biografie, approfondimenti, libri, articoli, documentari, dvd antologici etc. ero arrivato al punto di citare alcuni passaggi ed aneddoti della loro storia come le battute del film “I Goonies” (“Fori di proiettili grossi come ossobuchi!”).

Attenzione però: gli Iron, in “What Does This Button Do?”, sono solo uno degli argomenti trattati, ma non certo il punto focale. Non se ne scorge praticamente traccia prima di pagina 100 o giù di lì, ed escono dalla narrazione per lunghi tratti.
Giusto così, posto che Bruce, oltre che cantante, è anche schermidore, pilota d’aerei, presentatore radio, mastro birraio, sceneggiatore e che più ne ha più ne metta; peraltro, alcuni dei passaggi più interessanti non sono affatto Maiden-related (penso agli splendidi capitoli incentrati sulla giovinezza in quel di Worksop).

Altro avvertimento: in questo volume non trovano spazio alcuno:
- particolari pruriginosi;
- gossip e pettegolezzi;
- colpi bassi nei confronti di altri musicisti;
- vicende private;
- logora aneddotica da rock star.
Quindi non aspettatevi divorzi litigiosi, bordate a Nikki Sixx o Sharon Osbourne, stanze d’albergo distrutte, groupies castigate e sentimenti provati al momento della nascita dei figli.
Deo gratias.

Certo, gli episodi della vita on the road non mancano, e non nego che il passaggio in cui si ammette candidamente l’utilizzo di cocaina da parte di alcuni membri della Vergine durante le registrazioni di “The Number of the Beast” mi ha sorpreso a dir poco. D’altra parte, il taglio è sempre disincantato ed ironico, e non si cerca mai d’inquadrare gli eventi in un’ottica fintamente trasgressiva, eccessivamente glorificatrice o volgarmente polemica.

Come ovvio, i colori di taluni ricordi paiono più vividi di altri: penso in primis al capitolo riguardante il concerto con gli Skunkwors a Sarajevo durante l’assedio, o ancora alla terribile, eppur magicamente leggera, descrizione dei trattamenti del tumore scoperto a fine 2014.
Nel contempo, la lettura risulta immancabilmente fresca, scorrevole, con un ritmo narrativo costante e coerente.

In questo senso si evidenzia l’ottimo lavoro svolto in sede di editing da Jack Fogg, incaricato dalla casa editrice Harper Collins di decriptare gli intricati manoscritti (nel vero senso del termine, visto che Bruce ha scritto ogni singola parola del libro a mano!), di armonizzarli e, soprattutto, di sfrangiarli.
Già, perché la Air Raid Siren aveva prodotto -senza l’ausilio di ghostwriters- un testo di oltre 160.000 (!) parole, indugiando lungamente su dettagli della sua carriera di pilota. Il testo finale, dal canto suo, presenta un conto di poco più di 105.000 parole. Tagli senz’altro dolorosi per l’autore, eppur necessari per una resa finale snella e mai paludosa.

Il risultato viene raggiunto in pieno.
What Does This Button Do?” ci consegna un Bruce autoironico ma non disimpegnato, acuto ma non presuntuoso, colto ma non pedante, preciso ma non puntiglioso… insomma: il Nostro, tra le altre cose, sa anche scrivere bene.
E ve lo dice uno che, per quanto fanatico irriducibile, non ama particolarmente le biografie ed ha faticato a completare la lettura delle due precedenti opere letterarie di Dickinson (i romanzi “The Adventures Of Lord Iffy Boatrace” e “The Missionary Position”).

Completano il tomo gustose foto d’archivio (alcune delle quali inedite), e una tiratura limitata con stilosissime pagine a bordi neri. Io nel dubbio mi sono concesso anche la versione a copertina rigida “normale” e quella a copertina morbida…
Il cofanetto che potete ammirare nella terza foto in basso, da ultimo, rappresenta la classica ciliegina sulla torta: ben 10 cd per un totale di 666 minuti -giuro!- di integrale lettura del testo da parte dello stesso autore.
La maggior parte di voi, me ne rendo conto, lo considererà un prodotto utile quanto un ombrello bucato; per il sottoscritto, al contrario, si tratta di una chicca assoluta. Senza contare che affrontare il testo in parallelo all’ascolto potrà certamente agevolare la comprensione di chi non mastichi troppo l’albionico idioma.

In attesa, quindi, di una traduzione di “What Does This Button Do?” nella nostra lingua -che presumo giungerà nel corso del 2018-, non posso che consigliarne con tutto il trasporto possibile la lettura a chiunque possieda padronanza della lingua inglese.
Vi attende la divertente ed appassionata testimonianza di un artista poliedrico, sui generis, lontano anni luce dal consunto stereotipo di rock star. E, come tale, infinitamente più interessante.

Bruce Dickinson
"What Does This Button Do? - An Autobiography"
Copertina rigida: 384 pagine
Editore: HarperCollins
Lingua: Inglese
Articolo a cura di Marco Cafo Caforio

Ultimi commenti dei lettori

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Inserito il 04 nov 2017 alle 11:51

rispetto!

Inserito il 04 nov 2017 alle 07:35

Sì hai ragione: al momento ci sono trattative ma nessuna certezza sulla versione in italiano. La mia era solo una previsione/speranza... Adesso scrivo al management e mi candido :D

Inserito il 04 nov 2017 alle 07:25

Grande Cafo! Ma mi risulta che non lo tradurranno (almeno così ho capito).. Proponiti! :D