Frontiers Music - intervista a Elio Bordi: don’t stop believin’

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Pubblicato il:02/12/2016

Alzi la mano chi, tra gli chic-rockers là fuori, avrebbe mai previsto che un giorno l’etichetta discografica di riferimento del genere sarebbe stata “fieramente” italiana.
Nemmeno il più “visionario” degli appartenenti alla suddetta categoria, mi sa … eppure questa chimera si è realizzata grazie all’abnegazione, alla convinzione, alla competenza e all’impegno di una label che non ha mai smesso di “crederci”, una cosa sempre più rara nei diffusi pragmatismi del vivere contemporaneo.
Ok, già mi sembra di vedere il “soliti criticoni” pronti a sminuire l’impresa sottolineando quanto il mercato sia cambiato e sia diventato, se confrontato con il periodo aureo del rock melodico, molto meno appetibile dal punto di vista commerciale ma, ovvietà a parte, come si dice, “le chiacchiere stanno a zero” e alla luce dei fatti non si può che encomiare la Frontiers per quello che sta facendo per la “nostra” musica, patrocinando i colossi del settore, sostenendo alcune delle migliori band emergenti e organizzando Festival “a tema” sul suolo italico, davvero impensabili fino a qualche tempo fa.
Tanti complimenti, dunque, che affidiamo, assieme a parecchie curiosità e a qualche piccola “provocazione”, al nostro graditissimo interlocutore, Elio Bordi, Promotion Manager (nonché PR, Web Manager, Magazine director e editor!) della Frontiers Music e amico di vecchia data della “Gloria” …

Ciao Elio! Innanzi tutto, grazie per la disponibilità … lasciami dire che per me che seguo l’attività della Frontiers già da “qualche” anno è un piacere enorme e un onore avervi ospiti sulla nostra gloriosa webzine! Iniziamo dal “fondo”, il recente Frontiers Metal Festival … dopo aver sorpreso la “comunità melodica” con il Rock Festival, avete deciso addirittura di “raddoppiare” con questa iniziativa … ti va di raccontarci com’è maturata questa decisione?
Avevamo questo progetto in mente da un po’. Col tempo è maturato sempre di più fino a quando abbiamo pensato che quest’anno fosse quello giusto. Nasce dalla voglia di dare un’ulteriore vetrina alle nostre band metal e a soddisfare le frequenti richieste degli appassionati. Non vedevamo l’ora di dedicare una giornata alle “nostre” band più heavy, ma non solo. Com’è nostro stile e desiderio, il festival per noi non è solo un “semplice” avvenimento in cui suonano band, ma un vero e proprio evento in cui il centro di tutto siamo NOI. Col “NOI”, ovviamente, intendo tutti. Band, label, club, fan e appassionati; siamo tutti una grande famiglia che si diverte e vive la giornata come un’enorme e bellissima festa fra amici.
Un risultato pienamente raggiunto, mi sembra … ora facciamo un piccolo “passo indietro” … sinceramente non avrei mai immaginato che un giorno anche qui da noi avremmo avuto una rassegna musicale interamente dedicata al rock melodico, e che avrei avuto l’opportunità di vedere esibirsi sul nostro suolo un numero così imponente di autentici “mostri sacri” del settore … com’è nata quest’apparente “follia” chiamata Frontiers Rock Festival?
È nata dalla continua e costante voglia di complicarci la vita, sempre! Eheh! Scherzo, ovviamente! Beh, tutto è nato dall’idea di voler finalmente creare un festival melodic rock con le nostre band e poter creare un appuntamento fisso, annuale con tutti gli appassionati, di questo genere musicale, da tutto il mondo, in cui non solo si possa assistere a show, spesso, esclusivi, ma anche un modo per incontrarsi e stare insieme. Il luogo non poteva che essere l’Italia, lo abbiamo voluto fortemente, abbiamo incontrato molte difficoltà sia burocratiche che logistiche, ma alla fine gliel’abbiamo fatta alla grande. Essendo un’etichetta discografica e non un’azienda che organizza concerti, puoi immaginare il carico di stress e difficoltà che abbiamo incontrato, soprattutto il primo anno. Ci siamo dati da fare, ci siamo impegnati e alla fine tutto è sempre andato alla perfezione. Non avevo dubbi, però, quando si fanno le cose con impegno, costanza e passione, non c’è difficoltà che tenga. Siamo una squadra super rodata e anche se le difficoltà ci sono state e ci saranno sempre alla fine ci divertiamo moltissimo. Quando è così, vuol dire che stai facendo la cosa giusta …
Continuando su questo percorso a “ritroso”, è giunto il momento di domandarti come si diventa, in un paese dotato di scarsissima credibilità nell’ambito della musica rock (in particolare quella d’estrazione “adulta”), l’etichetta di riferimento dell’intero genere …
Eh, bella domanda! Magari ci fosse una ricetta o un metodo! Sicuramente questa domanda dovresti farla a Serafino Perugino, il boss, colui che ha messo in piedi tutto ciò. Provo, però, a risponderti, nel mio piccolo. Come ti dicevo prima, gli ingredienti principali, sono passione, costanza, credere fortemente in quel che si fa e focalizzare sempre e comunque i propri obiettivi. Sembra retorica o un discorso banale, ma è proprio quello che facciamo tutti i giorni, senza mai smettere. Lavorare duro e non abbattersi mai, anche se ti sembra tutto contro. Anche se sei in un paese dove il Melodic Rock e il Metal contano pochissimo o comunque molto meno della musica che maggiormente viene seguita. Molto spesso non puoi contare su nessuno e devi fare da te … Devi tenere duro!
Avete contribuito in maniera molto importante a conferire al “movimento melodico” tricolore un carattere internazionale … qual è stato, se c’è stato, il momento cruciale in cui il “mondo” ha cominciato a giudicare l’Italia degna di considerazione in questo campo?
Non so se c’è mai stato un momento preciso, credo che il movimento melodico tricolore ci sia sempre stato, di talenti ne abbiamo tantissimi, bisognava avere il coraggio di credere in loro e di metterli in evidenza, esporli al mondo. Possiamo dire senza paura o esagerazione che molte volte L’Italia ha una marcia in più. Crediamo molto nel nostro paese e in quello che siamo capaci di fare, siamo italiani e ne andiamo fieri.
E’ interessante notare come negli ultimi tempi abbiate scritturato numerose formazioni nostrane (DGM, Secret Sphere, Hell In The Club, Labyrinth … o anche “progetti” come Raintimes e Lionville …) … è un momento particolarmente “felice” per la scena del Belpaese?
Non è la prima volta che mi viene posta questa domanda. La verità è che Frontiers ha sempre supportato la buona musica, indipendentemente dalla nazione di provenienza degli artisti / band. In particolar modo per l’Italia, se guardi un po’ lo storico delle nostre release, abbiamo pubblicato molti album di band italiane, come Green, Empty Tremor, Pathos Ray, Stramonio, White Skull, Vision Divine ecc. … il fatto che poi ultimamente abbiamo siglato più band italiane in un periodo molto vicino è solo e semplicemente da considerare una coincidenza.
Il vostro roster è veramente “stellare”, una miscela ben assortita di “veterani “ e “emergenti” … qual è il gruppo “esperto” di cui sei più orgoglioso e qual è quello “giovane” su cui poni le maggiori speranze di affermazione?
Purtroppo non so come rispondere alla tua domanda. Ogni band ha una storia propria, ha una propria identità. Se le “prendiamo” è perché crediamo in loro e siamo fermamente convinti possano imporsi nel mercato discografico. Forse potrei citarti i Journey, perché è una band storica di forte influenza e padri di un certo modo di fare musica. Non a caso la label si chiama come il titolo di uno dei loro album, “Frontiers”, appunto.
Ora una domandina un po’ “provocatoria” … come rispondi a chi vi accusa di eccessiva “sovraesposizione” discografica e a chi vi critica perché vi affidate molto spesso allo stesso team di autori e musicisti?
Che probabilmente non hanno null’altro a cui pensare! Eheh Scherzo! Non voglio offendere nessuno o fare polemica, ci mancherebbe. Sinceramente non risponderei. Non c’è motivo e non credo ci sia un’estrema sovraesposizione discografica … Idem dicasi per produttori e per i team, collaboriamo con così tanti artisti e produttori che se volessimo usarli a rotazione potremmo fare almeno cinquanta album diversi l’anno! Da fruitore di musica non mi frega particolarmente chi produce, chi scrive o perché, a me interessa solo se un album è bello oppure no. Se mi piace l’ascolto, se non mi piace non lo ascolto. C’è altro per stabilire se una canzone è bella oppure no? :)
Lavorate con un sacco di grandissimi musicisti, ma ce n’è qualcuno che finora vi è “sfuggito” e che invece sognate di poter accostare quanto prima al vostro prestigioso marchio?
Beh, sicuramente ci sono molte band che inseguiamo con cui vorremmo lavorare, ma diamo tempo al tempo! Non si può mica avere tutto subito! Eheh …
Immagino riceviate innumerevoli richieste di patrocinio discografico … sono curioso di sapere come operate nelle selezioni e quali sono le caratteristiche espressive che ritenete imprescindibili per una produzione targata Frontiers …
Semplicemente una: le canzoni. Se ci piacciono oppure no, a prescindere da tutto il resto.
Inevitabile chiederti qualche piccola “indiscrezione” sui progetti futuri dell’etichetta … puoi anticiparci qualcosa?
Il 2017 sarà un anno fantastico, avremo ottimi album di band nuove su cui puntiamo tantissimo e di band storiche che faranno la gioia di tutti gli appassionati. A gennaio, ad esempio, partiamo col botto: Pride of Lions, Stephen Pearcy, Jack Russel’s Great White e The Murder Of My Sweet!
Ora ti propongo una domanda che ho già fatto a un artista che la Frontiers conosce molto bene, Alessandro Del Vecchio, quando è stato nostro graditissimo ospite … mi piacerebbe conoscere anche il tuo pensiero … per molti il binomio tra rock e società è indissolubile e sarebbe questa una delle ragioni per cui negli anni novanta, a causa di recessione economica, conflitti e scontri razziali, l’edonistico “class rock” non era più in grado di rappresentare efficacemente le esigenze degli ascoltatori … se così fosse, però, non si spiega perché nonostante la crisi attuale, il genere sembra aver recuperato un notevole interesse … nostalgia più forte della sociologia? O forse solo un classico esempio di “ciclo naturale” delle cose e dei gusti musicali?
Se parliamo di trend, credo che l’Hard Rock, il rock melodico, Il Metal e affini, come tutti gli altri generi musicali (o comunque come tutte le cose), col passare del tempo, subiscano inevitabili picchi verso l’alto e verso il basso. Ovviamente cosa fa scendere o salire un trend sono le molteplici influenze che il contesto in quel momento storico impone. Gli anni ’90, che tu stesso mi hai citato, hanno influito negativamente sul rock melodico che fino a poco prima era al suo apice massimo. Prima o poi doveva succedere! È accaduta la medesima cosa poi col NuMetal, col Crossover, e così via. In realtà il classic rock non è mai morto, è sempre stato vivo, in modo maggiore o minore, ma noi appassionati abbiamo continuato a seguirlo, forse con più affetto e passione di prima. Ammetto che è un discorso molto più complesso di come l’ho superficialmente spiegato io e spero sia riuscito in minima parte a essere chiaro.
Il rock melodico è spesso accusato di essere un genere troppo “conservatore”, ma i tentativi di “innovazione” non trovano quasi mai i favori del “grande” pubblico … qual è la tua opinione in merito a quest’atavica diatriba?
Che bisogna sempre fare la musica che si ha dentro senza troppi ragionamenti o calcoli. Il rock non morirà mai e credo che si possa essere innovatori efficaci quando lo si fa con naturalezza e spontaneità. Quando vuoi essere nuovo a tutti i costi diventi finto, crei un effetto contrario, regredisci.
Se dovessi scegliere una canzone che in qualche modo incarna lo spirito della vostra label, quale sarebbe la tua scelta e perché?
Journey “Don’t Stop Believin’”, ovviamente! Perché bisogna crederci, sempre, qualsiasi cosa tu faccia nella vita.
Siamo alla fine … nel ringraziarti nuovamente per la piacevole chiacchierata, rinnovando gli apprezzamenti per il vostro fondamentale contributo alla “causa”, ti lascio il “microfono” per i commenti e i saluti finali …
Grazie mille a tutti per l’affetto, aiuto e passione che ci mettete. Ci vediamo in giro! :)

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Articolo a cura di Marco Aimasso

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