Il Giro del Prog in 28 Giorni - Capitolo 4: Contaminazioni Infinite

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Pubblicato il:20/06/2016

Tutto è partito da una domanda (che per la cronaca ha formulato Arianna, mannaggia a lei): si può condensare un movimento musicale e artistico che ci accompagna da quasi 50 anni in una manciata di canzoni? Difficile…

Ma ci si può provare.

Immaginiamo di concentrare le nostre orecchie per un mese (28 giorni, i festivi non sono considerati tali in quanto il vero progster si impegna 24 ore su 24), ascoltando una canzone al dì senza esagerare (il prog, si sa, non è proprio musica “ad alta digeribilità”) e alla fine avremo una panoramica incompleta, limitata, insoddisfacente, ma comunque utile per farci un’idea dell’evoluzione di uno dei generi più apprezzati di sempre, in particolare dal pubblico italiano.

Ci tengo a precisare che questa rubrica non si intitola “Tutto il Prog Minuto per Minuto”, si tratta di "proposte d'ascolto", per cui perdonate sin d’ora eventuali e inevitabili omissioni (già immagino le vostre facce indignate nel constatare la mancanza di questa o quella band): solo per i sottogeneri (e.g., Scuola di Canterbury, Krautrock, Zeuhl) servirebbero altri dieci articoli…

Ogni settimana verrà dedicata a un’ipotetica decade (la “banale” suddivisione Settanta, Ottanta, Novanta, Duemila) con alcuni aneddoti, pensieri personali, valutazioni totalmente soggettive e discutibili ma vagamente giustificate e chi più ne ha più ne metta.

Ho cercato di scrivere il meno possibile per lasciare spazio alla musica, spero che questo impegno venga apprezzato.

Confidando in tantissime vostre critiche, vi auguro buona lettura e soprattutto buon ascolto!

Capitolo 4: Contaminazioni Infinite

C’è chi la pensa diversamente ma a mio avviso è all’alba del nuovo millennio che il progressive esce di fatto dall’universo underground per diventare “di massa” (lo so, è un brutto termine) a tutti gli effetti. Questo ha alcuni aspetti negativi (molte band, non faccio nomi, si “adagiano sugli allori” di un sound consolidato che non subirà mai più variazioni, in controtendenza con il “vero” spirito progressivo) ma tanti altri lati positivi.

Nella scena vengono definitivamente meno i “tabù”: le maglie di cosa sia prog e cosa non lo sia si allargano sensibilmente, in un’epoca in cui qualsiasi tipo di ibridazione è concesso e possibile. Trovare le cause non è facile (uno sviluppo tecnologico senza precedenti che ha portato il “do-it-yourself” a livelli professionali? un accesso alle “fonti” sempre più rapido e immediato? un mercato discografico in profonda crisi governato dalla cosiddetta “coda lunga”?) e forse neanche così importante: ciò che conta è che dal 2000 in poi fare prog è diventato un po’ più facile per tutti…

Pain Of SalvationBeyond The Pale

(dall’album “Remedy Lane”, InsideOut Music, 2002)

Dopo un decennio di strapotere americano, lo scettro progressivo ritorna in Europa grazie a band come gli svedesi Pain Of Salvation: la chiusura di “Remedy Lane” è uno dei tanti esempi di equilibrio invidiabile fra le tante influenze (metal, prog rock, musica cantautorale, colta) che questa formazione ha saputo costruire negli anni.



TransatlanticDuel With The Devil

(dall’album “Bridge Across Forever”, InsideOut Music, 2001)

Nati come “divertissement”, i Transatlantic, nonostante i pochi album all’attivo, riescono a sfondare rielaborando e attualizzando un sound dimenticato da anni che ha nei Genesis e negli Yes i suoi principali riferimenti: la proposta della band è caratterizzata da lunghi(ssimi) brani con ampi spazi strumentali chiaramente ispirati agli anni d’oro del genere.



Porcupine TreeThe Sound Of Muzak

(dall’album “In Absentia”, LAVA, 2002)

I Porcupine Tree degli esordi (quelli della decade precedente) sono “uno dei tanti” progetti musicali di Steven Wilson, genietto del prog ma non solo che, stregato dalla ruvidità degli svedesi Opeth, decide di incorporare degli elementi heavy nel sound più etereo e rarefatto della sua band: “The Sound Of Muzak” entra di diritto tra le 10 hit progressive più influenti del decennio 2000-2010.



ToolVicarious

(dall’album “10.000 Days”, Volcano, 2006)

Il prog si tinge di alternative o l’alternative si tinge di prog? Boh, fatto sta che in questa ipotetica classifica sarebbe stato difficile giustificare l’assenza dei Tool, tanto chiacchierati quanto indubbiamente dotati e talentuosi nella loro originalissima proposta fatta di grunge, rock, e psichedelia “tout-court”.



The Mars VoltaInertiatic ESP

(dall’album “De-Loused In The Comatorium”, Universal, 2003)

Nati come hard rock band alle porte del nuovo millennio, dopo alcuni avvicendamenti interni i The Mars Volta danno sfogo alle proprie influenze jazz e psichedeliche affascinando, tra gli altri, Flea dei Red Hot Chili Peppers che li vuole sul palco con lui ad aprire i concerti della band di Los Angeles: il sound, davvero indescrivibile, è contaminazione allo stato puro, guidato dall’ugola penetrante di Cedric Bixler e dai riff elettrici di Omar Rodriguez.



MastodonThe Czar

(dall’album “Crack The Skye”, Reprise Records, 2009)

I Mastodon hanno nel loro essere progressivi senza volerlo uno dei motivi di maggior interesse: “Crack The Skye” è l’evoluzione naturale della formula di “Leviathan”, filtrata attraverso una sensibilità quasi lisergica e al contempo “testosteronica”, un unicum nella carriera discografica della formazione che ha diviso e divide tutt’oggi, ma non per questo meno significativo e affascinante.



OpethGhost Of Perdition

(dall’album “Ghost Reveries”, Roadrunner, 2005)

Gli Opeth, tra i tanti meriti, hanno quello di aver trovato la “quadra” nella fusione tra death metal e prog rock (nonostante le ultime evoluzioni abbiano fatto pendere l’ago della bilancia in favore del secondo genere): “Ghost Reveries” è probabilmente l’apice di questo connubio, il disco che li ha lanciati definitivamente dell’olimpo dei “big” del metal assieme al produttore Jens Bogren.



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Eccoci giunti al termine di questo lungo percorso: e ora? E ora ci sarebbe la decade 2010-2020… Allo stato attuale (giugno 2016) mi viene da dire che la strada intrapresa all’inizio del nuovo millennio sia ancora la più battuta: band come Native Construct, Leprous, Textures, Motorpsycho, Haken, Riverside, sono la conferma che la “contaminazione infinita” è la via maestra per raggiungere un seguito, seppur minimo (faccio senza dire che non stiamo parlando dei numeri di Adele).

Un’altra cosa che sto notando e che in parte mi spaventa è il fiorire di band “nostalgiche”, che vivono nel passato, revivalistiche di certe atmosfere e di certe sonorità ma che non aggiungono nulla di nuovo e, soprattutto, saturano un mercato dove tutti dicono la loro ma non tutti, ahimè, sarebbero all’altezza di poterlo fare, disorientando così il povero ascoltatore in cerca di qualcosa di interessante da proporre alle proprie orecchie.

Ma non disperiamo: il prog si è sempre fatto strada da sé nei momenti difficili, figuriamoci adesso in un momento complessivamente “pro-prog”! Una certezza è che, per gli appassionati, i bei dischi da ascoltare non mancheranno mai. Confidiamo che quelli “meno belli” siano sempre meno…

Un sentito ringraziamento a tutti coloro che sono arrivati alla fine di queste colonne pregne di deliri di onnipotenza. Se aveste dubbi, perplessità, commenti, qualsiasi cosa, non esitate a contattarmi scrivendo a g.marangoni@metal.it. Alla prossima!
Articolo a cura di Gabriele Marangoni

Ultimi commenti dei lettori

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Inserito il 22 giu 2016 alle 17:10

\m/

Inserito il 20 giu 2016 alle 13:13

Gabriele, in quest'ultima puntata davvero grandi gruppi e grandi pezzi! Non so dire quale sarà il futuro della musica e del prog in particolare, ma sono assolutamente certo che qualità ed eccellenza trovano sempre il modo per imporsi alla luce dei riflettori. Grazie per le letture e per gli ascolti.