Tutto è partito da una domanda (che per la cronaca ha formulato Arianna, mannaggia a lei): si può condensare un movimento musicale e artistico che ci accompagna da quasi 50 anni in una manciata di canzoni? Difficile…
Ma ci si può provare.
Immaginiamo di concentrare le nostre orecchie per un mese (28 giorni, i festivi non sono considerati tali in quanto il vero progster si impegna 24 ore su 24), ascoltando una canzone al dì senza esagerare (il prog, si sa, non è proprio musica “ad alta digeribilità”) e alla fine avremo una panoramica incompleta, limitata, insoddisfacente, ma comunque utile per farci un’idea dell’evoluzione di uno dei generi più apprezzati di sempre, in particolare dal pubblico italiano.
Ci tengo a precisare che questa rubrica non si intitola “Tutto il Prog Minuto per Minuto”, si tratta di "proposte d'ascolto", per cui perdonate sin d’ora eventuali e inevitabili omissioni (già immagino le vostre facce indignate nel constatare la mancanza di questa o quella band): solo per i sottogeneri (e.g., Scuola di Canterbury, Krautrock, Zeuhl) servirebbero altri dieci articoli…
Ogni settimana verrà dedicata a un’ipotetica decade (la “banale” suddivisione Settanta, Ottanta, Novanta, Duemila) con alcuni aneddoti, pensieri personali, valutazioni totalmente soggettive e discutibili ma vagamente giustificate e chi più ne ha più ne metta.
Ho cercato di scrivere il meno possibile per lasciare spazio alla musica, spero che questo impegno venga apprezzato.
Confidando in tantissime vostre critiche, vi auguro buona lettura e soprattutto buon ascolto!
Capitolo 3: La Deriva Metal
Qualche avvisaglia c’era già stata sul finire degli Anni Ottanta: la nuova ondata progressiva sarebbe passata dal mondo heavy metal, un genere, da sempre, in grado di fagocitare tutto quello che gli passa accanto. Band seminali come i Queensryche o i Fates Warning avevano dato il via a questo nuovo ibrido che, di fatto, da questo momento in poi non avrà più vere e proprie battute d’arresto.
Power-prog? Prog metal? Heavy prog? Tanti nomi sono stati coniati, tutti con una propria specificità ma, anche in questo caso, non basterebbero altri dieci articoli per affrontare adeguatamente ciascuna corrente. Accontentiamoci di selezionare e dare un ascolto agli “imprescindibili” (sempre a mio avviso, si intende) di una decade molto florida fatta anche di grandi ritorni (ELP e Pink Floyd per esempio) qui tralasciati.
Dream Theater – Metropolis Part 1 (The Miracle And The Sleeper)
(dall’album “Images & Words”, ATCO, 1992)
Non v’è dubbio che molta gente si sia avvicinata al prog grazie ai
Dream Theater e al disco
“Images & Words”:
Portnoy e soci “rubano” a piene mani dai grandi del passato (Rush su tutti) e, grazie a un’indubbia dose di personalità, stilano il manuale del prog-metal Anni Novanta, fatto di virtuosismi, unisoni, tempi dispari e compagnia bella.
Cynic – Veil Of Maya
(dall’album “Focus”, Roadrunner, 1993)
Anche la scena death si fa influenzare da certe sonorità:
“Focus” è un gioiello di tech metal dalle molteplici sfumature, dall’elettronica alla fusion, un caleidoscopio di atmosfere che non lascerà indifferenti quei seguaci del prog dalle “tinte forti” (i Meshuggah almeno un “grazie” ai
Cynic glielo devono).
Angra – Carolina IV
(dall’album “Holy Land”, Lucretia Records, 1996)
Arrivano dal Brasile le contaminazioni meglio riuscite tra power metal, musica colta, prog europeo e influenze latin:
“Holy Land”, un concept sui viaggi alla scoperta del continente sudamericano, è un vero classico nel suo genere, uno delle vette più alte mai raggiunte dalla formazione carioca e da tutta la scena power/prog.
Symphony X – Of Sins And Shadows
(dall’album “The Divine Wings Of Tragedy”, InsideOut Music, 1997)
Fino alla fine di questa decade i
Symphony X sono l’unica vera alternativa tecnico-melodica ai Dream Theater: stessa formazione a cinque, stessa voglia di strafare, questi giovani del New Jersey, indubbiamente dotati, hanno dalla loro un cantante di “Serie A” (tale
Russell Allen) e un chitarrista simpaticamente sovrappeso,
Michael Romeo, che suona come un
Yngwie Malmsteen sotto acidi, due motivi sufficienti per ritenerli più che interessanti.
Edge Of Sanity – Crimson
(dall’album “Crimson”, Black Mark Productions, 1996)
Con il progetto
Edge Of Sanity l’instancabile
Dan Swanö ridefinisce i confini del prog metal “estremo”, proponendo un complesso e unico brano da 40 minuti strutturato a “suite” nella migliore tradizione settantiana: nell’album compare anche un certo
Mikael Akerfeldt (già da anni nella galassia
Swanö) che farà tesoro di questa esperienza per i suoi Opeth.
Fates Warning – A Pleasant Shade Of Gray (Part XII)
(dall’album “A Pleasant Shade Of Gray”, Metal Blade, 1997)
Disamorato delle evoluzioni dreamtheateriane,
Kevin Moore fa fagotto e “si mette in proprio” lasciando una finestrella aperta sull’universo metallico grazie a questa seminale band del Connecticut:
“A Pleasant Shade of Gray” è un concept intimo e introspettivo, dove le atmosfere rarefatte del tastierista si sposano alla perfezione con le chitarre granitiche di
Jim Matheos e la voce magica di
Ray Alder.
Ayreon – Isis And Osiris
(dall’album “Into The Electric Castle”, Transmission Records, 1998)
”Non di solo metal vive l’uomo” e
Arjen Lucassen lo sa molto bene: in anni in cui il “verbo metallico” sembra l’unico ad avere un seguito, “l’olandese volante” rispolvera il musical e le sonorità folk, acustiche e più morbide che, alternate a delle vere bordate heavy, entusiasmando pubblico e critica, conducendolo verso una fama via via crescente e ricca di riconoscimenti e collaborazioni importanti.
Cosa ci riserverà il nuovo millennio? Portate pazienza un'altra settimana e presto lo scoprirete...