Il Giro del Prog in 28 Giorni - Capitolo 2: Gli Anni Bui

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Pubblicato il:06/06/2016

Tutto è partito da una domanda (che per la cronaca ha formulato Arianna, mannaggia a lei): si può condensare un movimento musicale e artistico che ci accompagna da quasi 50 anni in una manciata di canzoni? Difficile…

Ma ci si può provare.

Immaginiamo di concentrare le nostre orecchie per un mese (28 giorni, i festivi non sono considerati tali in quanto il vero progster si impegna 24 ore su 24), ascoltando una canzone al dì senza esagerare (il prog, si sa, non è proprio musica “ad alta digeribilità”) e alla fine avremo una panoramica incompleta, limitata, insoddisfacente, ma comunque utile per farci un’idea dell’evoluzione di uno dei generi più apprezzati di sempre, in particolare dal pubblico italiano.

Ci tengo a precisare che questa rubrica non si intitola “Tutto il Prog Minuto per Minuto”, si tratta di "proposte d'ascolto", per cui perdonate sin d’ora eventuali e inevitabili omissioni (già immagino le vostre facce indignate nel constatare la mancanza di questa o quella band): solo per i sottogeneri (e.g., Scuola di Canterbury, Krautrock, Zeuhl) servirebbero altri dieci articoli…

Ogni settimana verrà dedicata a un’ipotetica decade (la “banale” suddivisione Settanta, Ottanta, Novanta, Duemila) con alcuni aneddoti, pensieri personali, valutazioni totalmente soggettive e discutibili ma vagamente giustificate e chi più ne ha più ne metta.

Ho cercato di scrivere il meno possibile per lasciare spazio alla musica, spero che questo impegno venga apprezzato.

Confidando in tantissime vostre critiche, vi auguro buona lettura e soprattutto buon ascolto!

Capitolo 2: Gli Anni Bui

“I hate Pink Floyd”, ecco cosa c’è scritto sulla maglietta indossata sul palco da John Lydon (cantante dei Sex Pistols) una sera di dicembre del 1975. Mancano pochi mesi alla rivoluzione punk prima e new wave dopo, anch’essa iniziata in Europa ed “emigrata” con indubbio successo negli USA.

La "mazzata" è forte, ed è la fase più delicata dell’intero movimento progressivo, invecchiato improvvisamente, quella in cui i grandi nomi o si “riciclano” in modo più o meno elegante (penso ai Genesis di “Duke” o agli Yes di “90125”) o si fanno completamente, ma momentaneamente, da parte (gli stessi Pink Floyd, in un certo senso, o gli ELP per citarne un paio).

Non mancano però i temerari, alcuni nostalgici e altri più innovativi, a cui è dedicato questo capitolo della saga. Il meglio, come sempre, deve ancora venire…

MarillionGarden Party

(dall’album “Script For A Jester’s Tear”, EMI, 1983)

I Marillion sono i primi a riscuotere successo commerciale facendo musica dichiaratamente ispirata alle sonorità dei primi Genesis (i critici lo chiameranno neo-progressive, Arena, Pendragon e IQ ne sono diventati i portabandiera): l’istrionico cantante Fish, dalla timbrica paragonabile a quella di Peter Gabriel, è il simbolo indiscusso di questo pop progressivo e al contempo leggero (più Anni Ottanta di così cosa volete?).



Pink FloydSorrow

(dall’album “A Momentary Lapse Of Reason”, EMI, 1987)

I Pink Floyd che hanno fatto la storia sono quelli della decade precedente, inutile raccontarsi frottole, ma è grazie ai Pink Floyd degli anni Ottanta che il grande pubblico riscopre il gusto per certe sonorità eteree e dilatate, lontane dalle mere logiche di mercato: “A Momentary Lapse Of Reason” sarà il pilastro su cui si fonderà buona parte del prog-revival esploso da lì a poco.



Alan Parsons ProjectMammagamma

(dall’album “Eye In The Sky”, Arista Records, 1982)

Alan Parsons è un autore modesto ma un luminare della produzione (il magico equilibrio sonoriale di “Dark Side Of The Moon” è opera sua): “Eye In The Sky”, oltre a essere un enorme successo commerciale, contiene la prima traccia della storia del rock eseguita interamente da un computer, interessante anticipazione di un’odierna prassi consolidata.



RushTom Sawyer

(dall’album “Moving Pictures”, Mercury, 1981)

I Rush non hanno certo bisogno di presentazioni, sono il power-trio per eccellenza, acclamati da pubblico e critica grazie a una carriera invidiabile e per buona parte di altissimo livello: “Moving Pictures” riprende la lezione dei grandi del passato e getta le basi di quello che a breve verrà chiamato progressive metal, fatto di spettacolarità esecutiva, tematiche criptiche di ispirazione letteraria (ma non solo) e grafiche meno immaginifiche e più moderne.



QueensrycheSuite Sister Mary

(dall’album “Operation: Mindcrime”, EMI, 1988)

“Operation: Mindcrime” è il ponte ideale tra il “The Wall” pinkfloydiano (non a caso c'è lo zampino di Michael Kamen) e il più recente “Scenes Fron A Memory” degli amati/odiati Dream Theater, un concept fantapolitico dalle forti tinte progressive che ha il suo apice nella suite intermedia qui proposta: uno dei più fulgidi esempi di progressive metal maturo.



Crimson GloryIn Dark Places

(dall’album “Transcendence”, Roadrunner, 1988)

I Crimson Glory, ingiustamente, non hanno mai riscosso il successo che avrebbero meritato, in parte per la “scarna” discografia (appena 4 dischi spalmati in 14 anni) e in parte per l’oggettiva originalità della proposta, progressiva ma smaccatamente americana come non si era mai sentito prima: “Transcendence” merita l’attenzione di tutti coloro che si ritengono ascoltatori di certa musica.



SavatageGutter Ballet

(dall’album “Gutter Ballet”, Atlantic, 1989)

Il buon Paul O’Neill (produttore dei Savatage e ideatore della Trans-Siberian Orchestra) in un’intervista ha detto, a ragione, una cosa del tipo “se non ci fosse stata la TSO probabilmente molti ex-componenti dei Savatage avrebbero fatto la fame”, a dimostrazione di come la reputazione di una band a volte si contri con il suo effettivo successo commerciale: (quasi) tutti conoscono questa band, la loro splendida discografia, il loro sound a cavallo tra heavy metal americano e progressive rock europeo ma non tutti hanno comprato i loro dischi, per cui facciamo un po’ di giustizia e tributiamoli noi in questa rubrica.



E anche gli Anni Ottanta sono finiti (finalmente): pronti per la nuova età dell'oro? Appuntamento alla prossima settimana!
Articolo a cura di Gabriele Marangoni

Ultimi commenti dei lettori

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Inserito il 07 giu 2016 alle 15:17

Hai perfettamente ragione Ennio.. la piccola regola che mi sono dato prima di questa pazzia è stata di non ripetere due volte lo stesso artista in decadi diverse.. e i KC non potevano mancare dai 70s! Giusta regola, giusta osservazione. p.s. Marillion, Rush e Queensrÿche gruppi imprescindibili. Attendo con ansia la "prossima puntata".

Inserito il 07 giu 2016 alle 12:03

grazie di cuore polimar, detto da te vale doppio :)

Inserito il 07 giu 2016 alle 10:32

Gabriele, stai facendo un signor lavoro, complimentoni....poi includere i Savatage è una genialata.