Davide Maspero e Max Ribaric gentilmente ci illustrano la genesi e i dettagli del saggio “Come Lupi tra le Pecore”, un’accurata indagine sul National Socialist Black Metal, già abbondantemente lodato in sede di recensione.
Innanzitutto complimenti per il libro, veramente ben fatto, come ho scritto nella rece. Ma come è nata l’idea di un libro su un genere come il National Socialist Black Metal?
Davide: “Anzitutto grazie per i complimenti e per lo spazio concesso su Metal.it. Per quel che riguarda la genesi del libro direi che si è trattato di una serie di “cause incidentali” anche se la scintilla che ha dato il là al tutto va rintracciata nella testa dei ragazzi di Tsunami. Essendo tutti appassionati di heavy metal e dintorni ci siamo trovati spesso a chiacchierare circa le varie scene e le relative derive più o meno underground. Proprio in una di queste occasioni il discorso si è spostato sulla questione NSBM e ci siamo trovati a riflettere su come non sia semplice operare dei distinguo ed affibbiare etichette a questo o quel gruppo, sia per via di una ambiguità di fondo che salvo rari casi non viene mai meno, sia per la scarsità di informazioni e le contraddittorie storie circolanti. Da lì a mettere sul piatto l’ipotesi di un saggio che affrontasse l’argomento, mai accuratamente sviscerato in nessuna pubblicazione, il passo è stato breve. A quel punto, dopo aver valutato la fattibilità del progetto secondo determinati crismi, io e Max abbiamo deciso di accettare la sfida, impiegando gli ultimi due anni per la stesura di ‘Come Lupi tra le Pecore’”.
Il libro è dettagliatissimo, minuzioso, e mi chiedo come avete fatto a reperire così tanto materiale e ad analizzarlo. Il rigore metodologico che ci avete messo è degno di ben altre opere.
Max: “Anagraficamente abbiamo passato entrambi la soglia dei trent’anni, e parte della nostra prima gioventù l’abbiamo vissuta in era pre-internet. All’epoca non c’erano vie di mezzo: se una cosa ti interessava, dovevi darti da fare smuovendo contatti, seguendo le fanze, rovistando mail-order, scrivendo lettere, inviando fax e così via. Un insieme di metodo, costanza e disciplina difficilmente comprensibile per chi invece è cresciuto negli anni del boom digitale. Fatto sta che proprio in quel periodo la nostra dedizione ci ha permesso di raccogliere numerose perle e rarità poi effettivamente impiegate in ‘Come Lupi tra le Pecore’. Da buoni ricercatori e incalliti collezionisti di materiale underground non è stato troppo difficile reperire tutto il necessario per poter lavorare a questo saggio. In parte diversi documenti erano già in nostro possesso, mente il rimanente è stato recuperato via via per gentile intercessione di altri amici “archivisti” oppure attraverso i consueti canali del collezionismo discografico”.
Nello scrivere il libro avete incontrato resistenze o difficoltà di sorta?
Davide: “Sorprendentemente no. O meglio, siamo incappati nell’inevitabile ritrosia di alcuni personaggi che hanno preferito non essere parte attiva nel progetto, ma considerando a quante porte abbiamo bussato tutto sommato abbiamo portato a casa meno rifiuti del previsto. Come esplicitato nella premessa in questo ambiente si vive anche un po’ di passaparola e verificabili credenziali che noi non potevamo esibire. A questo aggiungi che abbiamo sempre agito con la massima trasparenza, approcciando tutti allo stesso modo, senza sotterfugi di sorta, e mettendo in chiaro quale fosse lo scopo di questo libro, che piacesse o meno agli interessati. Forse questo modus operandi sin troppo diretto ci ha bruciato qualche ponte, ma si è trattato in primis di una questione di correttezza che, visto il tema, ci sentivamo di dover utilizzare. Nella maggior parte dei casi chi non era interessato ha semplicemente fatto cadere nel vuoto le nostre richieste (come ad esempio la Resistance Records, tanto per fare un grosso nome). E in tali occasioni siamo semplicemente passati oltre”.
Veniamo all’oggetto del libro. La prima considerazione è che leggendo il libro, così corposo e ricco, sembra che la scena NSBM sia molto più ampia di come in realtà è. In fondo, tutto considerato, includendo anche coloro che non suonano propriamente black metal nazionalsocialista e vengono spacciati per tali o che suonano un genere diverso sebbene con tematiche naziste, stiamo parlando di un fenomeno molto limitato, anche e soprattutto in fatto di vendite. Da questo punto di vista sembra che abbiate operato quasi una forzatura.
Max: “Nessuna forzatura: l’NSBM, con tutte le sue sfaccettature e le sue eclettiche contraddizioni, è un fenomeno alquanto consistente e largamente diffuso, anche alle latitudini più insospettabili. Il primo obiettivo del nostro saggio era quello di offrire, per la prima volta, una panoramica organica e, per quanto possibile, globale di una scena in notevole fermento. Parliamo esplicitamente di underground, e quindi di numeri che per forza di cose sono e rimarranno limitati nel tempo, ma l’aspetto di rilievo proviene dall’impatto mediatico che questa scena continua ad imporre a discapito delle sue modeste tirature. Qualsiasi fan del black metal conosce il significato dell’acronimo NSBM, ma solo una piccola compagine tra questi ha una visione abbastanza articolata e coerente rispetto al fenomeno. Giunti nel 2013, a più di tre lustri dalla nascita del movimento, era ora di dedicargli un’analisi che andasse ben oltre la fosca patina superficiale”.
Burzum è visto un po’ come il padre putativo del metal nazionalsocialista, sebbene esso stesso, attualmente, prenda le distanze dalla politicizzazione della sua musica. Più che padre sembra un patrigno. Ciò non fa altro che ampliare il discorso su ciò che può essere considerato NSBM al 100%. Quali sono i requisiti per essere considerati una band NSBM? Burzum non si dichiara tale né sostiene di esserlo mai stato. anche in questo caso si opera una forzatura, soprattutto se si considera che secondo Hendrik Möbus il primo requisito per essere etichettati come NSBM è quello di autoproclamarsi tale.
Davide: “Anche in questo caso, nessuna forzatura. E, a scanso di equivoci, è bene ripeterlo: Burzum non è un progetto NSBM, tuttavia ne è indubbiamente progenitore. Un po’ come dire, se mi passi l’accostamento azzardato, che i Deep Purple non sono un gruppo heavy metal ma di quest’ultimo sono stati ispiratori. È proprio per sottolineare questo fatto che l’operato di Vikernes è discusso in maniera generale nella parte introduttiva del testo, in cui cerchiamo di delineare quali eventi sono stati vitali per la formazione dell’NSBM, che come detto nasce ufficialmente nei tardi anni Novanta. D’altro canto, Vikernes è stato tra i primi (e senza dubbio il più rinomato) a portare un certo tipo di estetica e contenuti in ambito black metal, e sebbene non ne abbia fatto perno centrale della sua creazione artistica ha creato un precedente non trascurabile. Dichiarazioni a parte – nel corso della carriera ha detto tutto e il contrario di tutto – il suo ruolo di mentore è comprovato anche dagli attestati di numerosi esponenti chiave del metal nazionalsocialista, fermo restando che il genere ha poi seguito un suo percorso autonomo.
Per quel che riguarda invece una eventuale “certificazione”, mi preme sottolineare come quanto detto da Möbus sia di fatto un suo pensiero che non esaurisce il discorso. Nel libro abbiamo più volte sottolineato come l’NSBM abbia confini labili, animato da paradossi ideologici e in definitiva caratterizzato da una marcata malleabilità che gli permette di adattarsi alle necessità contingenti di chi lo suona. Dipende in definitiva da come uno sceglie di considerare il genere e dal grado di tolleranza verso certi argomenti: c’è chi considera nazisti gli Slayer per “Angel Of Death” e chi invece ritiene che i Der Stürmer non siano poi così schierati. Se esistesse una banale ricetta per codificare un gruppo NSBM al 100%, anche scrivere questo libro non avrebbe più avuto il medesimo significato, tanto meno la medesima consistenza a livello di pagine e argomenti sviscerati.
Secondo voi quanto c’è di mera attitudine e quanto di vera convinzione nella scena NSBM? Come per il satanismo, il nazismo potrebbe essere una mera posa per shockare?
Max: “Nelle democrazie occidentali il nazionalsocialismo è un tema tabù, anzi, IL tema tabù. Questo è un fatto, puro e semplice. Quindi, lo stesso verrà accolto in termini di provocazione a prescindere dagli intenti di chi ne espone le argomentazioni. Nella nostra società non esistono margini riabilitativi per questa ideologia e non potrebbe essere diversamente. Al contrario, negli anni l’immaginario satanico è stato gradualmente assorbito nella cultura mainstream ed oggi, al pari di un innocuo fumetto dell’orrore, lo stesso viene rivenduto in porzioni usa e getta consumabili a piacimento dall’acquirente di turno.
Riguardo al grado di convinzione dei singoli militanti dell’NSBM, non esiste una risposta univoca e definitiva. Troppe variabili, troppe divergenze interpretative, troppa eterogeneità di approccio alla “causa”. L’unico metro di misura per poter saggiare l’ardimento dei gruppi rimane il semplice scorrere del tempo. Sulla lunga distanza sono davvero pochi quelli che rimangono in piedi e che continuano a professarsi, al pari degli altisonanti proclami dei loro demo d’esordio, fedeli all’idea”.
La situazione sociale e geopolitica attuale, con un netto rifiuto dell’Europa unita, vista come una entità frutto delle banche e dei mercati, la crisi che ha messo in ginocchio molti paesi (in Grecia “Alba Dorata” è in parlamento), i fenomeni migratori e il multiculturalismo, sembrano il terreno ideale per il riemergere di ideologie come quella nazionalsocialista che propugna un ritorno alla tradizione. Il ribollire di certi fermenti è già avvertibile. Credete che ciò porterà ad un allargamento della scena NSBM e della musica White Power in generale?
Max: “Se parliamo strettamente di musica, una correlazione proporzionale tra tensioni sociali e vendita di dischi risulta quantomeno improbabile. Nessuno mette in dubbio l’efficacia in termini di propaganda che la musica – ammiccante verso un qualsiasi orientamento ideologico – può fornire alla causa di turno, ma qui le cose non funzionano in maniera così lineare. L’NSBM rivendica un’attitudine elitaria, i temi espressi non nascono con l’obiettivo di far presa sulle masse. Per quanto in futuro vi potrà essere un rinfoltimento di sostenitori tra le fila della scena, l’ambiente di riferimento rimarrà pur sempre vincolato all’underground.
Se il vero black metal non è quello mainstream delle major, a maggior ragione l’NSBM rimane necessariamente relegato ad una forma di compiaciuta semiclandestinità”.
Il libro tocca anche generi contigui al NSBM e in alcuni punti cita anche artisti che nulla hanno a che fare con il black metal, al punto che più che il black metal nazionalsocialista sembra che l’oggetto del libro sia la musica nazionalsocialista tout court. A quel punto perché non allargare l’indagine, sebbene per sommi capi, alla pletora di musicisti martial industrial/ambient/folk che trattano tematiche nazionalsocialiste?
Davide: “In merito al primo punto c’è da fare una considerazione. È impossibile separare l’NSBM dal nazionalsocialismo, per quanto inteso nelle sue sfaccettature più variegate e non come dato strettamente storico-politico. Basti considerare l’acronimo stesso, che certifica come l’aspetto tematico sia elemento fondante del genere. Parlarne diventa quindi giocoforza un continuo passare dalla musica alle idee in un parallelismo che è ricercato in prima istanza dai gruppi stessi. Come genere in sé l’NSBM non ricerca i riflettori né una visibilità che vada al di fuori di un circuito di affezionati e cultori, beandosi del suo essere intransigente. E nell’isolamento in cui è cresciuto, lo stringere alleanze con ambienti musicali altri, ma accomunati dal medesimo credo, è stato un passo essenziale che in gran parte ha contribuito anche a modificare lo stile musicale. Da qui la necessità di essere parzialmente trasversali ai generi per spiegarne le ramificazioni poco ortodosse, soprattutto l’hatecore, a cui abbiamo dedicato un intero capitolo tenendo conto delle correlazioni che investono i due mondi. Un eventuale ampliamento del campo di indagine è stato ponderato, ma a quel punto l’opera avrebbe assunto dimensioni ancora più mastodontiche di quelle che ha già. Va inoltre detto che il martial industrial, e ancora di più il neo-folk, approcciano tali argomenti da una prospettiva ben diversa rispetto all’NSBM, con un ancor più vasto bagaglio di riferimenti e rimandi – anche volutamente contrastanti – tali da richiedere un ancor più esaustivo discorso di contestualizzazione e analisi, correndo poi il rischio di diventare tediosi o peggio ancora di scadere nella superficialità. Senza contare che al posto di un saggio avremmo avuto una saga in 18 volumi”.
A riguardo mi è venuta in mente una riflessione. Gli alfieri del NSBM criticano molto le altre band di puro black per i loro contenuti satanici. Secondo questi musicisti l‘ideologia nazionalsocialista trova un mezzo espressivo ideale nel black metal, musica nata per ‘cantare’ il male. In realtà il black metal, sin dai tempi dell’omonimo disco dei Venom, è per antonomasia metal satanico. Al tempo il male in musica esisteva già, potendo ben essere considerato tale il death metal, che cantava di omicidi, stupri, necrofilia, cannibalismo e altre nefandezze simili. In questo caso la forzatura sembra operata da coloro che si professano NSBM.
Max: “In realtà non è affatto vero che tutti i gruppi della scena NSBM si presentino come “cantori del male”. Anzi, soprattutto le nuove leve dimostrano di aver maturato un approccio molto più solido e, se vogliamo, raffinato nei confronti dell’ideologia nazionalsocialista. La dottrina hitleriana viene interpretata secondo logiche e dinamiche solari, orgogliose nonché totalmente scevre da incertezze o puerilità “diaboliche”. Il satanismo di cui era intriso il black metal primigenio aveva soprattutto una valenza anticristiana/antisistema e Satana ben si prestava ad incarnare la figura dell’avversario per antonomasia. Col passare degli anni abbiamo assistito ad una evidente – in qualche maniera inesorabile – transizione che ha deposto pentacoli e croci rovesciate in favore di insegne pagane e rivendicazioni identitarie. Oggi come oggi praticamente nessuno tra i pesi massimi della scena NSBM può essere etichettato come satanista, anzi, molti tra essi rigettano con vigore l’associazione a questa figura nata in seno ai culti di origine desertica”.
Il black metal come genere è pieno di ossimori. Penso al black metal cristiano, ma anche il cosiddetto Red & Anarchist Black Metal non scherza. È veramente difficile districarsi tra bands e scene che si differenziano solo per la natura dei testi o peggio per il look (la scena skinhead ad esempio). Cosa ne pesante di tutte queste categorizzazioni? A volte peno che la polverizzazione e l’atomizzazione in generi e sottogeneri sia solo un espediente utile a chi ne scrive e a chi legge. Le bands in genere non si preoccupano di definirsi e, quindi, limitarsi.
Davide: “In linea di massima quanto dici è vero, specie ormai che le barriere trai generi sono labili. Nella maggior parte dei casi i musicisti pensano a suonare, categorie ed etichette sono invece più una preoccupazione di pubblico e critica. D’altro canto, se non ci fossero sarebbe ben difficile spiegare a chicchessia cosa suon il tal gruppo, non potendo fornire punti di riferimento comuni. Per quanto riguarda il black metal, però, la cosa assume una valenza diversa (a patto di accettare determinati assiomi originari) perché i musicisti stessi hanno fatto di tutto per far passare l’idea che non si tratti di un semplice genere musicale, piuttosto di una filosofia di vita. Ecco che quindi testi e tematiche guadagnano una rilevanza non trascurabile e possono diventare discriminanti (basti pensare in anni recenti al cosiddetto “religious black metal”). Questo principio è, se possibile, estremizzato nell’NSBM che affianca ad una determinata visione del mondo un comparto ideologico preciso e si propone specificatamente come vettore di queste idee, anche al di là dei meriti musicali. In questo caso sono i musicisti stessi ad appropriarsi volontariamente di un’etichetta quale fattore distintivo”.
Gli aspetti esoterici del nazismo sono molto dibattuti e, per certi versi, sono molto più ‘interessanti’ del credo politico. È strano che in un genere come il metal, per antonomasia molto attento all’occulto, quando si parla di NSBM l’aspetto ideologico prenda il sopravvento.
Max: “Direi che questo è il genere di interpretazione superficiale di chi si ferma al semplice acronimo che descrive e in qualche modo circoscrive il movimento. I temi esoterici abbondano, anzi spesso sono predominanti (culti atavici, mito del sangue, dottrine indoeuropee), ed anche in realtà che si rifanno maggiormente alla militanza politica da strada – stile Der Stürmer – vi è sempre spazio per una certa, per quanto grossolana, mistica crociuncinata. Chiarita la consistenza del fenomeno “devozionale”, che interpreta il nazionalsocialismo nelle forme di una religione del sangue e del suolo (per dirla alla Darré), il vero limite della faccenda riguarda il grado di miserrima confidenza che molti di questi gruppi hanno con questo argomento. Troppi strafalcioni, leggerezze e crassa ignoranza regalano perle di involontaria comicità. Nessuno si aspetta dischi epocali capaci di reinventare la ruota, magari intrisi di ricercati riferimenti evoliani cantati in lingua sanscrita…certo però è evidente che in molti casi ci si ritrova davanti a ragazzini che hanno assorbito alla meno peggio qualche copia e incolla rubato dai soliti siti “estremi” di cui la Rete abbonda.
Davanti a simili rigurgiti di astio e traballante confusione, si capisce quanto un gruppo (spesso semplice one-man band) non sia certo parte di chissà quale elite, ma solamente l’ennesima vittima dei nostri tempi crudeli”.