Echo & The Bunnymen - Dancing Horses (Live At Shepherds Bush Empire 2005)

Copertina 7,5

Info

Dvd
Anno di uscita:2008
Durata:135 min.
Etichetta:e-m-s
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. GOING UP
  2. WITH A HIP
  3. STORMY WEATHER
  4. SHOW OF STRENGTH
  5. BRING ON DANCING HORSES
  6. THE DISEASE
  7. SCISSORS IN THE SAND
  8. ALL THAT JAZZ
  9. THE BACK OF LOVE
  10. THE KILLING MOON
  11. IN THE MARGINS
  12. NEVER STOP
  13. VILLIERS TERRACE
  14. OF A LIFE
  15. RESCUE
  16. THE CUTTER
  17. NOTHING LASTS FOREVER
  18. LIPS LIKE SUGAR
  19. OCEAN RAIN
  20. INTERVIEW WITH IAN MCCULLOCH AND WILL SERGEANT

Line up

  • Ian McCulloch: vocals
  • William Sergeant: guitar
  • Simon Finley: drums
  • Gordon Goudie: guitar
  • Paul Fleming: keyboards
  • Stephen Brannan: bass

Voto medio utenti

New-wave. O l’addirittura maggiormente pleonastico post-punk. Non è difficile immaginare che ad alcuni (o sarebbe meglio dire parecchi?) dei lettori di Eutk sia sufficiente la sola menzione di queste definizioni stilistiche a scatenare strane reazioni “allergiche”, eppure credo sia abbastanza evidente, osservando la scena “alternativa” attuale, quanto siano stati importanti questi movimenti musicali (in parte anche culturali) per tanti gruppi oggi sulla cosiddetta “cresta dell’onda”.
Joy Division, Wire, Stranglers, Devo, Cure, Television, Killing Joke, … questi sono solo alcuni dei “buoni” (o “cattivi”, lascio alla Vostra sensibilità personale la giusta classificazione) maestri i cui insegnamenti sono ancora vivi e vegeti in molta della musica che ascoltiamo correntemente anche attraverso canali mediatici tutt’altro che “alternativi”, quella stessa che spesso spacciata per la “nuova” frontiera del rock, non risulta altro che essere l’ennesimo (per quanto in moltissimi casi per nulla molesto!) esempio di “retrospezione ispirativa”, attuata con minore o maggiore vocazione e temperamento.
Tra i tanti “fratellini maggiori” delle ricorrenti “new sensation” di settore è senz’altro possibile nominare i protagonisti di questa disamina (la “leggenda” narra che galeotto per la nascita della band fu un concerto dei Clash all’Eric’s Club, uno dei rock club principali di Liverpool … tra il pubblico estasiato dalla performance, Ian McCulloch, Julian Cope e Pete Wylie, i quali, dopo la fugace esperienza comune nei Crucial Three, danno vita rispettivamente ad Echo & the Bunnymen, Teardrop Explodes e Wah! Heat!), autori di almeno quattro lavori eccellenti (“Crocodiles” -1980, dalla variopinta connotazione “neo-psichedelica”, il capolavoro “Heaven up here” - 1981, gratificato dall’inclusione nei “500 migliori album di ogni tempo” della rivista Rolling Stone e marchiato da raffinatezze pop, sapori post-punk e melodie drammatiche e nebbiose, “Porcupine” - 1983, in cui la ricetta viene riciclata con gusto e “Ocean rain” - 1984, dagli arrangiamenti barocchi a volte vagamente leziosi), per poi tra alti e bassi, esperienze soliste, separazioni e reunion, arrivare fino a pubblicare questo “Dancing horses (Live at Shepherds Bush Empire 2005)”, il loro primo Dvd di una carriera iniziata discograficamente nell’ormai “lontanuccio” 1979 (con il singolo "Pictures on my wall").
Diciamo subito che il dischetto versatile è ottimo, soprattutto per merito di una set list davvero vincente, capace di affiancare parecchi dei brani risalenti al periodo più felice dei Bunnymen (qualche citazione in ordine sparso: “Rescue”, “Going up”, “Show of strength”, “The disease, “The cutter”, “The killing moon” …) al meglio di quanto da loro realizzato nei momenti meno ispirati (“Bring on the dancing horses”, “Nothing lasts forever”, “Lips like sugar”, “Stormy weather”).
“Esteticamente” pochissime le concessioni in una situazione comunque professionale e tecnicamente impeccabile: un palco adeguatamente crepuscolare ed una band in egregio stato di forma, con in testa l’ugola penetrante e talvolta esplicitamente Morrisoniana di McCulloch e la chitarra surreale, carismatica e introspettiva di Will Sergeant, ad interpretare come sempre i loro ruoli di condottieri della poesia sofisticata e delle cupezze oniriche.
Per ricordare, conoscere e magari guardare con occhi un po’ più smaliziati la prossima “meraviglia” di un certo rock business “alternativo” o più pragmaticamente per godere di un bel concerto, interpretato da “veterani” che non hanno proprio voglia di farsi da parte e che, anzi, stanno probabilmente e giustamente usufruendo di queste forme di “ricorsi storici”, per conquistare una fetta del pubblico meno “esperto”.
Ora, però, ci vorrebbe proprio un albo in studio alimentato dall’entusiasmo dei tempi migliori.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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